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Il flop giubilare nella Roma bergogliana

Il sito argentino Caminante Wanderer pubblica questa lettera che ho tradotto per Duc in altum.

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di Guido della Rovere

Caro Wanderer,

poiché so che lei e i suoi lettori siete interessati, vi invio un breve resoconto del mio viaggio a Roma.

Mi aspettavo, come il governo e i negozianti della città, che a quest’ora Roma sarebbe stata piena di pellegrini venuti per il Giubileo, gente che si sarebbe unita alle solite folle di turisti. Be’, né l’uno né l’altro. Roma è vuota e, soprattutto, vuota di pellegrini. Tutti concordano sul fatto che l’anno scorso in questo periodo c’erano molte, molte più persone in coda per entrare nella basilica di San Pietro o per visitare le altre chiese.

È triste e persino patetico vedere in piazza San Pietro una serie infinita di recinzioni tortuose, poste per dare ordine a una massa di pellegrini che non c’è. Credetemi: nonostante abbia trascorso dieci giorni a Roma e abbia vissuto a due passi dalla basilica, non ho mai visto nessuno in mezzo a quelle transenne tortuose. Io stesso, tutte le volte che sono entrato nella basilica, o non ho dovuto fare la fila o ne ho fatta una di pochi minuti. L’anno scorso, tuttavia, l’attesa non era mai inferiore ai quaranta-cinquanta minuti. Quest’anno non ho mai dovuto fare la fila nemmeno per attraversare la Porta Santa, né a San Pietro né a Santa Maria Maggiore. E gli organizzatori del Vaticano volevano perfino richiedere la registrazione e i codici QR per questa procedura!

In certi giorni ho visto gruppi di pellegrini – tutti provenienti da diocesi italiane – avvicinarsi alla basilica con devozione, ma erano pochi. Sono consapevole che siamo in bassa stagione e che questa fosca situazione forse cambierà con l’inizio dei mesi primaverili ed estivi. Ma non ne sono sicuro.

In realtà non c’è alcun motivo per cui i fedeli devoti alla gerarchia debbano venire a Roma per il giubileo. Se la Chiesa ha deciso che il suo ruolo è quello di proteggere i migranti, salvaguardare il pianeta e offrire rifugio a coloro che hanno un’identità sessuale problematica, non ha molto senso andare a Roma per ottenere l’indulgenza giubilare. Indulgenza? Ma se, come ha detto papa Francesco, l’inferno è vuoto e il purgatorio, per buona parte dei vescovi, non esiste, questa è solo una questione medievale. Il giubileo ha perso ogni significato.

L’immagine a cui i romani hanno assistito durante la cerimonia di apertura della Porta Santa è stata questa: Francesco ha aperto solo due delle porte sante, quella di San Pietro e, come novità, un’altra in un carcere, inviando dei delegati ad aprire le altre tre: a Santa Maria Maggiore, a San Paolo fuori le Mura e nella sua cattedrale, San Giovanni in Laterano. A San Pietro è rimasto seduto sulla sedia a rotelle, senza mitra né piviale, limitandosi a bussare alla porta che si è aperta dall’interno. Tuttavia, più o meno in quegli stessi giorni ha consacrato vescovo uno dei suoi protetti e lì si è dimostrato energico e dinamico. È chiaro agli osservatori che il Giubileo costituisce un fastidio per il Santo Padre.

Anche il fatto che il secondo anniversario della morte di papa Benedetto XVI non sia stato celebrato ufficialmente ha creato un’impressione negativa. C’è stata una messa in San Pietro, officiata dal cardinale Müller, ma si è trattato di un’iniziativa privata, ostacolata dalle autorità della basilica. Il primo anniversario fu celebrato con una certa solennità, con la partecipazione dei membri del coro della Cappella Sistina, che offrirono gratuitamente i loro servizi, ma questa volta hanno rifiutato di farlo a causa delle critiche ricevute.

Uno degli argomenti più discussi negli ambienti tradizionalisti è la visita apostolica in corso alla Fraternità San Pietro, di cui non si sa nulla e che non promette nulla di buono. I padri della FSSP non sono noti per la loro sagacia o la loro cavalleria. Stenderò un velo di pietà su tutti i tradimenti e gli atti miserabili che hanno commesso in questi mesi verso i loro amici con l’ingenuo proposito di ingraziarsi Francesco, cosa che certamente non accadrà. La previsione è che i sacerdoti saranno obbligati a concelebrare con il vescovo diocesano nel giovedì santo e che nei loro seminari dovrà essere celebrata periodicamente la Messa di Paolo VI. Vedremo. Per ora non sono altro che voci.

Un altro argomento che inevitabilmente emerge nelle conversazioni in ambienti privati, o non tanto privati, è il prossimo conclave che inevitabilmente si avvicina, ma nessuno sa quando avrà luogo. Alcuni celebrano il fatto che papa Francesco sia vissuto così a lungo perché ha permesso, prima di tutto, che tutta la sporcizia nascosta nella Chiesa venisse alla luce e che i frutti del Concilio venissero visti per quello che sono realmente: non più maturi, ma marci. In secondo luogo, perché ha dato tempo allo spostamento a destra che il mondo sta vivendo e che senza dubbio avrà ripercussioni sui criteri di scelta del prossimo pontefice. In effetti, il cardinale Burke è seguito con interesse dai suoi colleghi cardinali, non tanto come possibile candidato quanto come consigliere, data la sua vicinanza all’ambiente conservatore americano.

D’altro canto, come lei ha spiegato a volte nel suo blog, alcuni analisti ritengono che sia un errore attribuire a papa Francesco decisioni perfettamente calcolate e giustificate ideologicamente. Lui stesso ha affermato nella sua ultima autobiografia che uno dei suoi difetti è quello di prendere decisioni affrettate e senza pensarci troppo. E questo vale anche per la selezione dei cardinali. È sbagliato pensare che scelga solo bergogliani. Fondamentalmente sceglie quelli che gli piacciono, o quelli la cui elezione infastidisce gli altri, senza preoccuparsi troppo della concentrazione di bergoglismo che hanno nel sangue. E gli esempi sono molteplici. Ne citerò solo uno: ha creato cardinale un sacerdote che lavorava alla Segreteria di Stato – un indiano di rito siro-malabarese – e si occupava di organizzare i suoi viaggi: George Jacob Koovakad. Lo ha conosciuto, lo ha visto spesso, gli è stato simpatico e lo ha fatto cardinale, benché fosse un semplice verbalizzatore e, per giunta, giovane. Qualcosa di davvero medievale. E si noti che questo sacerdote è piuttosto conservatore ed è un uomo di fede. Un caso fra i tanti.

Quindi, anche se il bergoglismo cesserà di esistere nel momento stesso in cui Francesco esalerà l’ultimo respiro, potremmo avere delle belle sorprese nel prossimo conclave.

A ogni modo, per ammazzare le ore di attesa a Fiumicino, ho deciso di scrivere a mano libera questa cronaca, che spero troverete interessante.

 

 

Aldo Maria Valli:
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