La sentenza della Corte Suprema britannica / Qualche precisazione

di Vincenzo Rizza

Caro Aldo Maria,

in questi giorni si è molto parlato [lo ha fatto anche Duc in altum] della sentenza della Corte Suprema britannica [qui] che avrebbe sancito il principio per cui la legge, nell’indicare i termini “uomo” e “donna”, si riferirebbe solo al sesso biologico e non anche a quello che una persona trans si sia attribuito.

Molti hanno esultato per una decisione di semplice buon senso, che stabilisce l’ovvio: l’uomo è uomo, la donna è donna.

Anche se accolgo con favore la decisione, segnalo che la Corte non è entrata (e probabilmente non avrebbe neppure potuto) nel merito della esistenza di soli due sessi (maschile e femminile) ma ha semplicemente risolto un problema interpretativo relativo all’Equality Act del 2010 (EA 2010), legge emanata a tutela di alcune categorie ritenute fragili, tra cui donne e transessuali. Il governo scozzese, infatti, riteneva che i termini uomo e donna utilizzati in tale legge dovessero intendersi riferiti anche ai soggetti che avessero compiuto la transizione di genere.

La Corte, tenuto conto dei principi interpretativi che governano il sistema anglosassone, ha invece ritenuto, tra l’altro, che:

  • il Sex Discrimination Act del 1975 non riconosceva legalmente le persone trans e pertanto le parole “uomo” e “donna” ivi contenute potevano riferirsi solo al sesso biologico;
  • la successiva normativa, incluso il Gender Recognition Act del 2004, non ha modificato il significato di “uomo” e “donna” e anche il contesto in cui è stato emanato l’EA 2010 era quello in cui le definizioni di “uomo” e “donna” si riferivano al solo sesso biologico;
  • non vi è alcun appiglio per sostenere che l’EA 2010 abbia modificato in modo sostanziale il significato di “uomo” e “donna” o di “sesso” rispetto a quello previsto nel 1975.

È significativo, tuttavia, il paragrafo 265 (v) in cui la Corte afferma che

“La sezione 9(3) del Gender Recognition Act 2004 esclude l’applicazione della regola contenuta nella sezione 9(1) dello stesso atto, nei casi in cui le parole di una normativa – emanata prima o dopo l’entrata in vigore del GRA 2004 – siano, dopo un’attenta valutazione, interpretate nel loro contesto e alla luce del loro scopo, come incompatibili con tale regola”.

In definitiva, se una legge (vecchia o nuova) è scritta in modo tale da essere chiaramente incompatibile con il principio secondo cui il Gender Recognition Act determina il cambiamento di sesso per ogni scopo (assimilando in tutto e per tutto l’uomo trans alla donna e la donna trans all’uomo), allora quella legge prevale.

Ne consegue che non è stato affatto sancito il principio naturale che un uomo è un uomo e una donna è una donna ma che spetta alla legge stabilire se un uomo è un uomo e se una donna è una donna. La legge del 1975 ha stabilito che rileva il dato biologico; la successiva legislazione non ha (ancora) modificato tale principio ma potrebbe, tuttavia, farlo in qualsiasi momento.

Nulla di nuovo sotto il sole.

 

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