di Rita Bettaglio
Videns Iesus turbas, ascéndit in montem, et cum sedísset, accessérunt ad eum discípuli eius. Vedendo le folle, Gesù salì sulla montagna e, messosi a sedere, gli si avvicinarono i suoi discepoli (Mt 5,1).
Gesù siede, posizione di chi insegna, e i discepoli gli si fanno intorno. Per ascoltare le sue parole, gli si avvicinano, si dispongono accanto a lui, tutt’intorno. Anche noi, se vogliamo essere certi di sentire, ci avviciniamo a chi parla e, così, si crea automaticamente uno spazio intimo e personale in cui vi è solo chi parla e chi ascolta. Se questo vale per gli umani favellanti, a maggior ragione se a favellare è Dio stesso.
Come possiamo farlo anche noi, oggi? Come udire la voce di Dio e intendere le sue parole?
Nella grotta è arrivato l’autunno, coi sui colori caldi e malinconici: la sottoscritta, parafrasando il poeta, sta “sull’uscio a rimirar tra le rossastre nubi stormi d’uccelli neri, com’esuli pensieri, nel vespero migrar”.
Quali stormi d’uccelli neri? Quali esuli pensieri? Non me ne voglia il Carducci se m’impossesso artatamente dei suoi versi. L’intenzione, però, è retta.
In questo principiare di novembre i pensieri sono davvero esuli, perché la mente e l’anima sono invitate a volgere lo sguardo alle realtà ultraterrene che ci attendono. Siamo esuli dalla nostra vera patria, che è il cielo. Patria è dove sta il padre (è tautologico) e il Padre nostro è nei cieli.
Se siamo avveduti, ci mettiamo anche noi, accanto al Signore, come gli apostoli sul monte. È un’assoluta necessità, direi. E la cosa più intelligente che possiamo fare.
Ma come farla, in questo mondo che va sempre più in fretta e non lascia prendere fiato? San Basilio di Cesarea ci dà ottimi suggerimenti. Egli, infatti, nel IV secolo dell’era cristiana, scrisse le Regole, il Grande asceticon, non solo per chi vive in monastero, ma per ogni cristiano.
“Il vivere in disparte aiuta l’anima a non distrarsi”, ci ricorda. Non distrarsi da che cosa? Dal ricordo di Dio, dalla consapevolezza che Egli è presente sempre, in ogni situazione. Lo dimentichiamo soventissimo. E col naso all’aria e l’anima sempre in vacanza, rischiamo di non afferrare la cima che, in ogni momento, il Signore benevolmente ci getta per salvarci dalle acque tempestose, interiori ed esteriori.
I turbini, i gorghi, le perturbazioni di ogni genere vengono da dentro di noi, prima che da fuori.
La cima che Dio ci lancia costantemente è la sua santissima Madre, la stella che ci guida nel buio dei perigli. Respice stellam, voca Mariam. “Guarda la stella, invoca Maria”, scrisse il suo più appassionato cantore, san Bernardo.
“Bisogna vivere insieme a chi prova il medesimo desiderio di piacere a Dio”, prosegue san Basilio, con una saggezza assai concreta: “abbiamo bisogno gli uni degli altri per procurarci quanto ci occorre”. Ma non solo: “In una vita separata dagli altri il singolo non verrà facilmente a conoscere le proprie mancanze perché non avrà chi lo rimproveri e lo corregga con mitezza e misericordia”.
Eh già, non ci piace punto essere corretti, come non ci aggrada ammettere di essere malati e bisognosi di cure. I bambini non hanno questa pretestuosa vergogna. Chissà quante volte abbiamo visto un piccoletto cadere e piangere finché la mamma non lo prende in braccio. E il materno bacio su un ginocchio sbucciato è la prima e più efficace cura.
La vita è un continuo irritarsi e irritare gli altri, mi ha detto giorni fa un monaco. Queste spine irritative, che siamo noi stessi e gli altri, sono più utili di quanto pensiamo. Stimolano il sistema immunitario spirituale e lo rendono in grado di bloccare via via gli antigeni che il nemico ci invia copiosi.
“Con mitezza e misericordia”, aggiunge il nostro Padre della Chiesa. La mitezza è prerogativa di Nostro Signore. Lui è mite ed umile di cuore. Chiediamo a Dio la mitezza e la misericordia, ricordandoci che saremo misurati col metro con cui noi misureremo gli altri.
Ricordandoci che è solo per grazia di Dio che non siamo i peggiori malfattori dell’universo.
Ricordandoci che Gesù disse: “Voi che siete cattivi…”. Quindi, come diceva padre Giacomo, teniamo a mente che esistono solo due categorie di uomini: i cattivi e i cattivissimi.
Nessuno di noi ha mai dato qualcosa a Dio. Stiamogli accanto finché permetterà di farci sedere ai suoi piedi. Non è scontato.