Regalità di Cristo / Per un anno veramente santo, rileggere Meinvielle
Instaurare omnia in Christo
In questo 2025 in cui cadono i cent’anni della Quas primas, l’enciclica di Pio XI sulla regalità di Cristo (11 dicembre dell’anno santo 1925) è bene riproporre il pensiero di padre Julio Meinvielle (1905 – 1973), il sacerdote argentino che alla regalità di Cristo dedicò pagine illuminanti, specie per quanto riguarda il ruolo di noi laici.
Per Meinvielle la verità della regalità universale di Cristo su tutta la creazione e quindi sulla storia è una verità fondamentale della dogmatica cristiana, ma la cosiddetta nuova teologia, piegata al mondo, cerca di oscurarla o abolirla.
La storia è per l’autore argentino il terreno sul quale avviene la disputa tra Cristo e il demonio per il possesso dell’uomo. Ecco perché essa deve essere soggetta al regno di Cristo.
Certamente l’intero corso della storia marcia verso Cristo lungo vie che solo Dio conosce, e il fine sarà raggiunto nonostante l’esistenza di forza anticristiane, ma questa consapevolezza non deve renderci passivi. Occorre che ogni cristiano lavori per la regalità di Cristo e dunque per la civiltà cristiana.
“Civiltà cristiana” non è espressione appartenente a un passato improponibile. Con Pio X possiamo affermare che la civiltà cristiana non ha bisogno di essere inventata o reinventata. Esiste là dove si tiene conto di tutte le aspirazioni che Dio ha posto nel cuore dell’uomo.
I laici, come i chierici, sono chiamati alla santità ed è così che contribuiscono alla costruzione della civiltà cristiana: attraverso la santificazione personale in ogni ambito, dalla famiglia alla politica.
Mediante la santificazione personale il cittadino cristiano costruisce un mondo consacrato a Dio, non all’uomo, e lo fa con le sue scelte concrete. La civiltà cristiana è il risultato dei comportamenti e delle scelte che i cittadini cristiani attuano in armonia con il Vangelo e i comandamenti divini.
Il laico, esattamente come il chierico, pur in uno stato diverso, deve ordinare a Dio l’intera sua vita. Non si tratta di cadere nel clericalismo, ma semplicemente di essere cristiani coerenti. Ed è esattamente così che si costruisce la civiltà cristiana, nella quale la verità dogmatica della regalità di Cristo è riconosciuta e rispettata.
L’unico vero fine degli uomini è Dio. In coerenza con san Tommaso, Meinvielle riteneva che il bene di ogni persona e il bene comune coincidono in quanto entrambi finalizzati al sommo bene che è Dio. Il cattolicesimo, se è davvero tale, non può quindi lasciarsi ridurre al solo ambito della coscienza individuale e del privato.
La recente esperienza della psicopandemia ha permesso a non pochi cattolici di sperimentare la verità di questi concetti, che non sono affatto astratti ma richiedono la coerenza delle scelte concrete nella vita temporale.
Il laico cattolico pur vivendo nel mondo non è del mondo. Il laico cattolico, pur immerso nella realtà del mondo, è orientato a Dio. Ciò non significa cadere nello spiritualismo. Significa rifiutare il materialismo e ribadire l’unità di spirito e corpo.
Il cattolico che per diverse ragioni cede al mondo tradisce Dio e sé stesso. La ricerca della Verità non può sottomettersi al mondo né alla prudenza umana. E il prezzo che si paga fa parte della santificazione.
Padre Meinvielle vide che la società attuale, sempre più materialista, dopo aver respinto Dio avrebbe respinto i valori propriamente umani per ridurre l’uomo a ingranaggio di una macchina pensata per renderlo schiavo.
Rileggere oggi Meinvielle (La città di Cristo e la città dell’Anticristo, Dalla Càbala al Progressismo, Concezione cattolica della politica) può essere un modo intelligente per vivere questo anno santo.