Cronache dalla grotta / Sole, diamanti e un cambio imminente

di Rita Bettaglio

Aprile porta le primizie della primavera o, meglio, duella tenacemente coll’inverno che non vuole mollare la presa. La mattina l’aria ancora punge, ma a mezzodì il sole prova a dardeggiare e, suadente, riesce a farci togliere la giacca. Come i bambini all’ultimo giorno di scuola, felici, gettano a terra le cartelle, noi, in un empito di giovinezza ci liberiamo della buccia più esterna… e buschiamo il raffreddore.

Anche nella grotta l’assaggio della bella stagione fa quest’effetto e le gemme sugli alberi, ogni giorno più ardite, sono il segno di una vita nuova, che pulsa dalle radici, tanto che una mattina, improvvisamente, fiori candidissimi li rivestono di delicate trine.

Jam Christe sol justitiae, mentis diescant tenebrae: l’inno quaresimale delle lodi invoca Cristo sole di giustizia, perché si dileguino le tenebre della mente. Tenebre del sonno, tenebre del peccato, tenebre dell’inverno che intirizzisce corpi ed anime.

Dies venit, dies tua, in qua reflórent ómnia: viene il giorno, il tuo giorno in cui tutte le cose rifioriranno. È la Pasqua, è il regno di Dio, luce che non tramonta, acqua che estingue ogni sete.

Se i piccoli, miseri fiori che adornano la terra danno uno spettacolo di colori e profumi che, da solo, è in grado di elevare l’anima e far dimenticare per un istante le umane cure e preoccupazioni, che sarà il fiorire del giardino dove Dio passeggia alla brezza del giorno? Non possiamo quasi neanche immaginarlo, ma, come dice san Gregorio Magno, ci sono attimi, brevissimi, in cui si accende la contemplazione. Chissà se era aprile quando scrisse questo.

Vi ricordate quella pubblicità, ormai vetusta, che diceva “un diamante è per sempre”?

Così credevo anche della grotta: pensavo che sarebbe rimasta per sempre e sempre la stessa. Ma oggi accade che la debba lasciare: far su le mie carabattole per un’altra grotta che sicuramente c’è ma che ancora non conosco.

Questa grotta, così com’è, nel luogo in cui è, ha per me i giorni contati. Me ne dispiace perché le sue pareti, pur umide, ormai parlavano di molte cose, avevano assistito a tutto ciò che era avvenuto nella mia anima, avevano raccolto preghiere, sospiri e anche qualche lacrima.

Una grotta nuova, anche se la migliore delle grotte (non si offenda la neo-spelonca), non mi conoscerà come questa, non avremo vissuto e condiviso tante cose insieme.

San Benedetto stette a Subiaco tre anni e poi lasciò il Sacro Speco (e il monaco Romano, presenza discreta e importante) perché chiamato a Vicovaro da monaci che lo reclamavano come abate. Chissà perché, visto che in breve questi ne erano già pentiti e, per risolvere l’incomodo, passavano direttamente ad avvelenarne il vino…

Ebbene: io non sono san Benedetto, il mio speco non è sacro, ma una grotta che più ordinaria non si può. Non ho (più?) un monaco Romano che mi riveste della melote, né monaci che mi reclamano. Neanche monaci mi avvelenano, se per questo: un indubitabile vantaggio perché non so se la mia preghiera sarebbe stata tanto pura da infrangere il calice mortifero. Mah, si sa, ci sono tanti tipi di calici e di veleni…

Insomma, dicevo, è imminente un cambio-grotta. Ma la cavernicola sarà sempre la stessa (mi spiace per voi) e, se pregherete per me, magari riuscirà a migliorare un poco…

Come e dove sarà la nuova grotta? Certo continuerà a essere una grotta benedettina, certo sarà aperta a chiunque vi si avvicinerà. Certo la cavernicola non lascerà la sua personale melote: vestita una volta, la melote resta per sempre. Meglio dei diamanti.

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Per contattare la cavernicola: cronachedallagrotta@gmail.com

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