Bergoglio, l’ideologia “woke” e l’odio verso Trump

Argomento di primo piano è la lettera senza precedenti ai vescovi degli Stati Uniti, nella quale papa Francesco attacca la politica contro l’immigrazione illegale e invita i cattolici a fare altrettanto. Un attacco del tutto politico a Trump, dimenticando che Biden e Obama si comportarono ben peggio con gli immigrati.

A papa Francesco il presidente degli Stati Uniti Donald Trump non piace, tanto che perfino la recente nomina del cardinale Robert W. McElroy  a nuovo arcivescovo di Washington è stata vista come uno sgarbo al nuovo presidente. Ma un attacco così diretto come quello contenuto nella lettera ai vescovi americani sull’immigrazione, datata 10 febbraio, è assolutamente inedito. La risposta della Casa Bianca è stata rapida, con lo “zar delle frontiere” Tom Homan che ha affermato che papa Francesco dovrebbe “concentrarsi sulla Chiesa cattolica e lasciare che siamo noi a occuparci delle frontiere”. Il papa “vuole attaccarci perché proteggiamo i nostri confini? Ma lui ha un muro attorno al Vaticano, non è vero?”.

L’obiettivo esplicito della lettera è “l’avvio di un programma di deportazioni di massa” che “è in atto negli Stati Uniti” e verso il quale il Papa esprime il suo “aperto dissenso” invitando tutti i vescovi e i cattolici americani a fare altrettanto, vivendo “in solidarietà e fraternità”. Cosa che la Chiesa americana fa da decenni promuovendo progetti di aiuto agli immigrati che – forse il Vaticano non lo sa – sono finanziati quasi interamente dal governo americano. Francesco fa appello non solo al rispetto della “dignità infinita di tutti”, ma anche al principio secondo cui l’espulsione degli immigrati clandestini è lecita solo se questi hanno commesso “crimini violenti o gravi durante la loro permanenza nel Paese o prima del loro arrivo”. Quest’ultimo principio è quantomeno discutibile, dato che l’ingresso illegale, come ogni violazione della legge, richiede una sanzione e una riparazione. È altrettanto grottesco che il sovrano dello Stato del Vaticano, che lo scorso dicembre ha approvato nuove norme che inaspriscono le pene detentive e le multe per chi entra illegalmente nel suo territorio, assuma questa posizione.

L’immigrazione clandestina è stato uno dei temi più caldi della campagna elettorale e Trump – come è nel suo stile – ha usato toni forti e anche nelle prime settimane alla Casa Bianca ha fatto dimostrazioni discutibili sull’immigrazione, come l’esposizione di video che mostrano decine di immigrati clandestini ammanettati durante l’operazione di rimpatrio o il trasporto a Guantanamo. Ma Trump sta facendo esattamente ciò che hanno fatto prima di lui le amministrazioni Biden e Obama. Forse sorprenderà scoprire che il record di espulsioni e rimpatri appartiene alla presidenza Biden: 4,44 milioni di persone rimpatriate solo nei primi due anni della sua presidenza, più dell’intera precedente amministrazione Trump, che aveva raggiunto quota 3,13 milioni, cifra addirittura inferiore ai 3,16 milioni di rimpatri effettuati durante la presidenza di Barack Obama. Ma anche solo in termini di rimpatri forzati, Biden ha fatto peggio di Trump nel suo primo mandato; e l’anno fiscale 2024 ha visto un numero record di deportazioni forzate, con 271 mila immigrati clandestini allontanati dai confini, rispetto ai 267 mila del 2019, il picco dell’era Trump I. L’anno record è stato il 2014, con 316 mila deportazioni forzate sotto il presidente Obama. Trump II potrebbe stabilire nuovi record, ma per ora questi sono i numeri. E in tutti questi casi non si è mai sentita una parola di critica quando a “deportare” erano amici democratici.

Né c’è mai stata una lettera di papa Francesco ai vescovi americani che stigmatizzasse la diffusione universale dell’aborto gratuito da parte dell’amministrazione Biden, che ne aveva addirittura fatto una bandiera in campagna elettorale. Papa Francesco ha messo in una posizione difficile quei pochi vescovi americani che hanno avuto il coraggio, in conformità con il diritto canonico, di negare la comunione ai politici che sostengono l’aborto. Come nel caso dell’arcivescovo di San Francisco, Salvatore Cordileone, che negò la comunione all’allora presidente della Camera dei rappresentanti, Nancy Pelosi. Biden e Pelosi, abortisti fanatici, sono sempre stati ben accetti in Vaticano, trattati come buoni cattolici, e guai a chi nega loro la comunione! E non parliamo nemmeno di genere e della promozione del programma LGBT, una priorità per Biden in politica estera.

Il vero problema di fondo è che ogni volta che il papa interviene su questioni sociali e politiche dà l’impressione di essere molto di parte. Anziché riferirsi a criteri e valori ultimi a cui tutti devono guardare, entra nell’arena del conflitto sostenendo alcuni contro altri e viceversa, mantenendosi sempre sul piano orizzontale e adattando le citazioni bibliche e la Dottrina sociale della Chiesa alle proprie convinzioni.

Infovaticana ci propone un interessante articolo sull’argomento: La lettera di Bergoglio ai vescovi americani, un uso politico e ideologico del titolo di Papa di Jaime Gurpegui: “La lettera di Francesco ai vescovi americani non è un documento pastorale, ma un manifesto ideologico. Non distingue tra carità cristiana e politica migratoria, non tiene conto del diritto dei popoli a preservare la propria identità e sicurezza e riduce il Vangelo a uno slogan umanitario. Il problema non è che il papa parla di migrazioni. Il problema è che lo fa con una retorica che disarma i fedeli e assolve dalle responsabilità i governanti che hanno permesso il caos migratorio. La Chiesa non può diventare una branca dell’Onu e la teologia non può essere ridotta a uno strumento per approvare le politiche”.

Sulla pagina gemella Infocatólica scopriamo poi che sotto Biden gli Usa hanno promosso l’inclusione delle donne in posizioni di leadership in Vaticano: “Il rapporto Integrated Country Strategy, approvato il 22 aprile 2022 dall’amministrazione Biden, mira al sostegno economico degli Usa alle iniziative ecologiche in linea con l’enciclica Laudato sì’, nonché alla promozione dell’inclusione delle donne in posizioni di leadership in Vaticano». “Il rapporto, che non è segreto ma pubblico, rileva che, sebbene le donne all’interno della Chiesa cattolica svolgano un ruolo chiave in settori quali l’assistenza sanitaria, l’istruzione e l’impegno umanitario, storicamente è stato loro negato l’accesso a posizioni di autorità nella gerarchia ecclesiastica” e sottolinea la rigidità del Vaticano sulle questioni di genere. Per sostenere questi sforzi, la strategia dell’ambasciata prevedeva l’assegnazione di risorse finanziarie per progetti ambientali, tra cui programmi di sostenibilità e cooperazione scientifica sulle tecnologie verdi.

Stiamo iniziando a scoprire troppe cose che indicano che molte delle decisioni di papa Francesco sono controllate a distanza e finanziate dai mille rami della rete Woke.

Fonte: infovaticana.com

 

 

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