Sulla Francesca Cabrini femminista di un recente film

di Fabio Candalino

Caro Valli,

da alcuni anni seguo la sua preziosa attività e la ringrazio. Non ho mai pensato di dover scrivere qualcosa (perché ben poco posso dire, ma moltissimo ho da imparare) ma ora mi trovo di fronte a un caso rispetto al quale è doveroso mettere in guardia: un’opera cinematografica gravemente nociva per la salute delle anime. Mi riferisco al film Francesca Cabrini diffuso in questi giorni nelle sale cinematografiche italiane (ne ho fatto triste esperienza a Casoria, in provincia di Napoli) dalla Dominus. Qualche amico, deluso dopo la visione, ha puntato l’indice contro l’attrice protagonista che, stando a quanto mi hanno riferito, alla presentazione di qualche giorno precedente, tenutasi nel Napoletano, si è lasciata andare a proclami di stampo femminista e immigrazionista. Ma la questione non si limita a questo.

In estrema sintesi, posso affermare che il film è un progetto di manipolazione ideologica. Mi limito a sottolineare alcune delle più gravi distorsioni.

Pontefici come Leone XIII o san Pio X (difficile individuare di chi il regista intenda parlare, ma si tratta di papi davvero santi), sono presentati in modo indegno. L’ambiente del Vaticano di quegli anni è dipinto come una lugubre sede di totale oscurità, resa con i soliti espedienti cinematografici: luci, ombre, musiche, espressioni facciali, timbri vocali del peggior cinema politicamente corretto.

Giunte negli Stati Uniti, le suore filantrope si trovano davanti un sacerdote mangione e senza alcuna fede, che stringe gelosamente e avidamente a sé un pentolino di spaghetti, uno che alla fine abbandonerà la sua missione, a differenza delle donne toste, dure e pure.

Farebbe quasi ridere, se non fosse tragico, ascoltare una suor Cabrini rispondere sfrontatamente al papa con tono da manifestazione di femministe o radicali. In un’altra scena la pseudo-santa inveisce contro un vescovo in un luogo sacro come una cattedrale, e altrettanto fa il presule vigliacco, succube di un improbabile sindaco di New York.

I maschi ci vengono presentati tutti come perfidi, superbi e abietti mentre le suore (ma la parola chiave, ripetuta sapientemente, è “donna”), da tutti sempre ostacolate, devono farsi strada in un mondo maschilista, quasi che prima della santa in questione nella Chiesa cattolica non ci siano mai state opere di apostolato femminile.

L’ossessiva contrapposizione maschio-femmina trasuda odio senza misura. Non c’è una sola scena di vero slancio verso la Provvidenza, mai un momento di vera spiritualità da parte di questa religiosa che la Chiesa tuttavia ha proclamato santa. Dopo la proiezione del film si esce confusi, e non si possono non odiare tutti i consacrati.

L’unico maschio buono è un medico di origine irlandese che fa da apripista per una inverosimile ipotesi di ecumenismo socio-assistenziale secondo cui i banchieri ebrei, illuminati dalla Cabrini, avrebbero appoggiato il progetto di un ospedale. Debbo confessare che di fronte a scene tanto ridicole, dialoghi inverosimili o capolavori di infantile prevedibilità mistificante, con qualche amico abbiamo sghignazzato e ironizzato a voce alta.

Tutto il film è un messaggio a favore dell’ideologia immigrazionista, e forse anche un ammiccamento al turbo-capitalismo inclusivo dei Rothschild, tanto caro al Vaticano attuale. Acutamente l’amico al mio fianco ha esclamato che il motto della Cabrini cinematografica potrebbe essere Labora et labora, perché nella pellicola apostata (uso l’aggettivo non a caso, visto che la Dominus Production ci aveva abituati a film cattolici o comunque edificanti) non si vede l’ombra di sacramenti, preghiera, umiltà, discernimento, confidenza in Cristo. Della Madonna non si vede mai un’immagine, né viene mai menzionata (forse per fare felici i luterani). C’è solo l’esaltazione prometeica di marca femminista, con elogio della volontà ipertrofica e mai trascendente di donne vestite con un immaginifico abito semi-religioso, sempre in lotta contro tutto e contro tutti i maschi. Il regista ci proietta in un mondo urbano da romanzo naturalista di fine Ottocento, in cui tutto va male. Un ambiente quasi sempre immerso nel fango e sotto un cielo plumbeo, segnato da malefatte e disastri, evidentemente perché alle donne non è riconosciuto il ruolo sociale che spetterebbe loro.

Questa pseudo-Cabrini è un'”oltre-donna”, se mi si passa il termine, scimmiottatura radicale dell’oltre uomo nicciano, molto rispecchiata nella protagonista del film Il soldato Jane, solo che qui al posto di caserme e stanze di ufficiali troviamo chiese e stanze vaticane o episcopali. È anche un’apologia della falsa chiesa che vive di opere sociali, senza badare minimamente alla salus animarum, quella falsa chiesa che da anni aiuta i mercanti di uomini pagati da Soros per invadere l’Europa.

Il film non rappresenta santa Cabrini né la Chiesa o il tempo storico che fu, ma la falsa chiesa anticristica di questi tempi di apostasia.

Assolutamente da evitare.

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