Proponiamo una sintesi di una lunga e articolata analisi di Paix liturgique. Qui l’originale, nel quale si trovano anche le fonti dei dati riportati.
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Nei paesi di antica cristianità, e non solo, il numero dei cattolici è in calo. Molte delle ragioni non sono nuove: secolarizzazione, urbanizzazione, competizione tra ideologie o religioni concorrenti, sgretolamento dei nuclei familiari e dei valori tradizionali. Ma le statistiche mostrano una preoccupante accelerazione dall’inizio del pontificato di papa Francesco, specie là dove i vescovi si vantano del proprio progressismo e dell’ingresso nella sinodalità.
Germania: meno 500 mila cattolici all’anno
Un esempio tipico è la Germania, punta di diamante del progressismo nella Chiesa, le cui diocesi sono, insieme agli Stati Uniti, la principale fonte di finanziamento del Vaticano. Nell’agosto 2024, Riposte Catholique ha pubblicato statistiche chiare: mentre i vescovi fuggono in avanti lungo un “cammino sinodale” sempre meno cattolico, i cattolici tedeschi stanno perdendo interesse per la loro religione.
Nel 2023 le uscite dalla Chiesa sono diminuite rispetto allo scorso anno: 402.694 rispetto alle 522.821 del 2022, ma l’ufficio statistico rileva che si tratta comunque della seconda cifra più alta nella storia.
Se aggiungiamo decessi, ingressi e trasferimenti, il numero di fedeli in Germania è diminuito di 591.718. A livello nazionale, al 31 dicembre 2023 si contavano circa 20,3 milioni di cattolici. Un anno prima erano poco meno di 21 milioni.
Tenendo conto che al protestantesimo appartengono 18,56 milioni di persone, la maggior parte dei tedeschi non è più cristiana o, meglio, non è più affiliata fiscalmente a una delle principali chiese cristiane del Paese. Ricordiamo che nel 2020 in Germania si contavano ancora 22 milioni di cattolici e 20 milioni di protestanti su 83 milioni di abitanti.
Nel 2011 in Germania c’erano ancora 23 città a maggioranza cattolica. Ora rimangono solo Münster, Paderborn, Bottrop e Treviri. A Ratisbona e Ingolstadt la quota di cattolici è diminuita di quasi un quarto.
Meno cattolici significa meno tasse ridistribuite alla Chiesa e quindi alle diocesi e di conseguenza al Vaticano. Nel 2023 le entrate delle 27 diocesi tedesche ammontavano a 6,51 miliardi di euro. Ciò rappresenta 330 milioni di euro, ovvero il 5% in meno rispetto al 2022.
Il gelo del Belgio
In Belgio la pratica è scesa al di sotto dell’1% della popolazione. Restano a malapena una trentina di seminaristi per tutto il Paese, come ha spiegato il preside del seminario di Namur nel marzo 2024 alla commissione parlamentare sugli abusi nella Chiesa. Al seminario Giovanni XXIII di Lovanio ci sono quindici seminaristi provenienti dalle cinque diocesi fiamminghe. A Namur diciassette seminaristi provenienti dalla parte francofona del Paese.
Svizzera: 34 mila cattolici in meno all’anno
In Svizzera le statistiche del 2022 pubblicate da Riposte Catholique mostrano un’accelerazione del 10% delle uscite dalla Chiesa cattolica rispetto all’anno precedente, e soprattutto una maggiore prevalenza di uscite dalla Chiesa nella diocesi più progressista, quella di Basilea.
Nel 2022 sono state 34.561 le persone che hanno abbandonato la Chiesa cattolica in Svizzera, più o meno lo stesso numero del 2021, ma notevolmente superiore rispetto agli anni precedenti.
Alla fine del 2022, il numero di membri della Chiesa era di circa 2,89 milioni (nel 2021: 2,96 milioni). I cantoni che hanno registrato le perdite maggiori sono stati Basilea Città, Argovia e Soletta.
Italia: la scomparsa dei giovani
In Italia la pratica religiosa sopravvive, ma non tra i giovani. La cessazione delle celebrazioni durante la pandemia è stata un acceleratore, così come la sottomissione di molti vescovi italiani a misure sanitarie tanto invasive quanto mutevoli e inefficaci.
In vent’anni i praticanti sono diminuiti progressivamente. Dal 36,4% del 2001 a meno del 19% dell’anno scorso, cioè meno di una persona su cinque. Il salto più grande è stato registrato tra il 2019 e il 2020, l’anno della pandemia, con la perdita di quattro punti percentuali.
Secondo gli ultimi dati della diocesi di Milano, i battesimi sono scesi da 37-38 mila degli anni 2000 ai 20 mila di oggi. Per quanto riguarda i matrimoni, si è passati dai 18 mila all’anno degli anni Novanta ai quattromila di oggi.
Le chiese si stanno gradualmente svuotando per tutte le fasce d’età, ma il calo più evidente si registra tra i giovani (18-24 anni) e gli adolescenti (14-17 anni). Mentre la pratica religiosa in generale è diminuita del 50% negli ultimi vent’anni, per queste fasce d’età il calo è stato dei due terzi.
Polonia e Corea del Sud: vocazioni dimezzate
Nelle diocesi scristianizzate della vecchia Europa, dove il tasso di natalità è spesso basso, i sacerdoti polacchi e perfino sudcoreani offrono un’alternativa ai Fidei Donum africani o indiani. Ma per quanto tempo ancora? Questi due Paesi stanno infatti vivendo un drastico calo delle vocazioni.
Nel luglio 2023 Riposte Catholique ricordava che l’incontro di circa 1.400 seminaristi polacchi presso il santuario di Jasna Gora era l’albero che nascondeva la foresta del crollo delle vocazioni.
Nel 2021 le ammissioni ai seminari polacchi sono diminuite del 20%. Doppio lo choc: prima Amoris laetitia, poi la chiusura delle chiese durante la Settimana Santa 2020 con il pretesto del Covid. Cosa mai successa nemmeno sotto il regime comunista. L’introduzione forzata della comunione sulla mano e le varie innovazioni promosse da Roma non migliorarono la situazione.
Padre Piotr Kot, presidente della Conferenza dei rettori dei seminari maggiori della Polonia, ha dichiarato all’agenzia di stampa cattolica KAI che nel 2021 hanno iniziato gli studi 356 seminaristi. Nel 2020 erano ancora 441, il che significa un calo di circa il 20%. Erano 498 nel 2019 e 828 nel 2012. Un calo di più della metà (57%) rispetto al 2012.
In Corea del Sud le cose vanno male a causa del peggior tasso di natalità al mondo (0,72), ma non solo: in dieci anni il numero dei seminaristi è sceso del 40%, e il numero dei battezzati crolla. Nel 2013 i seminaristi maggiori nelle diverse diocesi della Chiesa coreana erano 1.264. Dieci anni dopo, nel 2023, erano 790: un calo di circa il 40% in dieci anni.
I bambini piccoli battezzati (da zero a quattro anni) sono l’1,8% della popolazione coreana. Nella fascia d’età 5-9 anni sono il 3,9% dei bambini. Nella fascia 10 – 14 anni, rappresentano il 5,8%. Se confrontiamo queste cifre con quella generale, secondo la quale i cattolici rappresentano l’11,5% dell’intera popolazione coreana, vediamo che con il passare delle generazioni il numero dei battezzati diminuisce.
In Argentina un drammatico effetto Francesco
I dati sul calo delle vocazioni sacerdotali sono ancora più marcati in Argentina, Paese d’origine del papa e del cardinale Fernández. Le questioni morali non aiutano: Francesco, quando era arcivescovo di Buenos Aires, tentò di scagionare il prete pedofilo Julio Cesare Grassi, condannato a quindici anni di carcere nel 2009 e incarcerato dal 2013, così come ha protetto fino alla fine monsignor Zanchetta, il vescovo di Orano condannato a quattro anni e sei mesi di carcere per stupro di seminaristi (condanna confermata dalla Corte d’Appello) e costretto alle dimissioni nel 2017 ma subito accolto in Vaticano come consigliere dell’Amministrazione del patrimonio della Sede apostolica.
Il risultato della secolarizzazione e dell’effetto Francesco è il crollo delle vocazioni: solo 481 seminaristi nel 2024, mentre nel 1990 erano 2260.
Quest’anno solo 57 i nuovi ingressi in seminario. Nel 1997 furono 256: un calo di quasi l’80% in venticinque anni.
L’America Latina diventa evangelica
All’inizio degli anni Settanta il 90% dei latinoamericani si dichiarava cattolico, oggi solo il 65%. Tra il 1970 e il 2014 in Brasile e Messico i cattolici sono scesi rispettivamente dal 95% al 61% e dal 99% all’81%.
La diminuzione del numero dei cattolici in Brasile è accompagnata da un aumento significativo delle affiliazioni alle Chiese protestanti ed evangeliche, che rappresentano il 26% della popolazione.
Nell’America Centrale il cattolicesimo è diventato una religione minoritaria. Tutti i paesi dell’area hanno meno del 50% di popolazione cattolica, rispetto a oltre il 90% degli anni Settanta. Il declino del cattolicesimo in Nicaragua, El Salvador e Guatemala è ancora più sorprendente alla luce del forte radicamento della teologia della liberazione durante gli anni Ottanta e Novanta, e anche del ruolo di sostegno svolto dalla Chiesa cattolica per le vittime sia delle dittature militari sia del governo sandinista in Nicaragua. In questi Paesi, ai quali si aggiunge l’Honduras, le chiese evangeliche potrebbero presto diventare maggioritarie. Nel Cile, invece, non sono gli evangelici bensì gli atei ad aumentare: ormai il 16% della popolazione, mentre i cattolici diminuiscono.
L’Argentina ha detronizzato il Cile per quanto riguarda il numero di persone che si definiscono agnostiche o atee, ovvero il 40% della popolazione. Quota che è del 51% in Paraguay, del 16% in Messico, del 13% in Brasile e del 5% in Venezuela, che è comunista.
Il grande declino cattolico colpirà anche l’Africa?
Di fronte a un quadro così catastrofico, alcuni pensano che l’Africa sia il santuario cristiano che resiste al declino. Certo, qui le vocazioni restano a un livello elevato e molte diocesi africane gemellate con diocesi della vecchia Europa a corto di vocazioni inviano seminaristi e diaconi. Altrettanto vero è che l’Africa è stata la punta di diamante del rifiuto di Fiducia supplicans. Tuttavia alcune conferenze episcopali sono già preoccupate. In Ghana, per esempio, il numero dei cattolici è diminuito di un terzo tra i due censimenti del 2010 e del 2021.
Sinodalità? Non per i dipendenti del Vaticano ignorati e maltrattati
Come in un’azienda in amministrazione controllata, papa Francesco e i suoi più stretti collaboratori stanno utilizzando misure restrittive. Ma con i suoi viaggi in Mongolia e in Bahrein o i suoi rapidi passaggi a Marsiglia o in Corsica, costati alle diocesi interessate due milioni di euro, il papa stesso non dà il buon esempio, né per l’economia né per le emissioni di carbonio, visto che gli aerei sono i mezzi di trasporto più inquinanti.
Il 21 novembre 2024 l’associazione dei dipendenti laici del Vaticano, che rappresenta 700 dei quattromila lavoratori, ha inviato una lettera contrariata per la mancanza di trasparenza nella gestione e per la stanchezza per i risparmi loro imposti. Stanchi di tirare la cinghia, i dipendenti fanno notare i costi delle consulenze esterne, in continuo aumento, e delle assunzioni di nuovi dirigenti. E, alla faccia della sinodalità, nessuno incontra i lavoratori per ascoltare le loro ragioni.
La Santa Sede verso la bancarotta?
Sul Catholic Forum, l’11 febbraio, un lettore ha commentato l’ossessione di Papa Francesco per i pacchetti di riforma amministrativa della Curia e della diocesi di Roma, e la sua ossessione per le finanze: “Francesco ha dimostrato in diverse occasioni (Ordine di Malta, Opus Dei, suore dimesse dallo stato laicale in età molto avanzata in Italia perché il Vaticano potesse mettere le mani sul loro convento, riforma dello Ior, riforme amministrative della curia e della diocesi di Roma senza fine) che una cosa gli interessa: i soldi”.
Con risultati francamente non grandiosi, peraltro, perché il Vaticano non è certo più un paradiso fiscale e ha limitato investimenti loschi o rischiosi, ma è in deficit strutturale e deve cedere ogni anno 20-25 milioni di euro di asset (per non parlare della consistenza del fondo pensione).
Anche i contributi degli americani sono diminuiti, e così, dopo dodici anni di papa Francesco, i deficit si stanno ampliando.
Per quanto riguarda lo Ior, stiamo assistendo a un drastico calo degli utili, con conseguente diminuzione del contributo dello Ior alla Curia romana.
Abissale il deficit del fondo pensioni del Vaticano, sul quale il cardinale Pell lanciava l’allarme nel 2020 parlando di lento avvicinamento alla bancarotta.