L’arlecchinata di Notre-Dame e la scimmia di Dio

di Martino Mora

L’arlecchinata dell’arcivescovo di Parigi, monsignor Laurent Ulrich, vestito con i colori sgargianti degni di un circense mentre inaugurava la riapertura della cattedrale di Notre-Dame [qui un precedente articolo di Duc in altum], è solo l’ennesima dimostrazione di quanto il clero modernista sia caduto nella grottesca parodia di sé stesso.

Nemmeno a carnevale ci si veste così, figuriamoci in chiesa per officiare una messa.

Sono bastati sei decenni dall’apertura al mondo di quel Concilio che scrisse l’Antisillabo perché la sconsiderata rincorsa ipocredente alle mode e al consenso mondano trasformasse la Chiesa vaticansecondista in un simulacro della vera Chiesa cattolica. Vescovi e papi sono divenuti non solo antropocentrici, relativisti, soggettivisti, idolatri (vedi Assisi 1986 e poi pachama 2019), ma pure grotteschi.

Il grottesco strappa un riso, ma è un riso amaro. Dietro il grottesco c’è infatti colui che è chiamato “scimmia” di Dio.

Le contraffazioni, i simulacri artefatti, le copie malriuscite e deformi sono il segno inequivocabile di chi ci sta dietro.

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