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Che cosa fare quando il Magistero contraddice il Magistero? Breve guida per fedeli cattolici perplessi

di Josué Luis Hernández

In mezzo a questa notte fonda che è scesa all’interno della Chiesa, nella quale tutto sembra reso tenebroso da un’oscurità disorientante, da nebbia e ombre, da forme e suoni strani e non familiari che turbano i nostri sensi, sfidano la nostra fiducia e scuotono le fondamenta stesse della nostra fede, occorre affermare che il Magistero della Chiesa rimane una guida salda e inamovibile. Il Magistero della Chiesa è e sarà sempre una luce nell’oscurità. Esso rimane ora, come sempre, un mezzo infallibile per dissipare falsità, confusione ed errore e per far emergere la chiarezza della verità. Ma per dobbiamo comprendere correttamente il Magistero.

Per cominciare, vorrei fare una breve sintesi dei tre livelli dell’autorità magisteriale:

  1. Magistero straordinario (o solenne): questa categoria di insegnamento magisteriale è infallibile ed è la più facile da identificare come tale a causa della sua natura esplicita e definitiva. È esercitato o dal solo papa (ad esempio, le definizioni papali dell’Immacolata Concezione e dell’Assunzione della Beata Vergine Maria), o dall’intero collegio dei vescovi, con il papa come capo (ad esempio quando dottrine specifiche sono definite in un concilio ecumenico, come nel Concilio di Firenze sulla necessità della Chiesa per la salvezza e il Vaticano I sull’infallibilità papale).
  2. Magistero ordinario e universale: questa categoria, come la prima, è anch’essa infallibile, ma non ha il carattere esplicito della prima. Si esprime quando l’intero episcopato della Chiesa universale, sotto la guida del papa, concorda sul fatto che una dottrina concernente la fede o la morale debba essere ritenuta definitivamente da tutti i fedeli.
  3. Magistero ordinario: a volte definito Magistero autentico, questo livello di autorità magisteriale, esercitato dal papa e dai vescovi, consiste in tutti gli altri atti magisteriali che esulano dalle prime due categorie. A differenza del Magistero straordinario o del Magistero ordinario e universale, non è infallibile. I suoi insegnamenti, secondo il canone 752 del Codice di diritto canonico, devono essere ricevuti con un “religioso ossequio dell’intelletto e della volontà”. Mancando la salvaguardia dell’infallibilità, gli insegnamenti emananti dal Magistero ordinario potrebbero, in teoria, essere errati. Il beneficio del dubbio dovrebbe, tuttavia, essere ancora concesso al papa e ai vescovi che lo esercitano.

Arriviamo ora alla questione rilevante, il vero e proprio dilemma che ci attanaglia. Se mai due insegnamenti apparentemente opposti riguardanti la fede o la morale dovessero giungerci direttamente dal magistero della Chiesa, e uno fosse ambiguo o entrambi sembrassero in contraddizione tra loro, e noi fossimo costretti a esprimere un giudizio su cosa credere, che cosa dovremmo fare come fedeli cattolici? Chiaramente, in questo scenario non possiamo esprimere un giudizio basandoci semplicemente sulla cronologia. Non posso dire che preferisco ciò che è stato detto giovedì a ciò che è stato detto mercoledì solo per il fatto che oggi è giovedì. Potrei anche dire che preferisco ciò che è stato detto mercoledì a ciò che è stato detto giovedì proprio perché oggi, giovedì, sono circondato da un vergognoso pasticcio. Conoscendomi, potrei anche scoppiare in pianto e struggermi perché la Chiesa ha dimenticato tutto quello che diceva lunedì. Il punto è che non daremmo un giudizio sensato se lo fondassimo sul calendario o sull’orologio. Non importa davvero se una cosa è stata detta di lunedì o di martedì, ciò che conta è se la cosa detta è vera. Dunque, quando si arriva al dunque, e siamo costretti a dare un giudizio, dobbiamo farlo basandoci non sulla cronologia, ma sull’autorità.

Rispetto a qualcosa che viene insegnato dal magistero ordinario o autentico (non infallibile), ho certamente l’obbligo di esprimere verso tale insegnamento “religiosa sottomissione dell’intelletto e della volontà”, ma allo stesso tempo ho un dovere e una responsabilità ancora più grandi: devo dare il mio pieno assenso a ciò che è già stato chiaramente e infallibilmente definito dalla Santa Madre Chiesa, sia dal suo magistero straordinario sia dal suo magistero ordinario universale, con insegnamenti infallibili e irrevocabili. Quindi, quando ci imbattiamo in una situazione in cui sembri esserci, come minimo, una contraddizione tra ciò che la Chiesa sta insegnando ora e ciò che ha insegnato in passato, allora, ancora una volta, dobbiamo basare il nostro giudizio (un giudizio del tutto inevitabile) non su ciò che è più recente, ma su ciò che ha un peso più autorevole. Dobbiamo procedere alla ricerca dell’insegnamento che ha in sé la maggiore autorità ed è connotato dalla chiarezza più inequivocabile.

Ogni volta che all’interno del magistero si verifica questo tipo di conflitto, noi fedeli siamo sempre assolutamente obbligati ad attenerci a ciò che è già stato solennemente, autorevolmente e chiaramente definito, anche se ciò avviene a scapito di dover accantonare (almeno fino a quando la Chiesa non fornirà ulteriori chiarimenti sulla questione) insegnamenti più recenti che rientrano nella categoria del magistero non infallibile. In altre parole, quando siamo nel dubbio, dobbiamo seguire la comprensione più chiara, più autorevole e collaudata delle cose. È a questa comprensione provata e vera (cioè tradizionale) della fede e della morale che dobbiamo ancorare la nostra fede. Essa è la lente attraverso cui interpretare e comprendere tutti gli insegnamenti meno autorevoli e più ambigui, per quanto recenti possano essere.

Nel caso del  magistero ordinario/autentico (che non ha il carattere dell’infallibilità), quando due affermazioni sembrano contraddirsi a vicenda, allora è utile usare questo metodo: aderire a ciò che più a lungo è stato insegnato dalla Chiesa, a ciò che più a lungo è stato ritenuto vero dai teologi nel corso della storia della Chiesa, a ciò  che più è stato insegnato universalmente da tutti i vescovi attraverso lo spazio e il tempo, a ciò che più papi hanno affermato con il loro insegnamento particolare. Insomma, a questo livello di autorità magisteriale, cioè il magistero ordinario/autentico (che per definizione, lo ripeto, non è infallibile) la tradizione ha sempre la meglio sulla novità.

Faccio un esempio concreto. Se i membri della gerarchia ci “insegnano” che coloro che vivono in uno stato di peccato mortale, come gli adulteri, possono ricevere la santa comunione (il che implica che il perdono del peccato non richiede lo scopo di emendarsi, o che si può ricevere la Comunione mentre si vive in uno stato di peccato grave); o che la pena di morte è moralmente inammissibile; o che è possibile che le donne vengano ordinate; o che Dio vuole attivamente l’esistenza di false religioni (vale a dire che Dio è compiaciuto degli errori e delle bestemmie che distinguono la falsa religione dalla vera fede); o che le false religioni possono essere esse stesse salvifiche; o qualsiasi altro numero di insegnamenti errati che sentiamo provenire dalla gerarchia di oggi, ecco che non solo non abbiamo alcun obbligo di accettare tali insegnamenti, ma abbiamo il dovere di rifiutarli del tutto. Al contrario, se accettassimo tali falsità saremmo, di fatto, disobbedienti al magistero. Saremmo figli e figlie sleali della Chiesa, poiché ciò che viene messo in discussione è l’insegnamento perenne della Chiesa insegnato infallibilmente, come minimo, dal magistero ordinario e universale, un insegnamento che è quindi vincolante per i fedeli ed esige la nostra piena sottomissione di intelletto e volontà.

Lo stesso vale quando un papa stesso “insegna” tali errori. Il papa è il custode della sacra tradizione, cioè il protettore del deposito divino della fede dato una volta per tutte agli apostoli e trasmesso ai loro successori, ai quali è stato affidato il solenne incarico di preservarlo fedelmente. Non rendiamo alcun favore al Santo Padre assistendolo nell’abbandono del suo dovere. Quanto più siamo fedeli alla sacra Tradizione, che egli è stato incaricato di custodire e difendere, tanto più siamo fedeli a lui. Ciò vale anche se dovessimo essere perseguitati per questo da colui che serviamo e onoriamo con il titolo di Santo Padre. Questo tipo di ingiustizia non ha alcun potere sulla nostra lealtà. Anche se costretti a resistere, rimaniamo sempre suoi sudditi leali.

Abbiamo a questo proposito l’esempio scritturale di san Paolo che ammonisce pubblicamente san Pietro e gli resiste in faccia quando il principe degli apostoli ha bisogno di una correzione. Come laici, siamo soggetti al papa e ai vescovi e dobbiamo loro la nostra deferenza, il nostro amore filiale, la nostra sottomissione e la nostra obbedienza su questioni che riguardano la loro giurisdizione. Tuttavia, ci viene anche chiesto di custodire saldamente le tradizioni che abbiamo ricevuto e rifiutare qualsiasi vangelo diverso da quello tramandato. Come avverte san Paolo, sia che sia predicato da un successore di un apostolo o da un angelo dal cielo, se il Vangelo è diverso da quello tramandato sia anatema. Come insegna san Tommaso e afferma la tradizione della Chiesa, la correzione pubblica di un superiore da parte del suo inferiore diventa necessaria ogni volta che c’è un pericolo per la fede (II-II q33 a4). Quando ci troviamo, come oggi in questa infelice situazione, tutti noi, in quanto figli e figlie fedeli della Santa Madre Chiesa, siamo incaricati di difendere la sposa immacolata di Cristo. Questo è il nostro sacro dovere. La nostra fede, la salvezza della nostra anima e quella del nostro fratello dipendono da questo. Se vogliamo rimanere membri degni dell’Ecclesia Militans, dobbiamo resistere pubblicamente a tutte le deviazioni dalla nostra Santa Fede. Dobbiamo affrontare e combattere coraggiosamente coloro che attaccano la Chiesa nei suoi insegnamenti perenni, siano essi i nemici folli e pieni di odio che si trovano all’esterno i Giuda traditori che sono al suo interno.

La fede lo richiede, la carità lo esige, Dio lo vuole. Deus vult!

Fonte: onepeterfive

Aldo Maria Valli:
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