La Sindone ha duemila anni. I risultati del nuovo studio smentiscono quelli del 1988
Non settecento anni circa, ma duemila. Questa la vera età della Sindone secondo una nuova ricerca condotta da un gruppo del Consiglio nazionale delle ricerche di Bari in collaborazione con l’Università di Padova. Lo studio mette dunque in discussione i risultati delle indagini del 1988 realizzate con il metodo del carbonio 14.
Intervistato da Salvatore Schirone, Liberato De Caro, alla guida del gruppo che ha condotto i nuovi esperimenti, spiega: “Nel 1988 la datazione al carbonio 14 collocò la Sindone in epoca medioevale. I campioni tessili, però, sono i più soggetti a contaminazioni, che non è sempre possibile rimuovere totalmente dal reperto da datare. Questo accade perché circa metà del volume di un filo è spazio vuoto riempito da aria o da altro. Se la procedura di pulizia del campione non è efficace, la radio-datazione non è attendibile. Questo potrebbe essere accaduto nel 1988”.
Continua De Caro: “Nel 2019, nei laboratori dell’Istituto di cristallografia del Consiglio nazionale delle ricerche di Bari, abbiamo messo a punto una nuova tecnica di datazione, che utilizza i raggi X, permettendo di misurare l’invecchiamento naturale della cellulosa dei tessuti di lino, proprio come quello della Sindone. Questa nuova tecnica non teme la contaminazione del campione, perché è una sorta di radiografia condotta a livello atomico della cellulosa, che sappiamo degradare con il trascorrere dei secoli. Abbiamo applicato questa nuova tecnica a un campione della Sindone e abbiamo dimostrato che ha duemila anni e non appena sette secoli”.
Alla domanda se il nuovo studio sia stato commissionato dal Vaticano, De Caro risponde che la Santa Sede non ha avuto alcun ruolo. L’iniziativa non dipende nemmeno dalla diocesi di Torino, che ha in custodia la Sindone. La ricerca è nata in realtà nell’ambito di una collaborazione decennale con il professor Giulio Fanti, dell’Università di Padova, coautore degli studi sulla nuova tecnica di datazione, che aveva a disposizione un set di fili antichi già datati e un filo della Sindone di Torino. Si tratta dunque di una libera iniziativa di collaborazione di ricerca. La nuova tecnica di datazione con i raggi X è stata calibrata su fili di datazione nota per poi essere applicata al campione prelevato dalla Sindone.
Ma perché proprio Bari? “La nuova tecnica – spiega De Caro – richiede una strumentazione di laboratorio all’avanguardia dal punto di vista scientifico, oltre che competenze avanzate nell’uso dei raggi X nell’indagine delle proprietà della materia e del suo ordine su scala atomica. La strumentazione del laboratorio dell’Istituto di cristallografia del Cnr di Bari è unica nel panorama nazionale, ed è di particolare rilievo anche a livello internazionale. Abbiamo prima calibrato la nuova tecnica su campioni di datazione nota e poi l’abbiamo applicata a un campione della Sindone di Torino. Abbiamo così verificato che l’invecchiamento naturale della cellulosa del campione della Sindone analizzato era del tutto analogo a quello di un campione prelevato dalla fortezza di Masada, in Palestina, che cadde in mano dei Romani dopo un lungo assedio nel 74 d.C. Questa assoluta compatibilità con il campione di lino di Masada, che certamente ha duemila anni di storia, confermati da altre datazioni indipendenti, permette di concludere con certezza che anche la Sindone di Torino è antica di duemila anni”.
De Caro precisa che sulla ricerca il gruppo ha pubblicato tre lavori scientifici, su riviste internazionali, con il metodo peer-review: lo studio scientifico, prima di essere pubblicato, viene valutato almeno da altri tre esperti del settore (anonimi) oltre che dall’editore. Questa prassi, consueta per validare i risultati della ricerca, conferisce allo studio la massima attendibilità.
Liberato De Caro, che per Fede & Cultura ha pubblicato quest’anno il libro Sindone. Un mistero millenario, sottolinea: “La fede in Gesù Cristo, cui rimanda la Sindone di Torino, non è un argomento di dibattito neutro. Ci sono tanti scienziati e credenti che hanno appreso con entusiasmo la notizia riguardante i duemila anni di storia della Sindone, ma anche altri che hanno sollevato dubbi pretestuosi. Dà fastidio avere una testimonianza autentica di quanto i Vangeli narrano riguardo a Gesù Cristo. La situazione può essere ben rappresentata con quanto descritto dall’evangelista Giovanni: di fronte a Lazzaro risorto, nonostante fosse nel sepolcro già da quattro giorni, molti degli scribi e farisei presenti, testimoni oculari, invece di ammettere l’evidenza dei fatti si accordano per far uccidere Lazzaro, poiché si trattava di una prova decisiva a favore di Gesù. Allo stesso modo, alcuni, di fronte a questa nuova prova di autenticità della Sindone, attaccano pretestuosamente i risultati della ricerca, quasi sempre senza peraltro avere competenze specifiche per poterlo fare. Anche gli scienziati sono uomini e, quindi, talvolta, peccano di pregiudizio, invidia e paura di perdere consenso, arrivando persino a negare l’evidenza dei fatti”.
Nelle conclusioni della loro ricerca gli studiosi guidati da De Caro auspicano che ulteriori indagini vengano condotte su altri campioni prelevati dalla Sindone. De Caro precisa che lo studio del Cnr di Bari non mette la parola fine al problema della datazione: “È un passo nella giusta direzione, ma la scienza resta ancora molto lontana dall’interrogativo fondamentale: come si è formata quell’immagine corporea dell’uomo avvolto in quel lenzuolo? Un cadavere non può emettere un’energia tale da determinare, come nel caso della Sindone, la formazione di un’immagine corporea con caratteristiche di direzionalità e formatasi quasi senza nessuna deformazione da contatto. Non conosciamo alcun processo chimico o fisico che possa permettere a un cadavere di lasciare un’immagine corporea con tutte le proprietà microscopiche e macroscopiche analoghe a quella visibile sulla Sindone di Torino. Nonostante la nostra conoscenza scientifica molto avanzata, restiamo dunque di fronte a un mistero”.