di Redazione Radio Spada
Il libro Golpe nella Chiesa sta aprendo gli occhi a molti, e questo è un gran bene. Due recenti articoli basati sul volume hanno generato grande attenzione, in particolare quello del 4 settembre (Capire Wojtyła per capire Bergoglio. L’apostasia di Assisi ’86 spiegata bene, senza attenuanti e ricondotta al presente) ha scoperchiato un pentolone davvero interessante. Analizziamolo.
Assisi 1986 e la sua patente apostasia sono ormai indifendibili per chiunque abbia una minima cognizione della dottrina cattolica (basterebbe leggere il Sillabo, Pascendi o Mortalium animos) o per chi non voglia avventurarsi in autolesionistiche arrampicate sugli specchi. Ecco allora che – tra sempre maggiori difficoltà – si tenta la strategia della lucertola senza coda.
Vuoi perché in buona fede si desidera una soluzione facile, vuoi per ragioni di affetto personale, vuoi per imbastire una maldestra furbata, vuoi per altre questioni di foro interno che ci guardiamo bene dal giudicare, c’è chi lancia lo slogan: “Vero tutto, ma Assisi 1986 era un caso isolato!”.
L’idea si basa su una scappatoia improponibile per due ragioni:
È totalmente falso che la pratica dell’ecumenismo indifferentista si riduca all’episodio del 1986.
a) Gli incontri che, in barba all’insegnamento della Chiesa, vanno in questa direzione sono innumerevoli negli ultimi decenni: le visite in sinagoghe, moschee, templi protestanti, o addirittura pagani sono state una costante, non senza il condimento di qualche “benedizione” stregonesca.
b) Il format Assisi è stato ripetuto nelle stesse forme in più luoghi e in maniera eclatante da Benedetto XVI nel 2011 con l’agghiacciante titolo dal sapore relativistico: “Pellegrini della verità, pellegrini della pace”.
c) L’ecumenismo per come lo conosciamo non è (solo) il frutto dell’estro giovanpaolino ma è proposto chiaramente nei “documenti conciliari”, valga per tutti l’esempio di Unitatis redintegratio.
Ma c’è di più. Non solo l’ecumenismo stile Assisi 1986 non può essere isolato da altri episodi connessi e dalle dottrine erronee del Vaticano II: non può nemmeno essere separato dagli altri errori neomodernisti coi quali costituisce un articolato blocco ideologico. Non si dà indifferentismo senza liberalismo religioso (vedere Dignitatis humanae), né si capiscono entrambi senza l’esito liturgico di una pseudo-riforma che (ecumenicamente) ha visto sei protestanti lavorare come “osservatori” molto attivi nella commissione preparatoria. Allo stesso modo non si può disgiungere questa orizzontalizzazione generale della dottrina, dei rapporti Chiesa-mondo e della “nuova Messa”, dall’appiattimento tipico della collegialità e della sinodalità. Insomma: il gioco non funziona.
Torniamo alla nostra lucertola: è noto che uno dei suoi meccanismi di difesa sia l’autotomia caudale, ovvero separarsi dalla coda quando è minacciata da un predatore. Si stacca per “salvare” il resto del corpo.
Ecco, alcuni tentano questa via: una volta evitata la considerazione degli errori conciliari nelle loro relazioni e nel loro complesso (quadro generale), provata la strada della separazione di Assisi 1986 dal resto della catastrofe ecumenico-indifferentista (caso particolare), non resta che troncare con la frase fatta: “È un caso isolato”. Tecnica disastrosa, che può aiutare una volta e che non rende la lucertola immortale ma solo mutilata.
Non fate la fine del rettile, non ne vale la pena.
Sipario.
Fonte: radiospada.org