Fedeli a Dio Padre, non alla chiesa sinodale
di Fabio Battiston
Vorrei fare due brevi riflessioni dopo aver letto la splendida omelia di monsignor Viganò nell’Ottava del Santissimo Natale [qui su Duc in altum].
La prima si riferisce a un punto nel quale egli scrive: “…oggi una Gerarchia corrotta mostra il suo tradimento nello stesso modo, manipolando il linguaggio, annullando così la parola di Dio (Mc 7, 12)”.
Quella che l’arcivescovo Viganò definisce una “Gerarchia corrotta” è, a mio parere, una realtà estremamente più ampia sia per quantità sia per qualità. Oggi non ci troviamo soltanto di fronte a un papa, con la sua corte cardinalizio-vescovile, che guida un preternaturale progetto di distruzione dell’idea stessa di Dio nell’umanità. L’obiettivo è senza dubbio quello ma la portata dell’esercito, sedicente cattolico, che lavora fattivamente per conseguirlo è assai più sterminata di una pur importante gerarchia clericale. Ciò che nella Nuova Chiesa Universale opera da tempo secondo gli ukase satanici comprende, infatti, vastissime maggioranze in ambito sia sacerdotale sia laicale. È un magma putrescente che ha ormai invaso parrocchie e oratori, seminari e università pontificie, comunicazione/informazione massmediale e plurimediale, teologi, gruppi di preghiera, movimenti più o meno legati alla gerarchia e operanti non solo nella chiesa ma anche nel sociale, nella politica, nell’economia e nel sindacato; per non parlare del ciarpame cultural-intellettualiota, a servizio del despota di Santa Marta, che scava quotidianamente nelle menti e nei cuori di sprovveduti credenti lobotomizzati (che sono una massa di incalcolabile portata) riempiendo le loro povere teste di un guano a presa rapida.
Di fronte a questa innegabile realtà – basta infatti guardarsi semplicemente intorno con un minimo di attenzione per accorgersene – occorre essere forti, decisi e pronti al conflitto. Monsignor Viganò, con la sua vita e la sua azione, sta tracciando una strada che può rappresentare un possibile cammino per ciascuno di noi. L’essere stato scomunicato da questa banda di cialtroni a servizio del maligno dovrebbe rappresentare una medaglia al valore anche per ciascuno di noi, se avessimo la forza di seguire il suo esempio.
Ed è qui che propongo la seconda riflessione. Essa scaturisce dal timore che ciascuno di noi ha, o può nutrire in modo più o meno profondo, di porsi al di fuori del progetto di Salvezza laddove intendesse “sbarcare” da questo vascello temporale da cui, peraltro, san Pietro è stato gettato a mare da tempo. Leggiamo, in proposito, cosa scrive monsignor Viganò nella sua omelia: “Rimanere fedeli alla Parola di Dio significa rimanere fedeli al Vangelo, alla dottrina, alla Tradizione, alla Messa di sempre in cui le parole, pronunciate nella lingua sacra della Chiesa, conservano intatto il loro significato e lo comunicano senza equivoci, come la luce risplende nelle tenebre. Rimanere fedeli alla Parola di Dio, ossia a Dio stesso, significa saper rispondere alla parola con la parola, come fece Maria Santissima accogliendo il saluto dell’Arcangelo Gabriele”.
Il messaggio mi pare estremamente chiaro. La nostra fedeltà è al Verbo che si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; è al Vangelo, all’Immacolata Concezione, alla Comunione dei Santi e a una tradizione bimillenaria in cui alberga quel Depositum fidei che la Nuova Chiesa Universale (e sinodale) non solo ha smesso di custodire ma ogni giorno sta cercando di seppellire nell’immondizia. In questo modo non verrà mai meno, per ognuno di noi, la nostra totale sintonia con il Salus extra ecclesia non est di san Cipriano. Infatti, cosa mai c’entra per un cattolico la vera fedeltà – così ben espressa dalle parole del Monsignore – con il restare pervicacemente all’interno di questa istituzione terrena preternaturale, mantenendo l’obbedienza più cieca ai suoi spudorati diktat (dottrinali, liturgici, pastorali e teologici) e ribadendo fino alla nausea il rispetto/riconoscimento di ruoli (in primis quello dell’attuale usurpatore) i cui titolari si preoccupano quotidianamente di calpestare come meglio non si potrebbe?
Scrolliamoci di dosso questi timori. Lasciamo questa congrega di becchini per meglio combatterli e distruggerli dall’esterno; l’interno, purtroppo, lo hanno già inesorabilmente invaso con le loro metastasi. Rendiamoci conto che – ogni giorno che passa – la nostra convinta appartenenza a questa sorta di mostro, che è la chiesa universal-sinodale, rende la strada da percorrere per la nostra Salvezza sempre più irta di fossati, muri e ostacoli d’ogni genere. Restare fedeli a quest’orrendo mutante ci offre solo un tipo di percorso: la scorciatoia per l’inferno. Andiamocene prima che sia troppo tardi.