di Antonina Sicari
Caro Valli,
in una delle nostre visite alla Madonna di Loreto, glorioso vanto del nostro Piceno, con gran sorpresa (perché forse non avevamo ben capito l’organizzazione dell’odierno giubileo, né tanto meno ce lo aspettavamo) abbiamo trovato la Porta Santa chiusa, sbarrata, inaccessibile. E in basilica niente ricorda al pellegrino che è tempo di indulgenze e che un giubileo è in atto.
Ci informiamo allora via internet sulle Porte Sante nelle nostre diocesi, ma non troviamo niente di speciale. Presenti solo chiese cosiddette “giubilari” nelle quali, scorrendo i vari programmi, non si capisce bene che tipo di devozioni bisogna praticare e come si debba implorare dal Signore lo sconto delle pene meritate.
Eppure a Loreto li ricordo bene certi passati giubilei con quella Santa Porta adornata di sontuose e fiorite corone, quasi a voler dire “Per me si va nell’odoroso paradiso, per me si va nella città felice e nell’eterna gioia”. Ora invece, nel fantasioso e variegato giubileo a firma bergogliana, procedente di sorpresa in sorpresa, di registrazioni, di app e di QR code, più nessun significativo attraversamento, nessun gesto simbolico che interessi lo spirito, tanto che se ti ricordi di vivere un anno unico ti va bene, se no amen e pazienza, ché tanto lassù ci arriviamo todos, todos, todos, senza nemmeno tanto sforzo e neppure tanto affanno.
Ma Lei è sempre là, che dall’ alto del suo altare, nella sua casetta poggiata al suolo senza fondamenta, ci guarda ancora compassionevole. Lei, la nostra cara Mamma, la Santa Madonnina nera, tutt’uno col suo piccolo Gesù.
Il male è invece appena fuori di lì, in un mondo sconquassato e una Chiesa sottosopra ormai dimentichi di tanta Madre e tanto Figlio.
Eppure – e lo crediamo fermamente – sarà il piede di Lei che schiaccerà il nemico e lo svergognerà per sempre.
In fondo, pur nello sconcerto e nello smarrimento, è proprio questo il giubileo della speranza, della nostra speranza.
Che il Signore abbia pietà.