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Vaticano in deficit. Domande dopo la lettera del papa ai cardinali

Dopo la lettera del papa al collegio cardinalizio per chiedere appoggio alle sue riforme e soldi per la Santa Sede (ma senza spiegare come si sono spesi in questi anni i soldi ricevuti) un commento e qualche domanda.

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di Luis Badilla

Alcune osservazioni e domande

a) Perché non convoca un concistoro?

Non abbiamo memoria di una lettera simile del Santo Padre ai cardinali per trattare in pubblico questo tipo di questioni. Se la situazione fosse così delicata, come si può evincere dalle parole di Francesco, perché il pontefice non convoca un concistoro ordinario pubblico o non pubblico?  Il Papa non si è mai riunito con tutti i cardinali. Gli unici cardinali collaboratori vicini al pontefice (tra gli oltre duecento del collegio cardinalizio) sono quelli del Consiglio dei nove più qualcun altro. Tra questi ce ne sono non pochi che sono stati consulenti vicini ma poi allontanati (i cosiddetti “consiglieri a turno”).

b)Come si spendono i soldi dei fedeli?

Nel 2024 – cioè nel XXI secolo – il papa e la Santa Sede non possono più limitarsi a parlare di “missione” quando si tratta del budget, delle entrate e delle uscite. “Missione” in questo contesto è una parola che può dire tutto ma anche nulla. Si deve essere chiari e cristallini. Spendere senza spiegare con trasparenza come si utilizzano le risorse dei fedeli non è più accettabile. Queste tematiche si complicano ancora di più quando si tiene conto del fatto che, in questo pontificato, sono stati creati diversi enti che non si sa bene come si tengono in piedi, come per esempio: Scholas Occurrentes, Università del Senso, Fondazioni varie, le spese sinodali lievitate mostruosamente, il moltiplicarsi di portavoce e sale stampa, i rivoli o piccoli feudi burocratici dei nuovi dicasteri, migliaia e migliaia di libri invenduti accatastati nei magazzini della Libreria Editrice Vaticana, eccetera.

Da menzionare, en passant, un’aggiunta speciale: in alcuni uffici accade che i beni materiali acquistati restano poi inutilizzati, a volte senza neanche levare l’imballaggio. Insomma: corruzione e spreco.

C’è dell’altro: in numerosi dicasteri della Santa Sede, prima e dopo della Praedicate evangelium (nuovo organigramma della Curia), sono state fatte numerose assunzioni di esperti e/o consulenti con stipendi o compensi piuttosto “fuori norma”, per usare un eufemismo.

c) Consulting, audit e altro.

Da qualche anno in Vaticano sono proliferate a dismisura le autorizzazioni di prestazioni, a pagamento ovviamente, del tipo consulting, audit o report, commissionate a ditte esterne. Una sorta di esternazione di non poche mansioni che si potrebbero svolgere all’interno del Vaticano con i propri dipendenti specie di alta professionalità. Un caso eclatante recente è quanto si è visto nel sinodo dell’anno scorso e che probabilmente si ripeterà fra poco. Questo tipo di delocalizzazione, tra l’altro, comporta il rischio di rivelare o cedere informazioni sensibili della Santa Sede. Il costo di queste operazioni è altissimo e sembrerebbe che già sono state firmate altre nuove prestazioni esterne nel contesto del Giubileo 2025.

d) Chiarezza sulle riforme fatte.

Quali sono i primi risultati? Sostanzialmente l’appello del papa indirizzato ai cardinali è una cosa giusta e necessaria e va sostenuta anche con un euro donato nella messa della domenica. La questione sulla quale vale però la pena riflettere fino in fondo, e con onestà, è questa: il santo fedele popolo di Dio del XXI secolo vuole sapere come si spendono i soldi, dove si investono i soldi, da dove provengono i soldi e come si amministrano i soldi. In questo contesto, questo santo e fedele popolo di Dio vuole sapere come stanno avanzando fattivamente le cosiddette riforme di cui si parla nella lettera del pontefice ai porporati.

Fonte: messainlatino.it

Foto: vaticannews.va

 

 

 

Aldo Maria Valli:
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