di Investigatore Biblico
Pubblico questo messaggio che, pervenutomi da un lettore del blog Duc in altum di Aldo Maria Valli (che ringrazio), mi dà l’opportunità di spiegare meglio il versetto di Lc 1,2.
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Caro Valli,
una questione da sottoporre all’attenzione del suo preziosissimo consulente.
Ieri per caso sono andato alla messa novus ordo, mentre ormai da anni vado alla messa vetus ordo. Già il fatto che ieri fosse la “giornata della parola” (intesa certamente come libro scritto more protestantico) mi ha indisposto parecchio, ma tant’è.
Il vangelo Luca secondo la traduzione Cei 2008 (1 1-4; 4, 14-22) in italiano diceva così al versetto 2: “… coloro che ne furono testimoni fin da principio e divennero ministri della Parola…”.
L’incomprensibilità di cosa si voglia intendere con la maiuscola, ma soprattutto di cosa si possa capire ascoltando, dato che la maiuscola non si sente, è evidente. Chi ascolta intende il libro (o qualcosa di scritto), che non era ancora stato scritto (per l’appunto, se non da Paolo), ma chi legge sa che non può essere, poiché legge con la maiuscola. Ma Verbum è più espressione di Giovanni, e Luca non la usa.
Ora in latino almeno l’espressione “ministri verbi” potrebbe essere tradotto con “che ne curarono la diffusione orale”?
L’ambiguità e la confusione iniziano da subito.
Al suo esperto l’analisi.
Grazie
Luca Modenese
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Ed ecco la mia risposta
La traduzione dei Vangeli non è mai un’operazione neutrale. Ogni scelta di parole può influire profondamente sul significato trasmesso tanto al lettore quanto all’ascoltatore. Un esempio interessante è il versetto 2 del prologo del Vangelo di Luca (1,2), proclamato nella messa novus ordo secondo la versione Cei 2008. La traduzione italiana recita: “…coloro che ne furono testimoni fin da principio e divennero ministri della Parola…”.
Questo versetto deriva dall’originale greco “ὑπηρέται γενόμενοι τοῦ λόγου” (hypēretai genomenoi tou logou), ma nella traduzione latina della Vulgata san Girolamo utilizza l’espressione “et ministri fuerunt sermonis”. È una scelta che introduce una differenza rilevante e merita di essere analizzata con attenzione.
Nel testo greco originale di Luca 1,2 troviamo la frase “ὑπηρέται γενόμενοι τοῦ λόγου”, che può essere scomposta così:
- ὑπηρέται (hypēretai) significa “servitori” o “ministri”, con l’idea di un ruolo subordinato e di servizio.
- γενόμενοι (genomenoi) è participio che si traduce “essendo divenuti” o “essendo stati resi”.
- τοῦ λόγου (tou logou) è il genitivo di λόγος (logos), che può indicare “parola”, “messaggio”, “discorso” o “insegnamento”.
Una traduzione letterale sarebbe quindi “divenuti ministri del logos”.
Ma cosa significa qui logos? Non sembra riferirsi al “Verbo” in senso giovanneo (come in Giovanni 1,1), né a un testo scritto, visto che al tempo di Luca il messaggio cristiano era ancora trasmesso principalmente in forma orale. Piuttosto, logos indica il messaggio cristiano, tramandato dai testimoni oculari e annunciato dagli Apostoli.
San Girolamo, nella sua traduzione latina, sostituisce logos con sermonis, scegliendo un termine che evidenzia il carattere orale del messaggio cristiano.
- Sermo in latino significa “discorso”, “messaggio” o “conversazione”. A differenza di verbum, che nella tradizione giovannea è associato al Verbo divino, sermo richiama un contenuto trasmesso a voce.
- Traducendo con “et ministri fuerunt sermonis”, Girolamo sottolinea il carattere orale della trasmissione del Vangelo, evitando fraintendimenti che potrebbero legare logos al Verbo o alla Parola scritta.
Questa scelta mantiene il focus sulla proclamazione del messaggio cristiano così com’era vissuto nei primi decenni della Chiesa: affidato alla predicazione diretta e non ancora fissato in forma scritta.
La versione Cei 2008 traduce logos con “Parola”, accompagnata da una maiuscola che introduce un’ambiguità teologica. Questo termine può infatti essere frainteso in almeno due modi:
- La Parola come Scrittura: l’ascoltatore potrebbe pensare alla Bibbia come a un testo scritto, un riferimento che però non è storicamente plausibile nel contesto di Luca.
- La Parola come Verbo divino: una comprensione che richiama il prologo di Giovanni, ma che non corrisponde all’intento lucano.
In entrambi i casi, la traduzione Cei rischia di sovraccaricare il testo di significati impropri. Al contrario, la resa latina con sermonis evita ambiguità, sottolineando chiaramente che si tratta di un messaggio orale tramandato dai testimoni.
Per restituire il senso del testo greco, sarebbe opportuno adottare una traduzione che metta in evidenza il carattere orale e proclamativo di logos. Ad esempio:
- “…coloro che ne furono testimoni fin da principio e divennero servitori del messaggio…”
- “…coloro che ne furono testimoni fin da principio e si dedicarono alla trasmissione del discorso…”
Queste versioni evitano fraintendimenti, rispettando il contesto storico e il significato originale di logos, che qui non è né il Verbo giovanneo né un testo scritto, ma il messaggio cristiano annunciato a voce.
Nel contesto della Giornata della Parola, proclamare “ministri della Parola” potrebbe facilmente essere interpretato come un riferimento esclusivo alla Scrittura, rafforzando una lettura di stampo protestante.
Tuttavia, l’intento di Luca è diverso: egli mira a presentare una tradizione orale affidabile, basata sulla testimonianza diretta di chi visse gli eventi della vita di Gesù. La scelta di san Girolamo di tradurre logos con sermonis rispetta questa prospettiva, evidenziando che il messaggio cristiano non era inizialmente ancora un Libro, ma un annuncio vivo e proclamato.
La traduzione Cei di Luca 1,2, pur comprensibile, rischia di allontanarsi dal significato originale del testo greco e dalla lettura proposta dalla Vulgata. Recuperare l’idea di logos come “messaggio” o “discorso” permetterebbe una comprensione più fedele del testo, eliminando ambiguità teologiche e valorizzando il ruolo fondamentale della trasmissione orale nei primi tempi della Chiesa.
In questo modo, potremmo riconoscere pienamente l’intenzione di Luca: quella di raccontare un annuncio fondato su testimonianze vive, rese credibili dai “servitori del messaggio” che ne hanno garantito la diffusione.
Fonte: investigatorebiblico.wordpress.com