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Rendere il cristianesimo di nuovo “strano”. Istruzioni
di Tracey Rowland*
Per me è raro trovarmi in una posizione di prestigio, ma in questo caso sono felice di essere in compagnia di personaggi di spicco, dallo storico Tom Holland al vescovo Robert Barron e agli autori Michael Frost e Nijay Gupta, che raccomandano tutti di rendere il cristianesimo di nuovo “strano”.
Per i cattolici questo significa invertire la rotta del nostro carro ecclesiastico e uscire dal baratro correlazionista in cui i teologi, in particolare quelli con cognomi fiamminghi, ci hanno cacciato negli anni Settanta.
Il “correlazionismo”, ovvero la strategia pastorale che consiste nel correlare la fede alla cultura della modernità, negli anni Settanta assunse diverse forme, tra cui quelle banali di addobbare le aule cattoliche con poster raffiguranti simpatici animaletti che dichiaravano “Gesù è figo”.
Di recente ho letto un resoconto dell’omelia tenuta nella chiesa parrocchiale frequentata dalla famiglia reale britannica lo scorso Natale. Si dice che il vicario avesse in mano un cioccolatino Terry’s Orange, popolare nel Regno Unito, fatto a forma di arancia con spicchi di cioccolato che si aprono come quelli di un’arancia vera. Secondo il resoconto, il vicario ha spiegato ai presenti che il cristianesimo è come un cioccolatino Terry’s: la forma sferica ci ricorda che il messaggio cristiano è destinato a tutto il mondo e i singoli spicchi di cioccolato sono come la buona novella del Vangelo da spezzare e condividere. La rivelazione cristiana è stata quindi correlata a un cioccolatino Terry’s.
Alla base di tali strategie per commercializzare la fede correlandola a qualcosa di popolare e banale c’era, e c’è, l’idea che la cultura cristiana, e cattolica in particolare, appaia troppo strana agli occhi del moderno laico sofisticato. Abiti bianchi per la Prima Comunione, sodalizi del Santo Angelo, rosari, giorni di digiuno e giorni di festa, santi patroni, cresime, mangiare pesce il venerdì, ore sante di adorazione, novene, per non parlare di concetti come castità e nascita verginale: tutto ciò sembra e suona strano, troppo strano, al moderno razionalista.
È nata così l’idea che il modo per riportare il razionalista moderno al cristianesimo fosse trovare qualcosa che gli piacesse e poi legare la fede a questo. Gesù è diventato quindi un attivista politico molto “cool“, interessato alla giustizia sociale. La sua divinità è stata messa da parte, la sua relazione con le altre due persone della Trinità raramente riconosciuta, e coloro che ancora pretendevano citare sua madre, e in particolare le circostanze della nascita di Gesù, diventarono oggetto di scherno.
Interi dipartimenti accademici si impegnarono in progetti per tradurre gli insegnamenti cattolici negli idiomi della cultura della modernità. Perfino l’opposizione cattolica all’aborto fu difesa sulla base dell’idea laicista che il bambino in via di sviluppo ha diritto alla vita, non sulla base teologica che ogni vita umana è sacra. Il regno del sacro fu eliminato poiché su quel piano non si poteva trovare un terreno comune. La tradizione del diritto naturale fu trasferita, anche nel linguaggio, nel campo dei “diritti” politici.
Tuttavia, in qualche maniera, tra la fine degli anni Sessanta e la fine degli anni Ottanta la modernità stessa cessò di essere di moda. Alcuni sociologi individuano il momento del cambiamento nell’anno del terremoto culturale, il 1968. Altri sociologi e storici hanno localizzato il passaggio dal moderno al postmoderno intorno al 1989, quando la fede nella pseudoscienza del marxismo cadde insieme al Muro di Berlino e i regimi comunisti si sfaldarono uno dopo l’altro. Il triumvirato composto da san Giovanni Paolo II, il primo ministro britannico Margaret Thatcher e il presidente degli Stati Uniti Ronald Reagan mise il sistema sovietico sotto una pressione tale da farlo cedere. Nel corso di una sola estate migliaia di accademici si riciclarono come “postmoderni” piuttosto che restare dalla parte sbagliata della storia come moderni marxisti sconfitti.
Karl Rahner sostenne che i cattolici emotivamente legati agli elementi premoderni della cultura ecclesiale avrebbero dovuto essere lasciati indietro nella Chiesa del futuro. Sarebbero stati, a tutti gli effetti, danni collaterali nel progetto di modernizzazione. Invece, con la svolta postmoderna, gli strateghi pastorali (che avevano trascorso decenni a promuovere la musica sacro-pop e le liturgie popolari, libri di preghiere modernizzati e manuali di comportamento etico privi di qualsiasi riferimento a Dio, alla grazia o alla sacralità) si sono trovati circondati da una generazione che desiderava studiare la scolastica, partecipare alle liturgie in latino e, nel contesto dell’etica, sapere come questo o quell’atto influisce sulla relazione con Dio.
La “stranezza” delle cose premoderne è parte di ciò che le rende diverse e quindi attraenti per coloro che hanno sensibilità postmoderne. La differenza è un po’ quella che c’è tra entrare in una caffetteria in qualche strada acciottolata della vecchia Europa cattolica, con la sua atmosfera introvabile in qualsiasi altra parte del mondo, e prendere un caffè da Starbucks. Coloro che erano giovani negli anni Sessanta potrebbero essere stati eccitati dalla proliferazione di moderne catene di negozi, replicate in ogni città del paese, ma i giovani di oggi ne sono annoiati. Ad esempio, per l’Epifania a loro piace ricevere un gesso benedetto dal parroco in modo da poter scrivere sullo stipite della porta di casa le iniziali dei tre magi (Gaspare, Melchiorre e Baldassarre) e Christus Mansionem Benedicat (Cristo benedica questa casa). Potrebbe sembrare strano ai vicini atei o neopagani, ma è un’affermazione della propria identità cattolica ed è così giocosamente premoderno!
Tuttavia, non c’è ovviamente alcuna virtù nell’essere strani solo per il gusto di essere strani. La ragione per cui il cristianesimo deve tornare a essere strano è semplicemente che deve essere visto come un’alternativa radicale a quella che oggi è la mitologia dominante in campo sociale, politico e mediatico.
Rendere di nuovo strano il cristianesimo implica l’idea che ci sia una certa logica, un certo ordine, all’interno della Creazione. Dobbiamo quindi spiegare che il Creatore di questo ordine è Dio Padre, in unità con il Figlio e lo Spirito Santo. In altre parole, dobbiamo avere il coraggio di riconoscere che la nostra comprensione di Dio è trinitaria. Quando Kant diceva che non importava se nella divinità ci fossero tre persone o dieci, si sbagliava di grosso.
Dobbiamo anche avere il coraggio di spiegare che Dio Figlio si è veramente incarnato da una vergine nell’antico Israele. Questa proposizione è super-strana, ma perché avere a cuore il cristianesimo se non è concretamente vero?
Questa seconda persona della Trinità fu successivamente crocifissa dagli occupanti romani di Israele perché aveva messo in difficoltà i leader ebraici locali osando dire che era il figlio di Dio. Non riuscì nemmeno a ottenere il sostegno del governatore romano, che non voleva proteggere una potenziale autorità rivale di Cesare e, in ogni caso, aveva a che fare con una folla che chiedeva a gran voce il sangue di Cristo, una folla che poteva rivelarsi difficile da controllare. Questa parte della narrazione non è così strana perché certi fattori politici sono facili da immaginare; ma poi la stranezza ritorna con l’affermazione che questa figura storica realmente esistita è risorta dai morti e, dopo aver trascorso altri quaranta giorni con i suoi seguaci, è ascesa a Dio Padre.
Questi sono certamente gli elementi più strani dell’insegnamento cristiano, ma non finiscono qui.
Dobbiamo anche riportare in auge l’immaginazione sacramentale, una delle principali vittime della Riforma. Un’immaginazione sacramentale significa la capacità di avvicinarsi all’intera creazione come rivelatrice del divino, la capacità di vedere come il materiale e lo spirituale si intersecano. Questo a sua volta richiede una fede nella grazia. Dobbiamo parlare di grazia più che di giustizia sociale. L’etica sociale è molto più a valle dell’antropologia. Se i nostri giovani non hanno la minima idea dell’antropologia cristiana, non saranno mai in grado di distinguere la differenza tra una concezione cristiana di giustizia sociale e altre concezioni offerte dal buffet politico.
Per avvicinarsi all’intera creazione come rivelatrice del divino, bisogna spiegare alle persone che ogni parte della natura è stata contrassegnata dalla forma della Trinità. Come sosteneva il defunto Stratford Caldecott, “l’unità nella distinzione della Trinità è la base di un’analogia che attraversa la creazione come una specie di filigrana: l’analogia dell’unione sponsale tra soggetto e oggetto, sé e altro”. Questo concetto particolarmente bizzarro è il modo migliore per spiegare la differenza e l’uguaglianza dei sessi, molto meglio di qualsiasi cosa l’ideologia femminista sia stata in grado di escogitare.
Infine, di tutte le dimensioni dell’immaginazione sacramentale, due delle più strane sono che il Corpo di Cristo è realmente presente nell’Eucaristia e che questa presenza si ripropone tramite un sacerdote. Ma non finisce qui. I sacerdoti, infatti, acquisiscono il potere spirituale mediante un altro sacramento chiamato Ordine sacro. Significa che essi non sono assistenti sociali, consulenti del dolore professionisti o altre figure facilmente comprensibili per la mente del razionalista: sono agenti di grazia.
Tali idee “strane” stanno ora riguadagnando slancio. Già alla fine del diciannovesimo secolo ci furono studiosi cattolici secondo i quali il progetto di commercializzare il cristianesimo facendo riferimento alla sua capacità di soddisfare gli obiettivi della filosofia del diciottesimo secolo era destinato al fallimento. Newman lo definì il tentativo di promuovere la religione dell’epoca. Invece di restare sui libri di Immanuel Kant, l’Aristotele del protestantesimo, come lo chiamava Ratzinger, Theodor Haecker ha suggerito che dobbiamo combattere sul terreno sacramentale, che è poi il terreno su cui i primi cristiani hanno combattuto durante l’Impero romano.
Theodor Steinbüchel, professore di teologia del giovane Joseph Ratzinger, ha fatto eco a Haecker: “Dobbiamo combattere amplificando la dimensione del mistero cristiano”. E Gottlieb Söhngen, un altro professore di teologia di Ratzinger, ha osservato: “L’ordine soprannaturale e quello naturale non giacciono uno accanto all’altro, ma l’ordine soprannaturale comprende e penetra anche l’ordine naturale”. In effetti, una cultura cristiana è proprio quella in cui c’è un alto grado di penetrazione del soprannaturale nel naturale.
L’irruzione del soprannaturale nel naturale non è banale, non è noiosa, non è una questione di conformismo borghese. Per il cattolico è fonte di beatificazione e per il non credente è strana e diversa in un modo che può essere affascinante. Ed è proprio ciò di cui abbiamo bisogno ora come alternativa a una blanda cosmologia materialista.
*titolare della cattedra di Teologia St. John Paul II presso l’Università di Notre-Dame (Australia). Nel 2020 ha vinto il Premio Ratzinger per la Teologia e dal 2023 fa parte della Pontificia accademia delle scienze sociali.
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Fonte: whatweneednow