Così il calcio inglese cerca di imporre i dogmi arcobaleno. Ma c’è chi dice no
In Inghilterra il calciatore Marc Guehi (ventiquattro anni, ivoriano naturalizzato inglese, difensore della squadra londinese del Crystal Palace) è sceso in campo con una fascia arcobaleno al braccio sulla quale ha scritto le parole “I love Jesus” and “Jesus loves you“. La fascia arcobaleno è stata imposta ai capitani delle squadre dalla Football Association come parte della campagna Rainbow Laces a sostegno della comunità LGBTQ+.
Poiché il regolamento vieta di porre messaggi personali, di natura politica o religiosa, sui simboli ufficiali delle squadre e della federazione calcistica, Guehi è stato messo sotto accusa, e con lui un altro calciatore, Sam Morsy (33 anni, nazionale egiziano e capitano dell’Ipswich Town), che ha rifiutato la fascia arcobaleno in quanto musulmano praticante.
In precedenza, anche Anel Ahmedodzic dello Sheffield United (venticinque anni, svedese di nascita e naturalizzato bosniaco) aveva preso la stessa decisione di Morsy.
Il padre di Guehi, pastore protestante, ha rilevato che la Football Association è in contraddizione con sé stessa: “L’associazione è felice che la folla canti God Save the King, inno dal contenuto religioso, quando gioca l’Inghilterra, ed è felice che sia cantato l’inno religioso Abide With Me durante la finale di Coppa d’Inghilterra. E tuttavia se la prendono con mio figlio per aver espresso le sue convinzioni religiose. Che senso ha? Cosa avrebbe fatto di sbagliato esattamente? Gesù amava tutti. Quindi non vedo davvero cosa sia offensivo e quale sia il problema. Se guardate a cosa sta facendo la comunità LGBTQ+, vedrete che sta cercando di imporre agli altri ciò in cui credono. È una fede contro una fede, ma tutti hanno il diritto di avere un’opinione”.
Un altro caso riguarda Noussair Mazraoui (classe 1997, difensore marocchino del Manchester United). Mentre infatti il capitano della squadra, Bruno Fernandes, è sceso in campo indossando la fascia arcobaleno, gli altri giocatori non hanno indossato le giacche arcobaleno che erano state predisposte per il riscaldamento. Una scelta, hanno spiegato, in segno di solidarietà verso Mazraoui, che si è dissociato dall’iniziativa per la sua fede musulmana.
All’inizio si pensava che la Football Association avrebbe punito Guehi, Morsy, Ahmedodzic e Mazraoui, ma i dirigenti del calcio inglese per ora pare abbiano deciso di non prendere provvedimenti.
Le giacche arcobaleno per il Manchester United erano state preparate dall’Adidas con una sponsorizzazione di un milione e centomila euro valida per dieci anni.
La campagna Rainbow Laces è nata nel 2013 per iniziativa di Stonewall al fine di “sostenere l’inclusione LGBTQ+ nello sport, nel fitness e nell’attività fisica”. Come forma di sostegno, propone di acquistare lacci (laces, appunto) arcobaleno e glitterati per le scarpe da indossare sui campi di gioco.
Stonewall prende il nome dai moti di Stonewall (Stonewall riots), una serie di scontri fra gruppi di omosessuali e polizia. Avvennero a New York nel 1969, quando la polizia irruppe nello Stonewall Inn, un bar gay del Greenwich Village a Manhattan, e sono considerati il momento di nascita del movimento di “liberazione gay”.
La Football Association è impegnatissima nel promuovere forme di sostegno alle comunità LGBTQ+. Nel sito dell’associazione si legge: “Come sport e come industria, il calcio continua ad accogliere e celebrare [sic] la comunità lesbica, gay, bisessuale e transgender (LGBTQ+). C’è ancora molto da fare per porre fine alle forme di abuso discriminatorio di cui sono vittime. Gruppi e individui che si occupano di omofobia, bifobia e transfobia nel calcio si impegnano regolarmente. Gruppi di pressione affermati come Stonewall, insieme all’emergere di un vivace movimento di tifosi composto da gruppi LGBTQ+ legati a club professionistici, fanno sì che in quest’area ci sia più visibilità che mai. Le campagne progettate per sensibilizzare su questo problema hanno catturato l’immaginazione del pubblico negli ultimi anni. La campagna Football v Homophobia è iniziata nel Regno Unito prima di svilupparsi in un’iniziativa internazionale che si oppone all’omofobia a tutti i livelli, dalla base ai club professionistici”.