Francesco decaduto dalla sede papale? Un religioso risponde: “Penso di no. Ed ecco perché”
Cari amici di Duc in altum, come ben sapete il blog ospita di frequente opinioni circa la controversa questione relativa all’eresia di Francesco e a tutto ciò che comporta, a partire dalla domanda cruciale: Bergoglio può essere considerato papa? Gli interventi di autori come monsignor Viganò e Matthew McCusker propendono per la risposta negativa: no, Bergoglio non può essere papa, la sede è vacante e nulla vieta che lo possa essere anche per periodi molto lunghi. A queste tesi risponde ora padre Brian Harrison: pur in presenza di evidenti deviazioni di Francesco in campo teologico, dottrinale e morale, non lo si può considerare decaduto.
Nato in Australia, padre Harrison, teologo, professore emerito presso la Pontificia Università Cattolica di Porto Rico, vive negli Stati Uniti.
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di padre Brian Harrison
John Lamont è un teologo molto noto nei circoli cattolici tradizionali per le sue analisi eloquenti e incisive circa le numerose controversie dottrinali emerse durante il pontificato di papa Francesco. Chi ha letto il saggio di Joseph Shaw saprà che Lamont ha recentemente aggiunto la sua voce piuttosto autorevole a quella dell’arcivescovo Viganò e di altri che affermano inequivocabilmente che Jorge Mario Bergoglio non è papa e di conseguenza la sede di Pietro è attualmente vacante. Da parte mia, offro queste riflessioni a sostegno della risposta di Shaw a Lamont, aggiungendo alcuni ulteriori punti che possono essere sollevati e ritengo siano particolarmente rilevanti per sacerdoti come me e molti altri lettori.
L’argomentazione di John Lamont, in linea con la visione di san Roberto Bellarmino, può essere espressa come il seguente sillogismo.
Premessa maggiore: un papa notoriamente eretico cessa di essere membro della Chiesa cattolica e pertanto decade ipso facto dall’ufficio papale.
Premessa minore: Francesco/Bergoglio è un noto eretico.
Conclusione: Francesco/Bergoglio è decaduto dall’ufficio papale e la sede di Pietro è vacante.
La premessa maggiore, anche se vera in sé, mi sembra canonicamente inapplicabile al caso di papa Francesco, e questo anche se la premessa minore di Lamont risultasse vera. Il canone 194 §1, n. 2 del Codice di diritto canonico prevede infatti che “è rimosso dall’ufficio ecclesiastico per il diritto stesso chi ha abbandonato pubblicamente la fede cattolica o la comunione della Chiesa”. Una legge ecclesiastica, questa, che incarna anche la legge divina, perché chi per eresia o apostasia non è più membro della Chiesa cattolica non può in alcun modo ricoprire un ufficio al suo interno con l’approvazione di Dio.
Tuttavia, il canone 194 §2 continua dicendo: “La rimozione… può essere sollecitata soltanto se della medesima consti da una dichiarazione dell’autorità competente”.
Siamo di fronte a una legge puramente umana ed ecclesiastica, e si applica qui perché impone una limitazione non al potere del papa, bensì a quello delle autorità minori che avrebbero competenza in questo caso, vale a dire (sempre seguendo Bellarmino) i restanti vescovi cattolici. Ora, poiché i vescovi non hanno mai rilasciato alcuna dichiarazione in base alla quale papa Francesco ha pubblicamente disertato dalla fede cattolica e quindi abbia perso l’ufficio, né i vescovi né nessun altro hanno il potere di rendere effettiva la sua rimozione e di procedere alla convocazione di un conclave per una nuova elezione papale. Nel frattempo, anche se attraverso la sua (presunta) eresia notoria Francesco sarebbe incorso nella scomunica latae sententiae, l’istante dopo aver perso l’ufficio papale i suoi atti di governo papale sarebbero ancora validi, sebbene se illeciti. Perché? Perché secondo il canone 1331, §2, n. 2, tali atti, per quanto illeciti, saranno invalidi solo dopo che la sua scomunica sarà stata dichiarata dall’autorità competente.
In breve, anche supponendo che Francesco sia effettivamente un notorio eretico, tutti i fedeli cattolici, paradossalmente, saranno comunque obbligati a trattarlo come papa, a tutti gli effetti, finché lo faranno gli altri nostri pastori riuniti nel collegio dei vescovi. Finché essi non dichiareranno e faranno rispettare la rimozione di Francesco dall’incarico, noi, come loro, saremo obbligati a obbedire ai suoi giusti comandi, ad acconsentire alle sue dichiarazioni magisteriali ortodosse e a riconoscere la validità delle sue nomine e di altri atti di governo della Chiesa.
Ciò ci porta alla premessa minore: Francesco è davvero un eretico noto? Il dottor Lamont dopo essersi chiesto se “esistono prove pubblicamente disponibili che confermano, oltre ogni ragionevole dubbio, che egli rifiuta ostinatamente uno o più insegnamenti che sa essere insegnati dalla Chiesa come divinamente rivelati“, risponde di sì, ma non sono convinto dalla sua argomentazione. Ho messo in corsivo alcune sue parole per indicare i punti chiave rispetto ai quali penso che l’interpretazione e la valutazione di Lamont di ciò che Francesco ha detto non siano affatto conclusive.
Per ora non affronterò questi punti piuttosto reconditi della teologia e del diritto (in particolare la questione del giusto processo) perché mentre vi riflettevo ho pensato che concentrarsi su ogni singolo punto potrebbe rischiare di guardare agli alberi perdendo di vista il bosco.
Mi sono ritrovato a chiedermi: qual è il quadro generale? Come possono gli innumerevoli milioni di comuni laici cattolici seduti tra i banchi delle nostre chiese decidere con prudenza su questa questione, dato che non hanno la formazione teologica e canonica necessaria per soppesare e valutare sia le argomentazioni del dottor Lamont sia quelle degli studiosi che non sono d’accordo con lui? Lo stesso vale per i sacerdoti. In effetti, che cosa potrebbe dire in proposito il comune prete che non è uno specialista in materia? Probabilmente da quando ha lasciato il seminario non ha avuto tempo di leggere molta teologia, e i corsi seguiti negli anni della formazione certamente non lo hanno preparato a interrogarsi sulla questione se e in quali casi un papa possa decadere dall’incarico per eresia.
A differenza dei laici cattolici, ogni prete si trova però, ogni giorno, di fronte a una dura alternativa: dire o non dire, nel Canone della Messa, le parole “una cum Papa nostro Francisco”? Un laico può anche sospendere il giudizio, ma il prete non può stare in disparte, in attesa. O pronuncia quelle parole solenni, affermando così lo status di Francesco come vero papa e la propria sottomissione a lui, oppure non lo fa, separandosi così da Francesco e incorrendo nel grave crimine dello scisma.
Quindi che cosa deve fare il cattolico prudente e devoto che ha solo una conoscenza media della fede e della dottrina? Dal momento che si renderà conto che dovrà farsi guidare da qualche autorità che ne sa più di lui, mi sembra che, anche se ha inclinazioni tradizionaliste, si comporterà in modo ragionevole se argomenterà con sé stesso nei seguenti termini (d’ora in avanti sarà questo cattolico devoto e prudente a parlare).
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Vedo che l’arcivescovo Viganò, John Lamont, Matthew McCusker, Edmond Mazza, gli scrittori di Novus Ordo Watch e alcuni altri studiosi intelligenti stanno dicendo che Francesco non è un vero papa. Ne prendo atto. Tuttavia, vedo anche che nessun altro successore cattolico degli apostoli che io conosca, tra i circa quattromila che ora governano la Chiesa di Dio, nega lo status di Francesco come vero successore di Pietro. Il vescovo Schneider mi assicura che Francesco è papa. Il vescovo Strickland lo accetta come papa, e così tutti i vescovi della Fraternità sacerdotale San Pio X. L’intero collegio dei cardinali lo accetta come papa, compresi i miei eroi, i cardinali Burke, Müller, Sarah e Brandmüller. Ora mi chiedo: può essere che Dio non solo abbia permesso che il successore di Pietro decadesse dall’ufficio per una nota eresia, ma abbia anche permesso all’intero collegio cardinalizio e a tutti i vescovi cattolici, nessuno escluso, di rimanere ciechi di fronte all’eresia ostinata di Bergoglio continuando così a riconoscere come vero papa un impostore e antipapa senza fede? Questo scenario terribile non sembra proprio quello delle porte dell’inferno che prevalgono sulla Chiesa di Cristo? Non sarò quindi prudente se seguirò la massima securus iudicat orbis terrarum (il giudizio del mondo intero è sicuro) e continuerò a riconoscere Francesco come papa (e quindi, se sono un sacerdote, continuerò a pronunciare il suo nome nel Canone della Messa)?
Inoltre mi chiedo: se i vari Viganò, Lamont eccetera hanno ragione, come andranno le cose quando Francesco morirà? Dal momento che Lamont sostiene – in opposizione a tutti i cardinali e praticamente a tutti i vescovi – che Francesco è decaduto dall’incarico qualche tempo dopo la sua elezione nel 2013 e non ha alcun valido diritto a ottenere la nostra obbedienza, ci deve dire quando, precisamente, è decaduto, così sapremo quali dei cardinali da lui nominati (se ce ne sono) sono veri cardinali che hanno il diritto di eleggere un nuovo pontefice. Ma in ogni caso, dal momento che i nomi di coloro che hanno votato per questo o quel candidato durante un conclave non vengono mai resi pubblici, e dal momento che dopo il concistoro del dicembre 2024 l’80% di tutti i cardinali votanti saranno stati nominati da Francesco, ci sarà una schiacciante probabilità che chiunque venga eletto dovrà la sua elezione in parte ai voti di uomini che, avendo ricevuto le loro berrette rosse dopo che Bergoglio è decaduto dall’incarico, non sono veri cardinali.
In breve, se Lamont, Viganò e gli altri che la pensano come loro hanno ragione, il prossimo uomo eletto alla Sede di Pietro nel futuro conclave quasi certamente non sarà un vero papa. E poiché i cardinali che nominerà non saranno veri cardinali, e i vescovi che nominerà non avranno una vera giurisdizione sui fedeli nelle loro diocesi, non ci sarà una via d’uscita prevedibile da questa tana del Bianconiglio. La Chiesa, come entità riconoscibile e visibile, avrà cessato di esistere, perché in nessun futuro conclave ci saranno elettori validi. E l’ecclesiologia implicita nell’affermazione secondo cui l’intero collegio dei vescovi potrebbe essere, e di fatto è stato, indotto a seguire un antipapa è sicuramente eterodossa. Implica infatti l’adesione all’ecclesiologia protestante in base alla quale la vera Chiesa è invisibile, non ha bisogno di un capo terreno riconoscibile ed è composta da tutti quegli individui sparsi che hanno una fede cristiana ortodossa. E ciò si scontra con il dogma dell’indefettibilità della Chiesa e con il dogma, definito dal Vaticano I, secondo cui Pietro avrà successori in perpetuo, fino alla seconda venuta di Cristo.
Alla luce di tutte le considerazioni di cui sopra, mi asterrò rispettosamente dall’aderire alle tesi di Viganò, Lamont e di chi la pensa come loro. Confiderò che le promesse di Cristo implichino che Egli non permetterà mai che sulla Chiesa si abbatta una calamità tanto grave quanto quella che dicono le sia capitata ora. Ciò significa, in conclusione, che continuerò a sostenere che Francesco è il vero papa. Nonostante le sue numerose mancanze, professerò la mia unione con lui nel Canone della messa (se sono un sacerdote), mi sentirò obbligato a obbedire ai suoi giusti comandi e riconoscerò la vera giurisdizione del vescovo che Francesco ha nominato per governare la mia diocesi, così come dei cardinali che ha nominato per eleggere il suo successore.
Fonte: onepeterfive
Titolo originale: Is Francis Pope? A Priest’s Reply to John Lamont