Su una traduzione “ecumenica” del Nuovo Testamento

di Investigatore Biblico

Un lettore mi ha segnalato questo articolo. Si tratta di una nuova (ennesima) traduzione letteraria “ecumenica” del Nuovo Testamento (TLE), edita dalla Società biblica italiana e dalla Elledici.

Questa nuova TLE solleva numerosi interrogativi, in particolare riguardo alla sua reale necessità e ai criteri adottati per la sua realizzazione. Dal punto di vista cattolico, ci si deve chiedere per quale motivo sia necessaria un’ennesima traduzione, considerando che abbiamo già la Vulgata di san Girolamo, fedelissima ai testi originali e approvata dalla Chiesa come punto di riferimento per la dottrina e la liturgia.

Il Concilio di Trento (Sess. IV, Decreto sulla Sacra Scrittura) ha definito la Vulgata come la versione ufficiale della Chiesa, dichiarando che essa deve essere considerata autentica in tutte le dispute, predicazioni e insegnamenti.

Uno degli aspetti più preoccupanti della TLE è la dichiarata attenzione alle “questioni di genere”. Ma qual è il senso di tale affermazione? La traduzione della Sacra Scrittura deve avere come unico obiettivo quello di rendere fedelmente il senso autentico del testo originale, non certo di adattarlo a sensibilità moderne o ideologie contingenti. Ogni tentativo di manipolare il significato delle parole sacre in funzione di agende culturali o sociali rischia di alterare la Parola di Dio, che deve essere trasmessa nella sua purezza originaria. “Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno” (Matteo 24,35).

Inoltre, la metodologia adottata per questa traduzione suscita perplessità. Affidare ogni libro a due traduttori di confessioni diverse e poi sottoporlo a un processo di revisione pluriconfessionale può portare a compromessi che snaturano il Testo Sacro.

Il Nuovo Testamento è Parola ispirata, non un testo da negoziare tra diverse interpretazioni dottrinali. “Tutta la Scrittura infatti è ispirata da Dio e utile per insegnare, convincere, correggere e formare alla giustizia” (2 Timoteo 3,16).

Un’ulteriore questione che merita attenzione è se la Bibbia Cei del 2008 possa essere considerata un preludio a questa nuova traduzione “ecumenica”. Già all’epoca della pubblicazione della Cei 2008 alcuni studiosi avevano espresso il timore che essa rappresentasse un passo avanti verso un’erosione della fedeltà al testo originale, privilegiando una resa più fluida ma meno precisa. La TLE potrebbe dunque essere il passo successivo in questa direzione, allontanandoci progressivamente dalla Parola di Dio così come ci è stata trasmessa dai secoli. “Non aggiungerete nulla a ciò che io vi comando e non ne toglierete nulla, ma osserverete i comandi del Signore, vostro Dio” (Deuteronomio 4,2).

Non possiamo ignorare il fatto che ogni traduzione della Bibbia ha conseguenze profonde sulla comprensione della fede e sulla dottrina cristiana. Per questo motivo, la Chiesa cattolica ha sempre custodito con estrema attenzione la fedeltà delle Scritture, avvalendosi della guida del Magistero per garantire che ogni traduzione rimanga autentica e conforme alla Rivelazione divina. “Lampada ai miei passi è la Tua Parola, luce sul mio cammino” (Salmo 119,105).

Infine, è opportuno ricordare il severo monito dell’Apocalisse riguardo a qualsiasi alterazione del testo sacro: “A chi vi aggiungerà qualche cosa, Dio gli farà cadere addosso i flagelli descritti in questo libro; e chi toglierà qualche parola di questo libro profetico, Dio lo priverà dell’albero della vita e della città santa, descritti in questo libro” (Apocalisse 22,18-19).

Non si comprende dunque la reale necessità di questa nuova traduzione ecumenica, se non come un tentativo di creare un testo “neutro” che rischia di annacquare la profondità e la precisione delle Scritture. La Chiesa possiede già le traduzioni necessarie per la corretta trasmissione della Parola di Dio, ed è essenziale che essa non ceda a pressioni ideologiche o tendenze culturali, ma continui a garantire una fedeltà assoluta ai Testi Sacri nella loro autenticità.

investigatorebibilico

 

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