
Testimonianza / Una mamma, la sua famiglia e la guerra a difesa della vita in un mondo che vuole la morte
Cari amici di Duc in altum, certamente ricordate Elena Martinz, mamma e medico che vive in Austria e più volte è intervenuta nel blog con le sue approfondite e toccanti analisi. Ora Elena ci ha inviato una riflessione dopo che con la sua famiglia ha partecipato a una manifestazione in difesa della vita a Innsbruck, dove i partecipanti sono stati insultati dalle femministe scese in strada in occasione di quell’8 marzo che ormai è diventato il giorno che celebra la morte degli innocenti mediante l’aborto. Scene simili si sono avute in altre città, anche in Italia.
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di Elena Martinz
Carissimo Aldo Maria,
ti scrivo da un paese in guerra. È notte fonda e sono esausta dopo una dura battaglia sotto il sole, combattuta con “le armi offensive e difensive della giustizia” al fianco dei miei giovanissimi figli e di mio marito, in compagnia di poche decine di persone. Siamo stati bloccati e circondati da odio e disprezzo, colpiti da tutte le parti da grida di scherno.
Tutto questo perché ci sentiamo costretti, per amare il Dio Bambino, ad amare tutti i bambini senza eccezione.
Quest’anno infatti, in questo paese coinvolto nel conflitto, sono stati accertati più di 70 mila morti tra bambini e bambine. Scusa se non sono politicamente corretta, ma le altre opzioni (transgender, asessuato, lesbica, omossessuale, binario…) non sono applicabili, poiché il sesso è stato determinato in modo oggettivo in quanto questi esseri umani sono tutti stati uccisi prima di avere l’uso della parola.
Oltre a queste morti accertate, di cui le autorità hanno visto e registrato i cadaveri, si stima ce ne siano altri 80 mila di cui solo le madri hanno visto scorrere il sangue.
Sono troppo brutale? Allora vado avanti.
Questi bambini sono stati uccisi senza alcuna pietà, giustiziati frettolosamente, soffocati, sciolti nell’acido e spesso fatti a pezzi. E, a meno che qualche “pezzo” dei loro corpicini non fosse ritenuto utile, i cadaveri sono stati fatti sparire. Nella stragrande maggioranza dei casi non si trova nemmeno una fossa comune su cui piangerli…
Sì, caro Aldo, perché io spesso trascorro le notti a piangere non tanto su di loro, quanto su di noi. Uomini e donne con il camice bianco, e non in divisa nera, uccidono innocenti ogni giorno e tutti sanno. Tutti vedono. Tutti li pagano per farlo.
Tutti chi? Tutti, anche noi.
Uomini e donne marciano sulle nostre strade, nuove trincee di una guerra spaventosa.
Qualcuno combatte per fermare questo sterminio?
Macché, marciano per chiedere che vengano uccisi ancora più bambini. La loro sete di morte, di lacrime e sangue non è ancora sazia dopo più di sei milioni di vittime innocenti. Vittime minorenni cadute negli ultimi 46 anni ancor prima di poter tentare di scappare o di lottare.
Io in trincea ci sono stata e li ho visti gli occhi di chi ti grida con la faccia sfigurata dalla rabbia, di chi ti mostra il dito, di chi ti sputa in faccia, di chi ti offende con parole irripetibili, di chi ti augura la morte, di chi, se avesse un’arma, ti eliminerebbe con la facilità di chi manovra un joystick della play-station. Ho portato il peso del loro sguardo nel mio, mentre tenevo in braccio mia figlia.
Io ho sentito su di me l’odio folle, incomprensibile, illogico di chi combatte per uccidere i bambini, per eliminare le madri e i padri. Non dimenticherò mai la loro violenza su di me e sui miei figli.
Sono tanti, troppi… e non si fermano davanti a nulla, nemmeno davanti al pianto di un bambino di nove anni o al sorriso innocente di una bimba con la sindrome di Down che manda loro dei bacini con la mano.
Siamo in guerra e temiamo i nemici sbagliati. Errore che sarà fatale. Non dobbiamo infatti temere i terroristi, non dobbiamo temere i russi o gli americani.
Le “Squadre di Protezione” (le famigerate Schutzstaffel, meglio note come SS) sono tornate, caro Aldo, ma non vanno più in giro con le divise nere. Portano vestiti variopinti, dal rosso al verde, dal giallo al blu, passando per tutti i colori dell’arcobaleno. Anche se travestiti, sotto sono gli stessi, ipocriti e falsi: invocano la tolleranza, la pace, la fratellanza, il bene comune, gli aiuti ai poveri… ma in realtà vogliono solo la morte di chi ostacola i loro capricci.
E gli alleati? Quelli sono pochissimi. Difficile trovare qualcuno che sia disposto a combattere queste orde di soldati della morte.
È più facile non pensare; chiudere il cervello, lavorando, festeggiando, brindando, mangiando e camminando su un terreno sotto cui scorrono fiumi di lacrime e sangue. Come si dice? Lontano dagli occhi, lontano dal cuore.
Già, perché nessuno, tra i tantissimi mass media che rigurgitano immagini, trasmette la visione angosciante e tremenda ci ciò che davvero accade sul fronte di guerra. Preferiscono storpiare la realtà, intervistando ed esaltando le orde di assassini. Poverini, loro sono gli agnellini mentre quei pochi che provano ad alzarsi in piedi, o meglio a stare in ginocchio, per denunciare lo sterminio sono lupi cattivi e violenti.
Ecco, a proposito di alzarsi in piedi… oltre ai carnefici, alle vittime e ai pochissimi alleati, anche in questa guerra non potevano mancare i traditori, i giuda. E questa è di gran lunga la categoria peggiore.
Non temo tanto gli sguardi colmi di cieca rabbia, che disprezzano la vita, ignari del cortocircuito mortale che farà saltare anche la loro di vita, quanto quelli indifferenti, noncuranti, arroganti, altezzosi e superbi che disprezzano la battaglia per difendere la vita, sfoggiando in ogni occasione sorrisi compiaciuti di superiorità. Questi sono i traditori, in cui l’orgoglio sconfina nella stupidità, e li temo più dei nemici.
Mi chiedo infatti dove sia finito l’esercito di soldati che bivaccava a Tor Vergata, a Parigi, a Cracovia, a Madrid, a Colonia, addirittura in Brasile, nelle Filippine, in Canada eccetera…
Ricordo che erano tanti ed esaltati; dicevano che avrebbero combattuto, che erano pronti per riempire le strade, che quei raduni li avevano caricati di forza e virtù. Li ho sentiti urlare con le mie orecchie frasi del tipo: “Quindi ci alzeremo in piedi ogni volta che la vita umana è minacciata. Quando il carattere sacro della vita prima della nascita viene attaccato, ci alzeremo in piedi per proclamare che nessuno ha il diritto di distruggere la vita prima della nascita…” .
Dove sono spariti tutti?
Lo ripeto. Questa guerra dura da almeno 46 anni e le vittime hanno di gran lunga superato i sei milioni!
E no, non si tratta di ebrei di diverse nazionalità, o di ucraini, palestinesi, rom, siriani, afgani, nepalesi, cinesi, cambogiani. Non si tratta nemmeno di dissidenti politici, discriminati da leggi razziali o omofobe.
Si tratta di bambini, maschietti e femminucce. E per ognuno di questi bambini ci sono altrettante madri e spesso padri, fratelli, nonni che li piangono.
Questa domanda non mi lascia dormire la notte: dove sono tutti i sedicenti cattolici che pontificano dagli amboni, citando il loro amato Giovanni Paolo II; che organizzano campeggi, ritiri e incontri in cui raccontano la loro conversione durante i raduni delle giornate mondiali della gioventù; che si improvvisano youtuber e influencer dicendo di voler diffondere la gioia e l’amore; che festeggiano il Natale e baciano finti Gesù bambino in carne e ossa o statue che lo rappresentano?
Perché davanti a femministe violente, spietate, indemoniate, che mi avrebbero strappato via la bimba dalle braccia se avessero potuto, c’erano praticamente solo quelli che lo stesso Giovanni Paolo II ha scomunicato senza appello (oltre a un esercito di poliziotti) a difendermi?
Perché quelli che si riempiono la bocca e le tasche delle parole del Papa delle Gmg e di quelle di Cristo (che, ricordo agli smemorati, essere stato embrione e bambino per nove mesi nel seno materno) non c’erano? Dov’erano? A nascondere la testa sotto la sabbia o a stringere la mano a chi odia e disprezza la vita? O a fare le marce per la pace, totalmente ipocrite e inutili?
San Paolo e tutti gli altri Apostoli non sarebbero rimasti chiusi nelle sale della curia vescovile o delle parrocchie, disprezzando chi, in silenzio e in ginocchio, pregava per le vittime, le loro madri e per la fine di questa guerra tanto assurda quanto atroce.
Sai cosa direi se incontrassi i sedicenti vescovi (e i sacerdoti) della mia diocesi natale e di quella attuale di residenza?
Non vi piace più la modalità giovan-paolina delle grandi manifestazioni e marce (a cui peraltro avete partecipato e invitato a partecipare, poiché per voi quel papa fu un idolo da citare a ogni buona occasione). Bene. Strano però che scendiate in strada avvolti dalle bandiere ora arcobaleno ora ucraine… Almeno pregaste incessantemente per la fine dello sterminio dei vostri stessi figli (che non potrete mai battezzare e che non potranno mai frequentare le vostre parrocchie e i vostri oratori)? No, non sia mai! Le veglie diocesane seguono le mode, e i temi per cui pregare li suggeriscono i social. Che Dio vi perdoni, perché voi, al contrario di quelle femministe che mi fissano con lo sguardo indemoniato, sapete quello che fate.
Vorrei ricordare inoltre a questi cattolici tolleranti e dialoganti che Erode non è morto ed è più spietato che mai, che san Giuseppe non ha chiesto a Maria di abortire perché quel figlio non suo gli avrebbe scombussolato i piani, che Maria non ha scelto di uccidere suo figlio nel grembo perché rischiava la morte per lapidazione.
Fossero vissuti oggi in questo nostro “bel” paese, Maria e Giuseppe avrebbero avuto tutto il diritto di decidersi contro quel figlio e avrebbero trovato parecchio appoggio anche tra coloro che oggi si dicono seguaci di quel figlio…
Per fortuna san Giuseppe non era un cattolico conciliarista sinodale e ha salvato quel figlio non suo dalla morte, perché quel bambino, quell’embrione, quell’ammasso di cellule, un giorno avrebbe salvato noi dalla seconda morte.
Sei milioni di bambini morti assassinati solo in Italia.
Sei milioni di figli che non proveranno né amore né gioia.
Sei milioni di persone a cui è stato impedito di amare.
Sei milioni di creature che non potranno glorificare il loro Creatore.
Di questi sei milioni, più di tre milioni sono donne.
Vogliamo capirlo?
Le femministe si battono per aumentare la già vertiginosa cifra di 35 mila femminicidi all’anno solo nella piccola penisola italica.
Poiché siamo in un mondo a cui importa solo il profitto: ci rendiamo conto di quanto costi allo Stato (quindi agli italiani vivi) uccidere tanta gente? Negli ultimi 46 anni, sono stati spesi 17 miliardi di euro per pagare i sicari.
Mi gira la testa caro Aldo. Ho la nausea e tremo. Come si può stare comodamente seduti sui banchi della chiesa, quando parte dei soldi che guadagniamo sono sporchi di sangue, liquido amniotico e lacrime?
Come si può tollerare una legge che permette e invita a uccidere una bimba splendida e gioiosa come mia figlia (che ha un DNA speciale) fino al giorno prima del parto, senza nemmeno il diritto a una degna sepoltura?
Poi, se la mamma o chiunque altro la strangola o la abbandona in un cassonetto il giorno dopo il parto va in galera?
Non è forse la stessa bambina? Legge omicida, femmincida, infanticida e codarda.
Tutti, anche i porporati, sono uniti nell’alzarsi in piedi a gridare nelle piazze, in ogni programma televisivo di successo, e sui social: “Non una di meno!”, lo slogan contro i femmincidi.
Ma nessuno è disposto ad applicare questo slogan ai bimbi e tantomeno a gridarlo dai tetti.
Un’ultima considerazione: in questa guerra, lo Stato non bada a spese per uccidere il maggior numero di “sottouomini”, parassiti, ammassi di cellule simili a vermi (termini non miei, ma di altri tempi). Per citare un esempio su tanti: la Regione Emilia Romagna spende un bel po’ dei soldi dei contribuenti per finanziare un vero e proprio strumento eugenetico, il cosiddetto NIPT (Non Invasive Prenatal Test). È un test di screening pre-natale molto costoso che la regione ha deciso di rendere gratuito dal luglio 2024. Questo esame, ci dice la pagina della regione, “fornisce una stima del rischio di avere un feto portatore della trisomia dei cromosomi 21 (sindrome di Down), trisomia 18 (sindrome di Edwards) e trisomia 13 (sindrome di Patau), che rappresentano la maggioranza delle anomalie cromosomiche evidenziate in epoca pre-natale”. Per curarle alla nascita? Ma no! La cura non esiste ancora e la regione si guarda bene dal finanziare la ricerca. I soldi le servono per pagare l’omicidio intrauterino e l’eliminazione di questi bambini potenzialmente “venuti male”, che la natura si è sbadatamente dimenticata di selezionare da sola.
Se la Regione (e lo Stato) smettesse di spendere soldi per scovare i “diversi” (altro che razzismo e omofobia) forse ce ne sarebbero di più per curare chi è riuscito, per mancanza di controlli o per grazia divina, a evadere da tali “sistemi di protezione” (ricordi la traduzione di SS?) progettati per impedire accessi non autorizzati…
Ma attenzione, senza la cura, anche a chi è riuscito a superare i primi livelli di sicurezza non è garantito l’accesso completo alla vita. Infatti, i paladini dei diritti dell’uomo hanno già messo a punto tecniche sofisticate, cosiddette eutanasiche, che possono chiudere l’accesso ai non autorizzati alla vita in ogni momento, dentro e fuori dall’utero.
Mi ha colpito l’appello di una mamma del mio paese natale: ha una bimba affetta da una malattia genetica rara e si è mosso anche il cantante Nek per fare un appello alla Regione Emilia Romagna. Vorrei che unissimo le forze, perché la battaglia che stiamo combattendo è la stessa. Uno screening post-natale per quella malattia (che la Regione non ha ancora implementato, nonostante la possibilità di farlo) avrebbe impedito a sua figlia di essere condannata a morte a pochi anni di vita. Mentre lo screening pre-natale sponsorizzato e sbandierato dalla stessa Regione condanna a morte ogni giorno diversi bambini come la mia, di figlia.
Caro Aldo, come vedi, dal punto di vista umano, siamo tutti in pericolo. Nessuno escluso. Tutti, prima o poi, saremo nella condizione degli embrioni o dei feti difettosi: non avremo voce, non riusciremo a camminare o a vestirci da soli, saremo in balia della buona o cattiva volontà di altri… tutti prima o poi saremo indifesi.
Crediamo davvero che questo “ammasso di cellule” impazzite (uso il loro linguaggio, perché non riesco a definirla cultura o società) che vuole la morte della generazione futura, dei suoi stessi figli, si prenderà cura di quella presente?
Dal punto di vista spirituale è una catastrofe, che dovrebbe farci piegare le ginocchia giorno e notte, con il capo coperto di cenere e il corpo cinto di cilicio. Ma qua mi fermo, perché i miei occhi sono stanchi e annebbiati dal dolore.
Miserere nostri Domine, miserere nostri!
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Nella foto, un momento della manifestazione per la vita a Innsbruck