Abuso spirituale, caso Rupnik, giusto processo. Sulle carenze del sistema giuridico vaticano
di Vincenzo Rizza
Caro Aldo Maria,
in una recente intervista il cardinale prefetto del Dicastero per la dottrina della fede, Víctor Manuel Fernández, ha riferito che è stato costituito un gruppo di lavoro per studiare “l’abuso spirituale” e per formulare una proposta di una norma che possa chiarirne il perimetro. Oggi tale grave illecito sarebbe punito da una norma generale del Codice di diritto canonico, il canone 1399, per cui: “Oltre i casi stabiliti da questa o da altre leggi, la violazione esterna di una legge divina o canonica può essere punita con giusta pena, solo quando la speciale gravità della violazione esige una punizione e urge la necessità di prevenire o riparare gli scandali”.
Nella stessa intervista, alla domanda “C’è un’urgenza di risolvere il caso Rupnik, per esempio, che è in ritardo?”, il cardinale ha risposto: “In realtà, penso a molti altri casi, alcuni forse più gravi ma meno mediatici. Non possiamo pensare a una nuova legge solo per un caso, perché questo limiterebbe la visione e minerebbe l’obiettività del lavoro. Per quanto riguarda il caso Rupnik, il Dicastero ha completato la fase di raccolta delle informazioni che si trovavano in luoghi molto diversi, e ha fatto una prima analisi. Ora stiamo già lavorando per istituire un tribunale indipendente per passare all’ultima fase attraverso un processo giudiziario penale. In casi come questo è importante trovare le persone più adatte e che accettino”.
Non sono un canonista, ma le dichiarazioni di cardinale meritano qualche considerazione generale.
Trovo positivo che sia allo studio una norma specifica e meglio definita per punire l’abuso spirituale. Il richiamato canone 1399 è, infatti, talmente generico, tanto nella configurazione della fattispecie quanto nella determinazione della pena, che difficilmente passerebbe il vaglio di una Corte costituzionale di qualsiasi paese democratico. La Città del Vaticano non è un paese democratico, ma più volte anche il Santo Padre ha auspicato che il sistema giuridico vaticano si allinei ad alcuni fondamentali principi giuridici condivisi tanto nei sistemi di civil law che in quelli di common law. L’auspicio, tuttavia, non sempre ha trovato corrispondenza negli atti del pontefice, come hanno mostrato alcune vicende relative al processo al cardinale Becciu e la stessa decisione di derogare alla prescrizione nel caso Rupnik.
Il cardinale Fernández, ancora, non mi pare sia un giurista e pertanto alcune sue affermazioni potrebbero essere tecnicamente imprecise.
In effetti laddove riferisce, sul caso Rupnik, che “non possiamo pensare a nuova legge solo per un caso”, ha certamente ragione, ma non chiarisce se la nuova norma allo studio sarà applicabile anche al gesuita o se varrà per altre ipotesi.
In realtà, se trovassero applicazione i richiamati principi giuridici, ai sensi del principio di irretroattività, la norma speciale successiva non dovrebbe essere applicata a reati commessi prima della sua entrata in vigore, salvo la nuova norma non sia più favorevole al reo, ad esempio se preveda una pena più lieve (principio del favor rei).
Quando, poi, accenna al fatto che “stiamo già lavorando per istituire un tribunale indipendente per passare all’ultima fase attraverso un processo giudiziario penale. In casi come questo è importante trovare le persone più adatte e che accettino”, emerge un’altra evidente carenza del sistema giuridico vaticano laddove sembra eluso uno dei principi fondamentali del diritto, quello per cui il giudice deve essere precostituito per legge. Tale principio vuole evitare che le autorità possano creare tribunali speciali ad hoc, assicurando così, per quanto possibile, un sistema giuridico equo e imparziale. L’ammissione per cui si sta lavorando per istituire un “tribunale indipendente” e per trovare “le persone più adatte”, sembra confermare proprio l’istituzione di un tribunale ad hoc, lasciando spazio a margini enormi di discrezionalità (contra ma anche pro reo) per chi sta selezionando i giudici.
Non è certo il modo migliore per garantire un giusto processo e per assicurare l’indipendenza dell’organo giudicante.
___________________________
Nella foto, il cardinale Víctor Manuel Fernández