Lettera da Londra / Qui, dove la Neolingua è ormai realtà

di Laura Dodsworth

Mio figlio adolescente è in difficoltà. Il suo lavoro part-time nell’edilizia è finito e ora ha bisogno di qualcosa di nuovo che si adatti agli orari del college che sta frequentando. Dopo aver scandagliato inutilmente Internet per ore e ore, gli ho suggerito ingenuamente di recarsi al Job Centre locale, il centro per l’impiego, dove mi aspettavo che avrebbe ricevuto un aiuto. Che stupida. I centri per l’impiego, a quanto pare, non servono più a far conoscere i lavori disponibili, e non mettono più in contatto le persone con i possibili datori di lavoro. La loro funzione principale è quella di mettere in contatto le persone con i sussidi. E lì, in un semplice disallineamento di parole e azioni, si nasconde tutto ciò che non va nel modo in cui l’Inghilterra usa il linguaggio: è un caso di studio del doublespeak, il linguaggio doppio.

Intendiamoci, non c’è niente di nuovo nel fatto che il linguaggio venga distorto per secondi fini. Per secoli il linguaggio è stato manipolato per mascherare verità scomode. Prendiamo, ad esempio, “Enhanced Interrogation Techniques”, eufemismo che sta per “tortura”. “Ristrutturazione” suona molto meglio di “licenziamenti”, “immigrazione irregolare” evita al governo il senso di colpa legato a “immigrazione illegale”, e “persone svantaggiate economicamente” certamente attenua la dura realtà della povertà assoluta. Perfino il termine “usato” fa sembrare più nobile qualcosa che è di seconda mano.

“Il bello è brutto e il brutto è bello”, scrisse Shakespeare in Macbeth, incapsulando l’essenza dell’inganno e dell’inversione della verità. Gli avvertimenti sulla distorsione della realtà attraverso il linguaggio sono da tempo un motivo letterario, da 1984 di Orwell a Il mondo nuovo di HuxleyMa vedere queste manipolazioni letterarie prendere vita nel mondo di oggi è tutta un’altra storia.

Quando mio figlio ha incontrato la realtà del centro per l’impiego, non ho potuto fare a meno di pensare ai ministeri di cui parla Orwell. Il Ministero della Verità, responsabile delle bugie, e il Ministero dell’Amore, che impone l’oppressione, sembrano assurdi quando vengono descritti. Ma sono davvero così diversi da un’istituzione pensata per aiutare le persone a trovare lavoro e invece le tiene legate a un sistema di disoccupazione e sussidi?

La Neolingua di Orwell è stata creata per limitare il pensiero: “Lo scopo della Neolingua non era solo quello di fornire un mezzo di espressione per la visione del mondo e le abitudini mentali proprie dei devoti dell’Ingsoc [English Socialm, N.d.T.], ma di rendere impossibili tutti gli altri modi di pensare”. Restringendo il linguaggio, i regimi non solo controllano ciò che le persone dicono, ma limitano ciò che possono pensare.

Forse oggi non abbiamo una Neolingua, ma il doppio linguaggio è vivo e vegeto. Il doppio linguaggio è un linguaggio che finge di essere chiaro ma non lo è. Fa sembrare il bene cattivo e il male buono. Sposta la responsabilità dal responsabile all’incolpevole. Nasconde qualsiasi colpa. È un modo intelligente di mentire.

È inquietante quanto il nostro mondo sia vicino a una distopia orwelliana o huxleyana. Molte persone sono travolte dal linguaggio ambiguo, e lo adottano. Guardate come è stata abbracciata l’ideologia transgender, che è diventata una quasi-religione (e se non è proprio una religione, diciamo una setta). “Il sesso è assegnato alla nascita”, “l’identità di genere è uno spettro”, “le donne trans sono donne”: ecco esempi di “caricamento del linguaggio”, come direbbe l’esperto di lavaggio del cervello Robert Jay Lifton. Coloro che non sono d’accordo non sono solo “contrari”, sono marchiati come bigotti, eretici o peggio. L’osservazione di Orwell sul linguaggio politico suona vera: “Il linguaggio politico è progettato per far sembrare le bugie veritiere e l’omicidio rispettabile, e per dare un’apparenza di solidità al vento”. Questo è esattamente ciò che accade quando il linguaggio viene utilizzato per oscurare la realtà.

 

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