di Aurelio Porfiri
Caro Aldo Maria,
non sarò certamente io a negare che le questioni che tu sollevi sono sostanziali. Che ci sia una crisi della Chiesa lo dicono non solo i tradizionalisti, ma anche i progressisti, che però ne danno una interpretazione ovviamente diversa. Se per i tradizionalisti il problema è che ci sono stati troppi cambiamenti, per i progressisti ce ne sono stati troppo pochi.
A me sembra che non serva a molto rimpiangere il passato, per il semplice fatto che, appunto, è passato. Meglio guardare alla situazione con grande oggettività e capire che gli oggetti delle critiche spesso non sono altro che conseguenze di un problema ben più a monte: non sono essi stessi, strettamente parlando, il vero problema.
Un autore che penso sia caro anche a te, Plinio Corrêa de Oliveira, nel suo celebre libro del 1959 Rivoluzione e Controrivoluzione esaminava la crisi della società dal punto di vista della teologia della storia, e io penso che questo sia il modo più saggio per guardare a quanto sta accadendo, esaminando la longue durée, come ci insegnano gli storici della rivista Annales, specialmente Fernand Braudel. Solo uno sguardo lungo permette di comprendere una situazione che certamente non è nata negli ultimi sessant’anni, anche se col tempo può essersi aggravata. C’è anche un testo di Guido Vignelli che credo sia utile allo scopo: La lotta tra luce e tenebre.
Certo, non possiamo fare a meno di osservare ciò che succede nel contingente, ma non è in questo modo che è possibile capire realmente il presente. Lo dico, credimi, facendo violenza su me stesso, perché molte cose che accadono attorno a noi fanno più rabbia a me che a te.
Il problema è che non riesco a pensare in termini di “buoni contro cattivi”. Penso piuttosto he la questione sia “noi contro qualcosa più grande di noi”. Ormai, anche se si tiene in piedi con quell’attivismo che gli è proprio, il progressismo ha fallito, ma anche il tradizionalismo (che non va confuso con la tradizione) non ha sbocco: rischia di diventare una torre d’avorio in cui si rifugiano alcuni che si auto-elevano alla gloria degli altari. Comprendo la buona intenzione di tante persone che si sentono sradicate, e noi due ne siamo un esempio. Ma non bisogna abbandonarsi ad atteggiamenti che, pur benefici per noi nel presente, alla lunga non possono risolvere il vero problema.
continua
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