La speranza senza la fede, inganno di Francesco

di Robert Morrison

La virtù teologale della speranza può esistere senza la carità, ma non senza la fede

Ludwig Ott, Fondamenti del dogma cattolico

Il breve commento di Rorate Caeli al libro di Francesco recentemente pubblicato, Hope. The Autobiography (Spera nella versione italiana), si conclude con quella che è forse la riflessione più saggia: «Come potrebbe qualcuno pagare un solo centesimo per sorbirsi l’infinita acredine ipocrita manifestata da quest’uomo?».

Per quanto interessante possa essere in alcuni punti, come la descrizione del conclave del 2013, in ultima analisi il libro è solo una fastidiosa apologia del globalismo anti-cattolico. Vale comunque la pena di esplorare i modi in cui il nuovo libro mette in luce la visione di Francesco sulla speranza senza la fede.

La difesa di Francesco della sua promozione dell’agenda LGBTQ ci mostra un uomo aperto a qualsiasi approccio alla pratica del cristianesimo, indipendentemente da quanto sia contrario alla moralità biblica. Leggiamo: «L’accoglienza, e certamente non il relativismo, né alcun cambiamento di dottrina, è lo spirito e il cuore di Fiducia supplicans, la dichiarazione del Dicastero per la Dottrina della Fede sulla benedizione delle coppie che vivono in situazioni irregolari, che ho firmato nel dicembre 2023. Sono le persone ad essere benedette, non le relazioni. Il documento nasce dal desiderio di non attribuire una situazione o una condizione a tutta la vita di coloro che cercano di essere illuminati e accompagnati da una benedizione. Tutti nella Chiesa sono invitati, anche le persone divorziate, anche le persone omosessuali, anche le persone transgender. La prima volta che un gruppo di persone transgender è venuto in Vaticano se ne sono andate in lacrime, commosse perché avevo preso le loro mani, le avevo baciate. Come se avessi fatto qualcosa di eccezionale per loro. Ma sono figlie di Dio! Possono ricevere il battesimo alle stesse condizioni degli altri credenti e possono svolgere il compito di padrini alle stesse condizioni degli altri, e allo stesso modo essere testimoni di un matrimonio. Nessuna disposizione del diritto canonico lo proibisce».

Sebbene ogni serio cattolico respinga queste vili assurdità, vi potremmo scorgere un’apertura verso tutti coloro che cercano sinceramente di praticare il cattolicesimo. Se Francesco è disposto a benedire “le coppie che vivono in situazioni irregolari”, sicuramente dovrebbe essere disposto a benedire anche coloro che cercano ardentemente di vivere la fede cattolica come è stata insegnata per molti secoli, fino al Vaticano II.

Invece, come sappiamo in base a un’ormai lunga esperienza, Francesco è disposto a tollerare quasi tutto tranne il cattolicesimo vero e proprio. Ne è prova il fatto che nell’autobiografia, nonostante la simpatia manifestata per gli emarginati, il tema dominante è la sua volontà di emarginare chi crede in ciò che la Chiesa ha sempre insegnato prima del Vaticano II. Possiamo vederlo in tre passaggi.

«Da un punto di vista sociologico, è interessante considerare il fenomeno del tradizionalismo, questo “arretramento” che torna regolarmente ogni secolo, questo riferimento a una presunta età perfetta che ogni volta è un’altra età. Nella liturgia, per esempio. Ora è stato stabilito che la possibilità di celebrare la messa in latino, seguendo il messale anteriore al Concilio Vaticano II, deve essere espressamente autorizzata dal Dicastero per il Culto Divino, che lo consentirà solo in casi particolari. Per il motivo che è malsano che la liturgia diventi ideologia. È curioso vedere questo fascino per ciò che non si capisce, per ciò che appare un po’ nascosto, e che sembra interessare a volte anche le giovani generazioni. Questa rigidità è spesso accompagnata da sartoria elegante e costosa, pizzi, guarnizioni fantasiose, rocchetti. Non un gusto per la tradizione ma ostentazione clericale, che poi non è altro che una versione ecclesiastica dell’individualismo. Non un ritorno al sacro ma, al contrario, alla mondanità settaria. Questi modi di vestire a volte nascondono uno squilibrio mentale, una deviazione emotiva, difficoltà comportamentali, un problema personale che può essere sfruttato.”

“Lo Spirito è il paraclito, colui che sostiene e fa compagnia, che è un soffio di vita, non un gas anestetizzante. Un giorno, mentre insegnavo a duecento bambini a San Miguel, uno di loro lo confuse con paralitico e mi fece sorridere… ma è proprio questa la Chiesa che non dobbiamo essere, una Chiesa fissa, congelata. Il nostro compito è certamente discernere, capire cosa ci si chiede oggi, ma sapendo che la rigidità non è cristiana, perché nega questo movimento dello Spirito. La rigidità è settaria. La rigidità è autoreferenziale. La rigidità è un’eresia quotidiana. Scambia la Chiesa per una fortezza, per un castello che si erge alto, che guarda dall’alto in basso con aria distante e presuntuosa il mondo e la vita, anziché viverci dentro».

«I cristiani non sono coloro che vanno indietro. Il flusso della storia e della grazia sale e scende come la linfa di un albero che porta frutto. Senza questo flusso c’è fossilizzazione, e tornare indietro non è mai favorevole alla vita. Non c’è progresso, non c’è movimento. La vita, che sia vegetale, animale o umana, muore. Progresso significa cambiamento, affrontare nuove situazioni, accettare nuove sfide. Vincenzo di Lerino, il santo del V secolo venerato dai cattolici e dai membri della Chiesa ortodossa, scrisse nel suo Commonit órium primum che il dogma della religione cristiana segue queste leggi: progredisce, si consolida con gli anni, cresce con il tempo, si approfondisce con l’età. La comprensione umana cambia nel tempo, e il modo in cui le persone percepiscono ed esprimono sé stesse cambia… E così anche la coscienza umana si approfondisce… La nostra responsabilità è di camminare nel nostro tempo, di continuare a crescere nell’arte di soddisfare i bisogni e di provvedere ad essi con la creatività dello Spirito, che è sempre discernimento in azione. La Chiesa non è certamente un’orchestra in cui tutti suonano la stessa nota, ma un’orchestra in cui ognuno segue il proprio spartito, ed è proprio questo che deve creare armonia. È meraviglioso che fratelli e sorelle abbiano il coraggio di formare le proprie idee, discuterne, dire ciò che pensano: aspirare all’unità non significa uniformità. Poi dobbiamo ancora sederci attorno allo stesso tavolo. Per molti aspetti, si può dire che l’ultimo concilio ecumenico non è stato ancora pienamente compreso, vissuto e applicato. Siamo in cammino e dobbiamo recuperare il tempo perduto. Quando qualcuno mi chiede se è il momento giusto per un nuovo concilio, per un Vaticano III, rispondo non solo che la risposta è no, ma che dobbiamo ancora attuare pienamente il Vaticano II. E dobbiamo spazzare via ancora di più la cultura della cortesia, nella corte papale e ovunque. La Chiesa non è una corte, non è un luogo di consorterie, favoritismi, macchinazioni, né è l’ultima corte europea di una monarchia assoluta. Con il Vaticano II, la Chiesa è diventata segno e strumento per l’unità di tutto il genere umano».

Molte di queste affermazioni sono offensive in modo blasfemo, ma il punto particolarmente malvagio è quello che travisa san Vincenzo di Lerino. Francesco lo cita senza includere il passaggio che in realtà contraddice l’argomento che sta tentando di sostenere. Possiamo vederlo considerando il seguente passaggio del Vaticano I, che cita san Vincenzo per difendere la posizione esattamente opposta a quella che Francesco sostiene: «Infatti, la dottrina della fede che Dio ha rivelato non è stata tramandata alla mente umana come un’invenzione filosofica che debba essere perfezionata, ma è stata affidata come un deposito divino alla Sposa di Cristo, per essere fedelmente custodita e infallibilmente interpretata. Quindi, anche la comprensione dei suoi sacri dogmi, che la Santa Madre Chiesa ha una volta dichiarato, deve essere perpetuamente mantenuta; e non deve mai esserci recessione da quel significato sotto il nome specioso di una comprensione più profonda. Pertanto […] lascia che l’intelligenza, la conoscenza e la saggezza degli individui, di un uomo come di tutta la Chiesa, crescano e progrediscano fortemente con il passare delle età e dei secoli, ma lascia che sia unicamente nel suo genere, vale a dire nello stesso dogma, con lo stesso senso e la stessa comprensione» (Vincenzo di Lerino, Commonitorium, 23, 3).

Che Francesco stia commettendo il suo errore per ignoranza o per malizia, è abbastanza significativo che il suo livore per coloro che seguono ciò che la Chiesa ha sempre insegnato implichi una grossolana interpretazione distorta di san Vincenzo di Lerino. È probabilmente il segno più profondo possibile del diabolico disorientamento in base al quale il presunto papa approva essenzialmente ogni credo religioso diverso dal cattolicesimo.

E veniamo agli attacchi di Francesco alla mascolinità.

«Se noi chierici non capiamo cosa sia una donna e cosa sia la teologia di una donna, non capiremo mai cosa sia la Chiesa. Uno dei grandi peccati che abbiamo commesso è stato quello di mascolinizzarla. La Chiesa ha quindi bisogno di essere demascolinizzata, sapendo, allo stesso tempo, che mascolinizzare le donne non sarebbe né umano né cristiano, poiché l’altro grande peccato è certamente il clericalismo. Non si tratta quindi di cooptare tutte le donne nel clero, di far diventare tutti diaconi nell’ordine sacro, ma di valorizzare il principio mariano, in modo che sia ancora più importante nella Chiesa del principio petrino: Maria è più importante di Pietro, e la natura mistica della donna è più grande del ministero. Come affermato nel documento conclusivo del Sinodo sulla sinodalità dell’ottobre 2024, nel quale ho scelto per la prima volta di non formulare la mia esortazione apostolica, ritenendola immediatamente operativa, non vi sono ragioni che impediscano alle donne di assumere ruoli di guida nella Chiesa: ciò che viene dallo Spirito Santo non può essere fermato. Resta aperta allo studio la questione dell’accesso delle donne al ministero diaconale, riguardo al quale occorre agire con discernimento. Occorre invece favorire in ogni modo la presenza delle donne nella formazione dei nuovi sacerdoti: i seminaristi ne trarranno certamente grande beneficio. È vero che le donne forniscono già un brillante contributo alla ricerca teologica e sono presenti in posizioni di responsabilità nelle istituzioni ecclesiastiche o come guide di comunità, ma occorre dare immediata e piena concretezza a tutte le opportunità offerte, particolarmente laddove restano inattuate».

Non si può dire che Francesco abbia trascurato di mettere in pratica ciò che predica: dalle sue parole e azioni possiamo vedere che ha fatto di tutto per demascolinizzare sé stesso nel modo in cui sostiene la Chiesa. La vera Chiesa cattolica non potrà mai essere “demascolinizzata”, ma la Chiesa sinodale di Francesco ha completato il processo di demascolinizzazione che il Vaticano II ha promosso in numerosi modi. Questo processo va di pari passo con gli attacchi di Francesco al cattolicesimo tradizionale e la promozione dell’agenda LGBTQ.

La trattazione di Francesco circa la virtù teologale della speranza ci aiuta a sintetizzare il suo sostegno all’agenda LGBTQ, il suo disprezzo per il cattolicesimo tradizionale e il suo desiderio di demascolinizzare la Chiesa. In tutta la sua autobiografia, mostra un desiderio genuino di aiutare chi è nel bisogno. Vuole che abbiano pace e speranza, ma apparentemente crede che la fede “rigida” dei cattolici tradizionali rappresenti un ostacolo insormontabile per queste persone che si trovano nel bisogno. Naturalmente si sbaglia, eppure si aggrappa fermamente a questo malinteso.

Con questa mentalità, vede naturalmente il cattolicesimo tradizionale (che è semplicemente il cattolicesimo) come un ostacolo che deve rimuovere. Cerca di rimuoverlo appunto attraverso un processo di demascolinizzazione, e il Vaticano II gli fornisce gli strumenti per farlo.

Quando consideriamo la seguente affermazione relativa a coloro che hanno “le risposte a tutte le domande”, possiamo percepire la profonda antipatia di Francesco verso chi aderisce agli insegnamenti immutabili della Chiesa: «Non serve a nulla dire con assoluta certezza di aver incontrato Dio. Se qualcuno ha le risposte a tutte le domande, questa è la prova che Dio non è con lui. Vuol dire che è un falso profeta, qualcuno che sfrutta la religione, che la usa per sé. Le grandi guide del popolo di Dio, come Mosè, hanno sempre lasciato spazio al dubbio».

In questo brano non usa la parola “fede”, tuttavia essa è il vero oggetto del suo disprezzo. Mentre è certamente vero che della nostra religione non possiamo conoscere tutto con perfetta comprensione, il punto di vista di Francesco suggerisce che dovremmo tutti avere dubbi su ciò che la Chiesa insegna.

Tuttavia, come leggiamo nel libro My Catholic Faith del vescovo Morrow, la nostra fede deve essere ferma e completa: «La nostra fede deve essere ferma e completa, sia certa che onnicomprensiva. Se abbiamo dubbi su qualsiasi questione di fede, considerando punti di vista opposti come potenzialmente veri, allora neghiamo l’autorità di Dio. Se accettiamo alcune verità e ne neghiamo altre, neghiamo Dio del tutto».

Quindi, secondo tutte le indicazioni, Francesco e i suoi collaboratori mancano della virtù teologale della fede. Ma non è possibile avere la virtù teologale della speranza senza la fede: «La virtù teologale della speranza può esistere senza la carità, ma non senza la fede» (Ludwig Ott, Fondamenti del dogma cattolico).

Eppure Francesco suggerisce che “la speranza cristiana è invincibile” e non può essere perduta: «Ma la speranza cristiana è infinitamente più di questo: è la certezza che non siamo nati per morire, che siamo nati per le vette, per godere della felicità. È la consapevolezza che Dio ci ha sempre amati, e ci amerà sempre, e non ci lascia mai soli. L’apostolo Paolo dice:

“Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Sarà forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? Com’è scritto: per amor di te siamo messi a morte tutto il giorno; siamo stati considerati come pecore da macello. Ma, in tutte queste cose, noi siamo più che vincitori, in virtù di colui che ci ha amati” (Romani 8: 35-37). La speranza cristiana è invincibile perché non è un desiderio. È la certezza che siamo tutti in viaggio, non verso qualcosa che vorremmo ci fosse, ma verso qualcosa che c’è già. La speranza non delude mai. L’ottimismo è una risorsa preziosa, un atteggiamento della mente, una qualità del carattere che ci fa propendere verso una visione più positiva delle cose. Ma è comunque qualcosa che può essere tradito. La speranza non può. Dio non può privarci della speranza, perché non può rinnegare sé stesso».

Tutto ciò sembra abbastanza vicino alla verità da poter ingannare gli incauti. Che egli ci creda davvero o meno, la minaccia che Francesco e i suoi collaboratori rappresentano è che convinceranno gli altri che dovrebbero avere una speranza cristiana invincibile anche se non hanno la vera fede cattolica.

È interessante notare che uno dei pochi passaggi degni di nota nell’autobiografia di Francesco è la condanna del modo in cui egli cerca di ingannare gli altri inducendoli a nutrire questa speranza infondata: «Lanza del Vasto, scrittore poliedrico, filosofo, pensatore cristiano e attivista non violento contro la guerra e gli armamenti nucleari, un artigiano della pace, ha osservato che la menzogna peggiore, la menzogna più grande e pericolosa, è la “verità meno uno”. Non la verità, ma la sua apparenza artificiosa, la sua distorsione comica o drammatica: un atteggiamento che rende la falsità credibile, l’errore accettabile, che rende l’inetto arrogante, l’ignorante saggio, l’incompetente potente. Giuda è il maestro del plausibile, il maestro del pettegolezzo. E il pettegolezzo e la plausibilità sono gli oppositori più infidi della verità delle cose. C’è sempre qualcosa di diabolico nel pettegolezzo e nelle false accuse».

Come tutti i bugiardi più pericolosi della storia, Francesco è un maestro nel rendere l’errore plausibile e accettabile per gli incauti. Possiamo pregare per la conversione di Francesco, ma la nostra fede cattolica non ci permette di seguirlo o di guidare altri a farlo.

Cuore Immacolato di Maria, prega per noi!

Fonte: remnantnewspaper

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