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Sui presepi alternativi della neo-chiesa in uscita

di Vincenzo Rizza

Caro Aldo Maria,

come ogni dicembre, Babbo Natale è stato costretto dai vertici della Coca Cola a lasciare la sua comoda abitazione ad Atlanta e a recarsi al Polo Nord per impostare la nuova campagna pubblicitaria 2024.

Abbandonati di recente gli obiettivi di sostenibilità sul riciclo delle bottiglie di plastica (anche i produttori cominciano a capire che puntare sull’ecologia e sul greenwashing non necessariamente paga), la multinazionale americana non ha rinunciato, tuttavia, al proprio prolifico decennale testimonial che, incurante degli strali lanciati qualche anno fa dal vescovo Staglianò, invita a diffondere la “magia” del Natale.

Nel frattempo in Vaticano, come da tradizione, è stato predisposto il presepe. Quello allestito al centro del colonnato è stato offerto dalla comunità di Grado ed è ambientato in una laguna con la Natività che trova spazio all’interno di un casóne, caratteristica costruzione di canne abitata dai pescatori. Almeno fino ad ora nessun riferimento, come in anni passati, a migranti e affini; una buona notizia.

La neo-chiesa in uscita, tuttavia, non può non utilizzare il Natale per diffondere messaggi ulteriori rispetto alla nascita del Redentore, così qualcuno ha ben pensato di installare un presepe nell’aula Paolo VI con Gesù Bambino avvolto nella kefiah araba. Sono seguite le note polemiche che hanno quindi portato a uno dei tanti “contrordine fedeli” cui l’attuale pontificato ci ha ormai da tempo abituato e alla rimozione tanto di Gesù Bambino, fatto nascere con giorni di anticipo, quanto della kefiah. L’originalità, tuttavia, non è mai mancata ai pasdaran che difendono il nuovo corso e pertanto non sarei stupito più di tanto se tra il 24 e il 25 dicembre dovessero ricomparire entrambi o… solo la kefiah.

Neppure mi stupirei se in futuro dovesse essere proposto anche un presepe inclusivo ed ecosostenibile, ispirato all’arte contemporanea. D’altro canto, se un sacerdote di provincia può liberamente dileggiare la Sacra Famiglia con un presepe rappresentato dai Simpson (con Hitler sullo sfondo) o da due donne e senza San Giuseppe, in Vaticano si può certo osare di più. Così, dopo il presepe realizzato dagli artigiani della ceramica di Castelli, con figure cilindriche e bizzarre (esposto nel Natale 2020), perché non immaginare una consultazione sinodale che possa determinare l’affidamento della realizzazione del prossimo presepe a Maurizio Cattelan? Certo, i costi sarebbero proibitivi, ma il ritorno pubblicitario sarebbe enorme (altro che Luce): pensate a un presepe ispirato a Comedian, fatto di frutta vera attaccata con lo scotch: non solo banane, ma ogni prodotto che la terra ci dona. I vantaggi sarebbero evidenti:

  • promozione del creato e della madre terra;
  • piena inclusività, non essendo più rappresentanti personaggi maschili o femminili ma frutti in cui ognuno può immedesimarsi scegliendo quello che preferisce;
  • possibilità di valorizzare le periferie del mondo e i migranti, dando preferenza a frutti esotici o provenienti dai paesi più poveri.

Di fatto il cuore del pensiero del presente pontificato troverebbe plastica rappresentazione in un solo evento e in una sola immagine. Senza considerare la facilità di smaltimento dell’opera al termine delle festività: una bella macedonia, magari da offrire all’interno della basilica di San Pietro ai poveri, naturalmente in favore di telecamere, e anche il Natale sarebbe servito. Servito non certo a ricordare la nascita del Dio fatto uomo per la nostra salvezza, ma a festeggiare la nascita e il progredire della neo-chiesa sinodale.

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Nella foto [gualdonews.it], il blasfemo e disgustoso presepe con i Simpson, Gesù Bambino su uno skateboard e Hitler in croce

Aldo Maria Valli:
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