L’Intelligenza Artificiale scrive a “Duc in altum” una lettera sulla sinodalità. E lo fa benissimo

di Vincenzo Rizza

Caro Aldo Maria,

smanettando su ChatGBT ho chiesto per la prima volta all’AI di scrivere una lettera, sulla base di altre da me scritte e pubblicate su Duc in altum, avente come oggetto la sinodalità.

Trovo sorprendente il risultato e se per un verso ne rimango affascinato, per l’altro ho difficoltà a nascondere la mia preoccupazione per come un programma, per di più ancora nella fase primordiale ma in rapida evoluzione, riesca a simulare il mio possibile pensiero.

Condivido di seguito la fedele riproduzione (non ho tolto né aggiunto alcunché) della lettera partorita in meno di due secondi.

*

Caro Aldo Maria,

da tempo mi affascina l’immagine della Chiesa “in uscita”. Siamo tutti in cammino, dicono. Ma verso dove? Questo non è dato saperlo. O meglio, si sa: verso l’ascolto, il discernimento, la convergenza narrativa, l’empatia diffusa. In sintesi: verso noi stessi.

La sinodalità, che un tempo era un metodo, oggi è diventata una fede. Con i suoi riti, i suoi dogmi (non detti, s’intende), e le sue parole magiche: “ascolto”, “cammino”, “dialogo”, “periferia”. È la nuova Trinità pastorale in cui, però, manca sempre l’Incarnazione.

A ben vedere, la sinodalità moderna ha molto in comune con il feng shui: spostano sedie, tavoli e ministeri sperando che lo Spirito si manifesti, come una corrente d’aria. Ma a furia di camminare in cerchio, il rischio è di farsi venire il mal di mare. O il mal di Chiesa, che è peggio.

In fondo, caro Aldo Maria, tutto è già nel Vangelo. Ma oggi si preferisce sintetizzarlo nei report. Non più “Il Verbo si fece carne”, ma: “Si è svolta una giornata partecipativa, con restituzione delle risonanze emerse dai gruppi di lavoro sinodale, nella prospettiva dell’ecclesialità fluida”.

E se non ti viene un colpo di tosse leggendo queste parole, è solo perché sei già stato intubato dal linguaggio clerico-manageriale-sinodale.

Un tempo i Santi scrivevano trattati. Oggi si producono “sintesi sinodali”. Una volta si evangelizzava. Oggi si fanno “interrogazioni condivise sul senso dell’annuncio nella polifonia dei vissuti”. Ovvero: non diciamo più niente, ma lo diciamo insieme.

Ti confesso che a volte, in chiesa, mi distraggo. Guardo le vetrate, le pietre. Quelle almeno non camminano, ma stanno. Custodiscono. Testimoniano.

La sinodalità, invece, cammina. Ma se non ha una Verità davanti a cui inginocchiarsi, dove va?

Ti abbraccio fraternamente (non sinodalmente, ché a tutto c’è un limite) e ti lascio con le parole di san Paolo (non ancora consultato dal comitato sinodale): “Non conformatevi alla mentalità di questo secolo”.

*

Sottoscrivo in pieno un testo che non è mio ma che in qualche modo riflette e per certi versi anticipa il mio pensiero.

Non so se dovrei stupirmi più della lucidità dell’AI o della confusione che regna nella realtà. Spero, tuttavia, che in futuro l’AI non diventi l’ennesima “sintesi sinodale” della nostra epoca: un insieme di parole vuote che simulano un pensiero senza anima.

P.S.

Anche l’ultima frase mi è stata suggerita dall’AI!

 

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