Cronache dalla grotta / Un buon profumo
di Rita Bettaglio
La moka gorgoglia sul fuoco basso e il profumo del caffè si spande e sollecita i sensi.
Ci sono odori, più propriamente profumi, che hanno un immediato effetto sull’animo: il sapone, anche quello da bucato, il borotalco, il buon profumo di un neonato. Per non parlare degli aromi che, in un attimo, in un modo quasi magico (ma non c’è niente di magico, solo fisiologia stabilita dall’Altissimo) ti trasportano indietro di anni, e ritrovi persone, situazioni, affetti, specie dell’infanzia.
Se hanno questo potere evocativo i profumi del nostro povero mondo, quanto più sarà beatamente pervasivo il buon profumo di Cristo!
Anche nella grotta è arrivato Natale: nel silenzio l’aria si è rarefatta e le parole si sono smorzate in gola. L’ufficio divino, con le sue antifone e inni, ha riempito ogni anfratto della grotta. Irresistibilmente. Impedendo di pronunciare parole proprie, balbettii in confronto alla potente Parola di Dio.
Una volta un monaco mi disse, come fosse la cosa più naturale de mondo, che il continuo contatto con i salmi, con la parola di Dio, plasma i sentimenti del monaco, finché egli sente in sé ciò che il salmista canta e si trasforma in esso. Assorbe il buon odore di Cristo e lo diffonde senza accorgersene.
“Noi siamo infatti dinanzi a Dio il profumo di Cristo fra quelli che si salvano e fra quelli che si perdono” (2Cor 2,15), dice san Paolo. Noi? Proprio noi? Siamo sicuri? La cosa comincia a prendere una piega impegnativa: noi siamo il profumo di Cristo per gli altri.
Mia mamma buonanima ci raccomandava sempre di mettere qualche goccia di acqua di colonia perché un buon profumo di pulito avrebbe fatto piacere a chi avremmo incontrato. Ed è vero: un buon profumo fa bene agli altri, anche se noi non ci accorgiamo di portarlo.
Così credo sia anche il profumo di Cristo e della Sua santissima Madre. Dice la terza antifona dell’ufficio dell’Assunta: In odorem unguentorum tuorum currimus… Corriamo nella scia odorosa dei tuoi unguenti. Come la sposa del Cantico dei cantici, correremo verso la sorgente del buon profumo, che ci attrae e ci guida.
Gli animali hanno un olfatto molto più sviluppato del nostro e sentono una traccia dove noi non avvertiamo nulla. Chi macina ogni giorno la Parola di Dio, il Salterio, a poco a poco acquista una maggiore sensibilità a tali unguenti. Nell’antichità i profumi non erano su base alcolica, evanescenti come i nostri, ma oleosi e persistenti. Quando andai in Terrasanta comprai un olio al nardo che aveva una fragranza intensissima e pregnante: ungeva, certo, ma permaneva sulla pelle.
Così l’odore di Cristo e i doni dei Magi: fatti per restare e non per dileguarsi come la bruma del mattino o l’erba sui tetti, che prima che sia strappata dissecca.
Per ora dalla grotta è tutto: è arrivata un poco d’influenza. Malanni di stagione che ci mostrano la nostra fragilità.