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Cattolici in politica / Un vescovo e la solita aria fritta. Camminare per andare dove?
di Stefano Fontana
Il vescovo di Catania, monsignor Luigi Renna, è anche il presidente del Comitato scientifico organizzatore delle Settimane sociali dei cattolici italiani. In questa veste, sabato scorso 14 febbraio, è intervenuto al convegno della Rete di Trieste, iniziativa che si rifà allo “spirito” della Settimana sociale di Trieste del luglio 2024 e che raccoglie un certo numero di amministratori locali cattolici. Ho scritto molte cose su questa Settimana e sulle successive iniziative politiche che ad essa si ispirano, ora vorrei proporre qualche osservazione sul discorso del vescovo Renna [se ne veda una sintesi qui].
Esso ripropone tutto il repertorio caro all’episcopato italiano di oggi, un insieme di proposte tutte concentrate sul “camminare insieme” e sul principio “fratelli tutti” che non definiscono e non chiariscono alcunché, limitandosi a chiedere ai cattolici di partecipare, “darsi da fare”, rimboccarsi le maniche” senza indicare con chiarezza quali debbano essere per loro le finalità di questa partecipazione. Monsignor Renna non ha inventato niente in questo discorso, ha solo ripetuto ancora una volta quando si sente dire abitualmente dal presidente della Cei cardinale Zuppi e poi a cascata e per inerzia da altri vescovi, in completa assenza di posizioni discordanti o correttive o anche solo problematiche.
La Rete di Trieste, secondo Renna, è addirittura una “sorpresa dello Spirito”, infatti – aggiunge – non era stata prevista. Forse non era stata prevista da lui, ma per la vasta équipe che ha guidato la fase preparatoria della Settimana sociale, poi il suo svolgimento e, quindi, il suo lascito, non è certo una “sorpresa”. È stato abbastanza documentato che questa equipe era organica al Partito democratico, proveniva dall’associazionismo cattolico progressista come l’Azione cattolica, le Acli o Sant’Egidio, e comunque era di area liberal. Basta vedere i nomi. Non credo si possa dire che si tratti di una “sorpresa” e men che meno “dello Spirito”. Il gruppo trainante della Settimana sociale e del dopo-Settimana sociale non si è mai impegnato a difesa dei principi fondamentali della Dottrina sociale della Chiesa o del semplice diritto naturale, né in Italia né in Europa. È strano pensare che lo Spirito si accontenti che i cattolici partecipino, indipendentemente dai contenuti della loro partecipazione. Con lo Spirito bisogna andarci piano e maneggiare la cosa con cura.
Il vescovo Renna parla di “bene comune” come scopo della partecipazione e di Dottrina sociale della Chiesa come criterio. Questa dottrina è però un corpus strutturato e non un generico invito ad aiutare il prossimo e a favorire buone relazioni sociali. È un corpus che unifica solo se divide, divide unificando o unifica dividendo, non mette tutti e tutto sullo stesso piano, i suoi principi, criteri e direttive non sono aperti a tutte le soluzioni solo perché siamo “fratelli tutti”, proteggono dalla penetrazione delle ideologie mondane, propongono il positivo ma condannano anche il negativo, vietano di collaborare con tutti, non danno per scontato il pluralismo della presenza cattolica in tutti i partiti, chiedono ai cattolici di dire anche dei “no” anche a costo di cessare di partecipare perché la partecipazione non è un assoluto. Ora, va riconosciuto che da tempo i vescovi italiani non presentano più la Dottrina sociale della Chiesa nella sua vera natura. I cattolici non la conoscono perché la Chiesa non gliela insegna. Viene proposta come un generico appello alla solidarietà e alla collaborazione con tutti. Come un invito a non chiudersi nel privato, senza però dire in modo chiaro cosa si deve fare in pubblico.
Due osservazioni comprovano questo scenario. La prima è che monsignor Renna parla di “valori” da perseguire, indicandoli nella “difesa dell’embrione, della vita, del lavoro, dei migranti”. Non c’è però equivalenza tra i primi due e gli altri. L’impegno cattolico non può essere uguale nel campo della difesa della vita o in quello della gestione dei migranti, altrimenti la confusione continuerà imperterrita. La difesa della vita dall’aborto di Stato ha carattere assoluto perché assoluto è il divieto di non uccidere l’innocente. Il lavoro o le migrazioni possono invece essere governate in vari modi. Purtroppo, anche papa Francesco non rispetta questa logica interna alla morale cristiana, come successo nella recente Lettera ai vescovi americani di condanna delle politiche migratorie del presidente Trump. Tra i valori c’è una gerarchia, alcuni di essi non sono solo valori ma anche e prima di tutto principi e per di più non negoziabili. Questa dottrina manca completamente nel discorso del vescovo Renna e quindi tutto viene mescolato. Il cattolico impegnato in un partito favorevole all’aborto può giustificarsi dicendo che però quel partito è a favore del lavoro. Il vescovo Renna vuole l’unità e vuole che si persegua non contrapponendo i vari valori, ma impegnandosi tutti per tutti i valori. Così però nasce una marmellata indistinta che non favorisce per niente l’unità ma il pluralismo esasperato, pluralismo che poi ha effetti di ritorno anche nella concezione della Chiesa e della fede.
La seconda osservazione è che la presenza dei cattolici in tutti i partiti ma uniti sui valori era stata già sperimentata dal cardinale Ruini ed era fallita. In parlamento i cattolici dei diversi partiti non si sono mai uniti tra loro a difesa delle esigenze della Dottrina sociale della Chiesa, figurarsi se lo possono fare ora che i valori di riferimento si intendono come equivalenti tra loro, liquidi e privi di una architettura come invece la Dottrina sociale della Chiesa vuole.
La Rete di Trieste, si potrebbe dire, vuole essere solo una forma di collaborazione dal basso nelle amministrazioni locali. Il parlamento e le leggi non c’entrano. Però quanto ho finora detto vale anche a livello locale perché ormai anche a quel livello sono presenti i grandi temi della politica nazionale e mondiale. Certamente tutti ricordano quando i comuni creavano i registri per il fine vita o quando registravano all’anagrafe matrimoni tra persone omosessuali celebrati all’estero, ben sapendo di andare contro la legge e per creare dei precedenti a sviluppi legislativi successivi. Cose analoghe avvengono oggi in tema di suicidio assistito, oppure di progetti gender nelle scuole. In ambito locale non si pensa solo alle strade o alla raccolta dei rifiuti, anche qui si fanno scelte che riguardano non solo i valori ma anche i principi. In ogni caso, anche se in quel certo comune non si portassero avanti politiche problematiche, anche solo aderire ad un partito che in sede nazionale è portatore di istanze contrarie al diritto naturale è sbagliato. Purtroppo, i vescovi non dicono più che non è lecito aderire ad un partito che nel suo statuto contempli nero su bianco di volere l’aborto di Stato o il suicidio assistito. Danno per scontato, anzi per cosa buona, il pluralismo cattolico nei partiti e ciò è sbagliato anche quando avviene a livello locale.
Purtroppo, monsignor Renna non ha saputo trattenersi dal benedire le due principali ideologie politiche del momento, l’ecologismo del “grido della terra” e l’europeismo. Siccome il vescovo ha citato anche le Beatitudini evangeliche, non vorrei – ma è quasi certo che così sia avvenuto – che qualcuno abbia pensato che queste coincidano con l’impegno per la lotta al riscaldamento globale antropico o per puntellare questa Unione Europea in dissoluzione. Ha anche fatto addirittura riferimento al discorso di Mattarella a Marsiglia. Tutte cose che con la Dottrina sociale della Chiesa non hanno nessuna relazione.
Fonte: vanthuanobservatory