
Perché la sviolinata del Tucho Fernández a Francesco? Per almeno sette buone ragioni
di Anonymus
Il cardinale Víctor Manuel Fernández, detto Tucho, ha indicato al sito web Religion Digital (qui) sette buone ragioni per le quali abbiamo bisogno di papa Francesco. Ragioni che sono state riportate anche dal sito Vatican News (qui).
La prima: perché “è un uomo di Dio, visibilmente innamorato del Vangelo di Gesù”.
Poi perché “vede oltre, con un’intuizione non comune che trascende ogni immediatezza”.
La terza: “Perché ha un coraggio a prova di bomba che gli permette di dire ciò che i politici tacciono”.
La quarta: “Perché è un poeta, che con gesti e poche parole riassume ciò che altri non riescono a esprimere con lunghe elucubrazioni”.
La quinta: “Perché è coerente, austero, impegnato, capace di dare il massimo”.
La sesta: “Perché è la voce più potente dei poveri e degli abbandonati di questa terra”.
Infine, l’ultima: “Perché questo mondo ha bisogno di un padre, di qualcuno che rifletta la paternità di Dio come lui”.
Un’autentica sviolinata. Ma perché? Facile vedere le vere ragioni che spingono il cardinale a elogi tanto sperticati.
In effetti il cardinale Fernández ha almeno sette personalissime e più che buone, direi ottime, ragioni per le quali, nonostante (o forse perché) fosse divulgatore di tesi ritenute al limite dell’eresia e autore di testi da alcuni definiti di porno-teologia, ha avuto e ha ancora bisogno del cardinale Bergoglio prima e di papa Francesco dopo.
La prima: perché ha favorito, quando era arcivescovo di Buenos Aires, la mia nomina, contro tutto e tutti, a rettore della Pontificia Università Cattolica Argentina.
La seconda: perché mi ha elevato alla dignità episcopale nominandomi prima arcivescovo e quindi arcivescovo metropolita.
La terza: perché mi ha dato l’onore di essere il ghostwriter di importanti esortazioni apostoliche ed encicliche.
La quarta: perché mi ha nominato prefetto del Dicastero per la dottrina della fede (a proposito di “coraggio a prova di bomba”), dichiarando nella lettera di nomina che si aspetta da me “qualcosa di molto diverso” rispetto alla condanna di errori dottrinali.
La quinta: perché mi ha nominato presidente della Pontificia commissione biblica e della Commissione teologica internazionale.
La sesta: perché mi ha nominato cardinale.
La settima: perché mi ha consentito di pubblicare dichiarazioni quali Fiducia supplicans, che hanno diviso l’episcopato mondiale.
In verità ce n’è anche un’ottava, la più importante: perché il giorno in cui non dovesse essere più papa, dove lo trovo un altro pontefice tanto lungimirante che mi consenta di mantenere la visibilità e i privilegi finora ottenuti?