di Leone Serenissimo
Caro Aldo Maria,
dal momento che Duc in altum ha, fra i suoi indiscutibili meriti, anche quello di essere una casa di cultura, attraverso il presente contributo desidero allacciarmi all’interessante articolo dell’ingegner Felice Vinci [qui] sull’enigma della frase «Pape Satàn, pape Satàn aleppe!» pronunciata da Pluto.
A titolo di curiosità, per chi non lo sapesse, Felice Vinci è autore del libro Omero nel Baltico, che a mio parere costituisce una lettura obbligata per qualunque appassionato di antropologia, mito e letteratura antica.
L’interpretazione che nell’articolo lo studioso fornisce al verso d’apertura del VII canto dell’Inferno dantesco mi ha sbloccato un ricordo lontano.
Durante gli ultimi tre anni del liceo studiavamo la Commedia e in quell’arco di tempo mi capitò di leggere un articolo nel bollettino La Casa Sollievo della Sofferenza. Gherardo Leone, il compianto direttore di questa pubblicazione, dava spazio a una lettera giunta in redazione nella quale il mittente esponeva un’originale spiegazione delle arcane parole pronunciate da Pluto. Essendone rimasto affascinato, credetti opportuno riportare il nucleo di quella singolare lettera al direttore nel mio volume dell’Inferno, nello spazio libero della pagina vicino all’inizio del canto VII.
Ho ripreso in mano quel testo scolastico e vi ho ritrovato il mio scolio. Come sarà possibile constatare, si tratta di una spiegazione semplice, chiara e verosimile, che potrebbe ottenere di diritto un posto all’interno dei tanti e prestigiosi commenti al poema del padre della lingua italiana. Ecco, nella sua integralità, offerto a tutti gli amici di Duc in altum, quello che ormai più di venticinque anni fa avevo prima letto e poi copiato: «Secondo il professor Antonio Peluso il verso è la trascrizione della frase francese Pais pax s’atende, a l’epée! che tradotto in italiano significa Non v’aspettate pace, a le spade! L’Alighieri, discepolo di Brunetto Latini, aveva del resto una certa conoscenza del francese, lingua in auge ai suoi tempi».