Novembre 1974. Cinquant’anni fa la Dichiarazione di monsignor Lefebvre contro la Roma modernista. Più attuale che mai
di Robert Morrison
Sono passati cinquant’anni da quando l’arcivescovo Marcel Lefebvre scrisse la sua famosa Dichiarazione del 1974, una breve difesa dell’immutabile fede cattolica così potente che i liberali, a Roma, capirono che dovevano immediatamente attaccare l’arcivescovo.
Nella sua Apologia pro Marcel Lefebvre, Michael Davies descrive la differenza tra il modo in cui i cattolici ortodossi e gli anti-cattolici di Roma vedevano la Dichiarazione del 1974: “È difficile vedere come un qualsiasi cattolico ortodosso possa non essere d’accordo con monsignor Lefebvre. È ancora più significativo, quindi, che la Commissione dei cardinali abbia successivamente affermato che la Dichiarazione sembrava loro inaccettabile su tutti i punti”.
Queste due prospettive rimangono inalterate cinquant’anni dopo: come vedremo più avanti, agli occhi dei cattolici ortodossi tutto ciò che è contenuto nella Dichiarazione del 1974 ha ancora più senso oggi; e i nemici liberali della Chiesa sono più contrari a queste idee che mai. Sfortunatamente, nell’ultimo mezzo secolo la crisi nella Chiesa è persistita e persino peggiorata, in gran parte perché i nemici della Chiesa sono riusciti a convincere alcuni fedeli cattolici che, in nome dell’obbedienza, non si può accettare la difesa intransigente della Fede da parte dell’arcivescovo Lefebvre. Se più vescovi si fossero schierati con l’arcivescovo Lefebvre nel 1974, potremmo non aver mai sentito parlare di Francesco o del suo Sinodo sulla sinodalità.
Prima di considerare come la Dichiarazione del 1974 sia diventata ancora più vitale negli ultimi cinquant’anni, vale la pena ricordare brevemente la storia del motivo per cui l’arcivescovo Lefebvre la scrisse.
Nella sua biografia dell’arcivescovo Lefebvre il defunto vescovo Bernard Tissier de Mallerais narra come si arrivò alla Dichiarazione del 1974: «La tempesta scoppiò all’improvviso l’11 novembre 1974: dopo la colazione, l’arcivescovo radunò la comunità di Ecône per annunciare che quel giorno stesso avrebbero ricevuto due visitatori apostolici che, seguendo gli ordini dello stesso Paolo VI, venivano a condurre un’inchiesta per conto di tre Congregazioni romane. Nel corridoio del chiostro, in attesa dei visitatori, monsignor Lefebvre confidò a padre Aulagnier: “Sospettavo che il nostro rifiuto di accettare la nuova messa sarebbe stato prima o poi uno scoglio, ma avrei preferito morire piuttosto che dover affrontare Roma e il Papa!”» (p. 478).
Allora come oggi, nelle autorità romane poche cose sollevano il sospetto più dell’adesione alla messa latina tradizionale. Il vescovo Tissier continua così la sua descrizione di quella visita apostolica: «Monsignor Albert Descamps, segretario della Commissione biblica, e monsignor Guillaume Onclin, sottosegretario della Commissione per la revisione del Codice di diritto canonico, arrivarono alle nove del mattino. Per tre giorni i due belgi interrogarono i sacerdoti e i seminaristi e fecero loro osservazioni teologicamente discutibili. Pensavano che l’ordinazione di uomini sposati fosse normale e inevitabile, non ammettevano che la verità fosse immutabile ed esprimevano dubbi sulla realtà fisica della Risurrezione di Cristo» (pp. 478-479).
Oggi, nel 2024, forse non ci sorprende più sentire dichiarazioni eretiche da parte di prelati romani, ma nel 1974 lo scandalo fu sufficiente a spingere l’arcivescovo Lefebvre a scrivere la sua famosa dichiarazione, datata 21 novembre 1974.
Come racconta David Allen White nel suo The Horn of the Unicorn: A Mosaic of the Life of Archbishop Marcel Lefebvre, il testo fu scritto a beneficio dei seminaristi: «La Dichiarazione fu scritta per placare le apprensioni dei seminaristi e per rassicurarli sulla direzione che il seminario intendeva prendere. Non voleva essere un attacco a Roma, né fu intesa come una dichiarazione pubblica. La Dichiarazione fu fatta trapelare al pubblico senza che l’arcivescovo Lefebvre ne fosse a conoscenza o avesse dato il permesso, e immediatamente frasi e frammenti ne furono staccati per colpire la Fraternità e il suo fondatore. Dopo aver appreso che la Dichiarazione era diventata pubblica, e sapendo a quali scopi sarebbe stata destinata, monsignor Lefebvre decise di pubblicarla lui stesso in forma completa» (p. 182).
Sebbene l’arcivescovo Lefebvre non volesse che la dichiarazione fosse un attacco a Roma, i seminaristi capirono subito che si trattava certamente di un attacco agli errori che minacciavano la fede: «Monsignor Lefebvre – ricorda Tissier – non aveva ancora finito di leggere la sua dichiarazione quando i seminaristi, consapevoli dell’importanza del momento, cominciarono ad applaudire. Sprezzando ogni prudenza umana e attingendo a una visione di fede, l’arcivescovo aveva dichiarato apertamente guerra a tutte le riforme postconciliari» (p. 480).
La presa di posizione di monsignor Lefebvre del 1974 è in effetti una dichiarazione di guerra contro le riforme post-conciliari, e oggi assume un significato ancora più pregnante. Dopo cinquant’anni di frutti della rivoluzione del Vaticano II, le sue parole suonano più vere che mai. Eccole qui di seguito.
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Adesione alla Chiesa cattolica
Noi ci atteniamo fermamente con tutto il nostro cuore e con tutta la nostra mente alla Roma cattolica, custode della fede cattolica e delle tradizioni necessarie al mantenimento di questa fede, alla Roma eterna, maestra di saggezza e verità.
Rifiuto di tutto ciò che si oppone alla Chiesa cattolica
Noi rifiutiamo d’altra parte, e abbiamo sempre rifiutato, di seguire la Roma di tendenze neo-moderniste e neo-protestanti, che divennero chiaramente manifeste durante il Concilio Vaticano II e dopo il Concilio, in tutte le riforme che ne derivarono.
Frutti malvagi della rivoluzione del Vaticano II
In effetti, tutte queste riforme hanno contribuito e continuano a contribuire alla distruzione della Chiesa, alla rovina del sacerdozio, all’abolizione del Sacrificio della Messa e dei Sacramenti, alla scomparsa della vita religiosa, e a un’educazione naturalistica e teilhardiana nelle università, nei seminari, nella catechesi: un’educazione, derivante dal liberalismo e dal protestantesimo, che era stata più volte condannata dal solenne Magistero della Chiesa.
Regola per conservare la fede
Nessuna autorità, neppure la più alta nella gerarchia, può costringerci ad abbandonare o a diminuire la nostra fede cattolica, così chiaramente espressa e professata dal Magistero della Chiesa per diciannove secoli.
«Amici – disse san Paolo – se fossimo noi stessi o un angelo dal cielo a predicarvi un vangelo diverso da quello che vi abbiamo predicato, sia anatema!» (Gal 1,8).
Non è forse questo che il Santo Padre ci ripete oggi? E se c’è una certa contraddizione manifesta nelle sue parole e nei suoi atti, come anche negli atti dei dicasteri, allora noi ci atteniamo a ciò che è sempre stato insegnato e facciamo orecchie da mercante alle novità che distruggono la Chiesa.
Motivo per cui la rivoluzione è male
È impossibile modificare profondamente la lex orandi senza modificare la lex credendi. Alla nuova Messa corrispondono il nuovo catechismo, il nuovo sacerdozio, i nuovi seminari, le nuove università, la Chiesa “carismatica”, il pentecostalismo: tutti opposti all’ortodossia e al Magistero immutabile. Questa riforma, derivando dal liberalismo e dal modernismo, è interamente corrotta; deriva dall’eresia e sfocia nell’eresia, anche se tutti i suoi atti non sono formalmente eretici.
Dovere dei cattolici di rifiutare la rivoluzione
È quindi impossibile per qualsiasi cattolico coscienzioso e fedele sposare questa riforma e sottomettersi ad essa in qualsiasi modo. L’unico atteggiamento di fedeltà alla Chiesa e alla dottrina cattolica appropriato per la nostra salvezza è un rifiuto categorico di questa riforma.
Determinazione a continuare a combattere
Ecco perché, senza alcuna ribellione, amarezza o risentimento, continuiamo il nostro lavoro di formazione sacerdotale sotto la guida del Magistero immutabile, convinti come siamo che non possiamo rendere un servizio più grande alla santa Chiesa cattolica, al Sommo Pontefice e alla posterità. Ecco perché ci atteniamo fermamente a tutto ciò che è stato costantemente insegnato e praticato dalla Chiesa (e codificato nei libri pubblicati prima dell’influenza modernista del Concilio) riguardo alla fede, alla morale, al culto divino, alla catechesi, alla formazione sacerdotale e all’istituzione della Chiesa, finché la vera luce della tradizione non dissiperà l’oscurità che oscura il cielo della Roma eterna.
Il cammino della fedeltà
Facendo questo, con la grazia di Dio e l’aiuto della Vergine Maria, di san Giuseppe e di san Pio X, siamo certi di essere fedeli alla Chiesa cattolica e romana, così come a tutti i successori di Pietro e di essere i Fideles Dispensatores Mysteriorum Domini Nostri Jesu Christi In Spiritu Sancto.
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Come ha scritto Michael Davies, «è difficile vedere come un qualsiasi cattolico ortodosso possa non essere d’accordo con monsignor Lefebvre». Anche coloro che possono avere qualcosa da obiettare circa la decisione dell’arcivescovo Lefebvre di consacrare vescovi senza l’approvazione di Roma nel 1988 non dovrebbero avere motivi per non essere d’accordo con le idee della Dichiarazione del 1974.
La Chiesa si trova oggi in una situazione molto diversa da quella del 1974, ma la causa della crisi e la natura dell’azione correttiva rimangono le stesse. L’arcivescovo Lefebvre ci direbbe che dobbiamo combattere la battaglia spirituale come santi. Non abbiamo bisogno di cercare altre risposte a Francesco, alla sua Chiesa sinodale o a qualsiasi scandalo e a mossa tirannica che Roma farà: il più grande servizio che possiamo rendere alla Chiesa è rimanere fedeli a «tutto ciò che è stato costantemente insegnato e praticato dalla Chiesa (e codificato in libri pubblicati prima dell’influenza modernista del Concilio) riguardo alla fede, alla morale, al culto divino, alla catechesi, alla formazione sacerdotale e all’istituzione della Chiesa».
Oggi possiamo vedere che la determinazione a restare fedeli a tutto ciò che la Chiesa ha insegnato e praticato prima del Concilio dovrebbe essere meno controversa ora che nel 1974. Per quanto confusa fosse la situazione nel 1974, molti fedeli cattolici erano ancora convinti che Paolo VI e la gerarchia non stessero attivamente cercando di distruggere la Chiesa. Oggi, dopo le iniziative più eclatanti di Francesco, non possiamo avere simili illusioni: Fiducia supplicans, il culto della pachamama, Amoris laetitia, Traditionis custodes, la Chiesa sinodale, la sua partnership con i globalisti anti-cattolici…
Nel 1974 i segnali della rivoluzione del Vaticano II potevano essere relativamente nascosti, ma oggi sono così evidenti che chiunque abbia occhi per vedere non può non notarli.
Dio ci ha dato l’esempio dell’arcivescovo Lefebvre non solo per il tempo in cui visse, ma anche perché potessimo imparare a combattere i mali che affliggono la Chiesa oggi. Tutti noi, sacerdoti o laici, amici della Fraternità San Pio X o meno, coloro che pensano che Francesco sia papa o antipapa, siamo chiamati a combattere contro i nemici che cercano di distruggere la Chiesa dall’interno. Sappiamo che non ci riusciranno mai e che Dio alla fine vince, ma dovrebbe anche essere chiaro che Dio ci chiama tutti a combattere. La Dichiarazione del 1974 dell’arcivescovo Lefebvre è il piano di battaglia, la chiamata alle armi di cui abbiamo bisogno.
Cuore Immacolato di Maria, prega per noi!
Fonte: remnantnewspaper