No, in questa pseudo-chiesa non mi riconosco

di Fabio Battiston

Entrare in quelle chiese che somigliano sempre più a templi pagani.

Partecipare a liturgie “fai da te” che non hanno più nulla di sacro.

Ascoltare omelie buone solo per attivisti e organizzazioni socio-politiche o sindacali.

Leggere documenti ecclesiali in cui le parole Dio, Gesù Cristo e Immacolata Concezione sono ormai rarissime.

Incontrare sacerdoti senza poterli riconoscere dall’abito.

Sfogliare giornali e riviste vicine alla chiesa e provare un senso di disgusto e rabbia.

Recitare un nuovo Padre nostro in cui è stata inserita una bestemmia.

Sentire su di te l’acredine e la riprovazione del clero quando ti dimostri vicino alla tradizione.

Convivere con l’isolamento e la costernazione del sentirsi reietto a casa propria.

Soffrire nel vedersi accusato di falsi peccati.

Ubbidire a chi ti chiede di adorare il creato e non Il Dio trinitario.

Pregare insieme a un buddista, un musulmano, un confuciano e un animista.

Dialogare con tutti senza mai provare a convertire alcuno.

Ora io mi chiedo e vi chiedo: tutto questo, perché? Perché accettarlo, spiegarlo, comprenderlo e giustificarlo? Perché confrontarsi con questa realtà che ci sta impetuosamente travolgendo e che vuole renderci una cosa sola, ciecamente ubbidiente a una nuova fede che non ci appartiene? Perché cercare ostinatamente una risposta che possa dare a ciascuno di noi una ragione, un motivo qualsiasi per continuare a farci chiamare come loro e, soprattutto, a essere come loro? Perché mai dovremmo arrampicarci sugli specchi per riuscire a provare i loro medesimi sentimenti e perseguire i loro stessi obiettivi, ben sapendo che mai e poi mai li potremo sentire come nostri e, nemmeno sotto tortura, condividerli anche per un solo momento? Poi c’è la domanda più angosciante: in nome di chi o cosa dovremmo mandare al diavolo queste domande e continuare a vivere serenamente da bravi fedeli in questa “splendida” chiesa cattolica apostolica romana? Una chiesa che ci sta quotidianamente assaltando, soffocando e massacrando! Come poter andare avanti come se tutto questo non esistesse?

Per molti la risposta potrebbe essere quasi automatica: perché fuori dalla Chiesa non c’è salvezza. Il non praevalebunt ci fortifica, assicurandoci ora e per sempre che le forze del male – soprannaturali e umane – non potranno mai prevalere su di essa. L’incrocio tra le parole del Vangelo di Matteo e la situazione con la quale, purtroppo, ci è dato di convivere rischia tuttavia di essere estremamente pericoloso, direi quasi devastante. Le tredici asserzioni esposte non presentano opinioni ma fatti e situazioni la cui oggettività può difficilmente essere messa in discussione. Riflettendo ad alta voce su questo problema, mi tornano spesso in mente quelle parti del Nuovo Testamento in cui Gesù Cristo, ma anche gli apostoli, proprio evocando tempeste come quelle che stiamo vivendo, ci chiedono di perseverare. Perseverare sì, ma nella fede.

Sperando di non incorrere negli strali sarcastici di sacerdoti e teologi – qui però è la mia semplicità di imperfetto credente e perfetto peccatore che scrive – vorrei poter esprimere una mia convinzione. Tali richiami penso si debbano più che altro riferire alla fedeltà piena e incondizionata alle tre virtù teologali, non a un atteggiamento che coinvolga la nostra piena e incondizionata partecipazione alle vicende della chiesa temporale. D’altra parte il più volte ricorrente non praevalebunt è la promessa della sconfitta definitiva del male sul Corpo Mistico, sulla Divina Istituzione. Le membra (noi tutti, chiesa temporale compresa) possono anche tradire e sconfessare il Verbo incarnato ma il Capo del corpo, che è il Dio trinitario, trionferà sempre vittorioso e perfetto. Il punto, per noi poveri travet in viaggio verso la Speranza è però questo: che cosa deve fare colui che, pur nella consapevolezza della propria peccatrice finitezza, non vuole restare con chi – manifestamente – sta lavorando in quella barca per far vincere il praevalebunt e che, al momento, pare ci sta riuscendo in pieno?

Per quanto mi riguarda, penso che lo tsunami di questi 60-70 anni sia ormai giunto a compimento; ora è tutto finito e il loro obiettivo raggiunto. Restano solo le macerie fumanti di una chiesa che fu ove scorrazzano, trionfanti, i lacchè terreni di quel Male la cui onda finale, in questi ultimi tre lustri, ha finito di travolgere la barca di Pietro. Costoro imperversano oggi nei loro nuovi templi pagani, mostrano la sincretistica “santità” della Nuova Chiesa Universale, impartiscono le loro dottrine preternaturali e ri-educano i pastori recalcitranti, violentemente puniti in caso di perdurante disubbidienza. Certo, sappiamo che tutto questo sarà solo temporaneo (ma non credo proprio che potremo assistere, in vita, alla sua sconfitta) e che il non praevalebunt alla fine prevarrà. Tuttavia io non ho alcuna intenzione di restare a guardare questa nuova Babilonia dal di dentro. È una ignobile città degli uomini di cui non voglio far parte. Perseverò nella fede, da imperfettissimo peccatore, ma da questa barca temporale, che non è più di Pietro, io scendo. Non so nuotare ma, in qualche modo, cercherò di arrivare sulla riva del lago e da lì tirerò contro quella barca satanica quanto avrò a disposizione sperando che – prima o poi – possa finalmente affondare. Mi preme far presente che il mio non vuole essere affatto l’atteggiamento ipocrita e farisaico di chi si erge a giustiziere di chissà che cosa. Sono ben consapevole delle mie miserie e ma potrò anche essere annoverato tra i peggiori peccatori; tuttavia non sono e non sarò mai un traditore. San Pietro tradì per umana debolezza e terrore, pentendosi amaramente un istante dopo. Così potrei fare anch’io, come piccolo uomo atterrito e poi bisognoso, se pentito, di misericordia. Coloro che oggi sgovernano questa pseudo-chiesa, invece, non tradiscono per paura o perché minacciati; essi sono convintamente assertori di un progetto di morte del quale non solo non intendono pentirsi ma di cui ostentatamente vanno fieri e orgogliosi.

No, sono sempre più dell’idea che non possa esserci salvezza a bordo di questo mostro che solca le acque di un lago tempestoso. Ho provato in questi anni a “perseverare” (ma forse sarebbe meglio dire a tergiversare), a ritenere che fosse ancora possibile far parte di una chiesa così problematica. È stato tutto inutile; alla fine si matura la consapevolezza (almeno per me) di vivere in equilibrio su una retta parallela ad un’altra, quella dove abitano i nuovi cattolici. E la geometria ci insegna che due rette parallele non si incontrano mai, o meglio, lo fanno in un immaginifico punto all’infinito: il punto improprio. Così siamo noi e loro: materia e antimateria.

La salvezza è solo nella fede nel Dio trinitario, nell’Immacolata Concezione, nella Comunione dei Santi e nel rispetto (per quanto possibile, da poveri umani quali siamo) delle Tavole della Legge. Giudicherà il Signore, e non altri, questa decisione.

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