Sui corvi e il papa

In questi giorni leggo che i corvi svolazzano sopra il Gemelli. Chi sarebbero i corvi? Sarebbero quelli che parlano di un papa moribondo, se non morto, e che inventano notizie allarmistiche, come la storia dell’estrema unzione o quella delle guardie svizzere allertate o della Rai che si prepara a edizioni speciali.

Vediamo di mettere un po’ d’ordine.

Ho fatto il vaticanista alla Rai per tanti anni e mi sembra del tutto naturale che ci si prepari a edizioni speciali. Ai miei tempi – parlo dei tempi di Giovanni Paolo II – eravamo praticamente sempre in stato di pre-mobilitazione e dovevamo costantemente aggiornare i “coccodrilli”, come vengono chiamati in gergo i servizi da tenere pronti in caso di morte del papa. Facevamo riunioni per stabilire dove e come saremmo andati in onda. Chiamavamo i possibili ospiti e chiedevamo loro di tenersi pronti in qualsiasi momento. Il sottoscritto non poteva prendersi vacanze (figuriamoci) e l’intera macchina era sempre sotto pressione, così da mettersi in moto con tempestività. Eravamo “corvi”? No, semplicemente facevamo il nostro mestiere di giornalisti, e sono certo che oggi i miei colleghi impegnati sul campo stiano facendo esattamente lo stesso.

Quanto all’estrema unzione, ho l’impressione che si parli senza sapere. Si tratta di un sacramento amministrato al malato (attenzione: a ogni malato che lo desideri, non necessariamente grave o moribondo) e da un bel po’ di tempo non si chiama più estrema unzione bensì unzione degli infermi. Con la sacra unzione, la Chiesa raccomanda il malato perché il Signore ne alleggerisca la sofferenza ma soprattutto perché unisca l’infermo a Gesù sofferente. In primo piano c’è la salute dell’anima, ma la Chiesa ritiene che questo sacramento, se Dio lo vuole, possa aiutare anche il recupero della salute fisica.

Guardie svizzere. Come nel caso della Rai, come stupirsi che i soldati del papa siano stati messi in pre-allarme? Bisognerebbe stupirsi del contrario. E lo stesso vale per il corpo della gendarmeria vaticana. Senza arrivare a pensare alla morte del papa (che comunque richiede l’applicazione di procedure che non possono essere improvvisate), anche il solo fatto di dover gestire un papa convalescente richiede, da parte delle forze di sicurezza, uno stato di mobilitazione speciale.

Infine due righe sulla comunicazione vaticana. Ai miei tempi (ormai parlo come un vecchio, ma il fatto è che sono vecchio) c’era Joaquín Navarro Valls, e l’intera comunicazione vaticana passava da lui. Non c’erano altri uffici, né altri funzionari. Navarro aveva un filo diretto quotidiano con l’appartamento papale e ogni sua parola riferita ai giornalisti accreditati era il frutto di questo contatto diretto.

Ricordo che una volta, quando gli chiesi quale fosse la principale difficoltà nello svolgimento del suo delicato lavoro, mi disse: “Nessuna difficoltà, fino a quando avrò questo” e mi mostrò il telefono che c’era accanto alla sua scrivania: il telefono con il quale comunicava direttamente, e frequentemente, con l’appartamento papale.

Ora i responsabili della sala stampa della Santa Sede questo filo diretto con Santa Marta non ce l’hanno, e si vede. Ne deriva una comunicazione spesso lacunosa, frammentaria o tardiva, che lascia troppo spazio alle ipotesi e alle voci.

Non che Navarro fosse un genio, o che un tempo non ci fossero le voci (che ci siano è inevitabile), ma la gestione di Navarro, con la sua autorevolezza, consentiva di limitarle e di non cadere nella confusione totale.

Quando il papa era al Gemelli le notizie di natura medica, previo accordo con Navarro, venivano fornite dai medici. Il che impediva la proliferazione di voci e supposizioni. Certo, a noi giornalisti le notizie ufficiali non bastavano mai, e ognuno di noi andava alla ricerca di proprie fonti, ma questo ha sempre fatto parte del gioco e comunque non c’era la confusione attuale.

Prima di parlare di corvi bisognerebbe sapere di che cosa si sta parlando. E, comunque, se i corvi svolazzano è anche perché ci si mette nelle condizioni di farli svolazzare.

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