Monsignor Marcel Lefebvre / Luce sulla Pasqua

di monsignor Marcel Lefebvre

Miei cari fratelli, miei cari amici,

in questo tempo di confusione nella dottrina della Chiesa, si tenderebbe a interpretare la festa di Pasqua come la festa che porta una conclusione definitiva al problema della nostra salvezza.

Ora il nostro Signore, essendo risorto, ci ha preso tutti con sé, per la salvezza, nella vita eterna e d’ora in poi non abbiamo più nulla di cui preoccuparci: Gesù è risorto; Gesù è in Paradiso; siamo con Lui e abbiamo la certezza della vita eterna.

Si tratta di un’interpretazione molto simile a quella protestante e che non coincide affatto con quella della dottrina cattolica. Certamente la festa della Pasqua è il culmine della vita liturgica della Chiesa; è la grande festa. Ma cerchiamo di fare un po’ di luce su ciò che la Chiesa ci insegna sulla Pasqua.

Per questo non ci resta che rimandare alle magnifiche pagine del Concilio di Trento sul sacramento dell’Eucaristia e sul Santo Sacrificio della Messa. E anche a tutto ciò che abbiamo imparato nel nostro catechismo e a tutta questa liturgia odierna che cantiamo e che manifesta la nostra vera fede nel vero significato della Pasqua cattolica.

Cosa significa la Pasqua? Transitus, cioè passaggio. Se celebriamo la Pasqua è perché celebriamo la memoria di un passaggio. Di che brano si tratta? Questo fu in effetti il passaggio degli Ebrei dalla terra d’Egitto alla Terra Promessa. Un passaggio segnato da eventi che erano tutti simboli voluti da Nostro Signore, voluti da Dio, per un passaggio molto più importante, molto più profondo.

Il passaggio degli Ebrei fu segnato innanzitutto da un sacrificio. Tutti gli Ebrei dovevano sacrificare un agnello e segnare la propria porta con il sangue di questo agnello. Dovevano mangiarlo in piedi, con un bastone in mano, pronti ad andarsene secondo gli ordini di Mosè. Se ne andarono, protetti da Dio in un modo assolutamente straordinario e miracoloso. Una nuvola luminosa li precedeva. Dio venne in loro aiuto, donando loro la manna nel deserto. Quindi avevano del cibo e avevano acqua in abbondanza, che Dio faceva scaturire dalla roccia. Non mancava loro nulla.

Tuttavia, nei quarant’anni trascorsi nel deserto durante il cammino verso la Terra Promessa, molti di loro mostrarono ostilità, si opposero alla volontà di Dio e dubitarono delle sue promesse, perfino Mosè e Aronne.

Così Dio disse a Mosè e ad Aronne che non sarebbero entrati nella Terra Promessa, che non sarebbero stati loro a condurre il popolo d’Israele nella Terra Promessa. Era Joshua.

Questo è il simbolo, certamente iscritto nella Storia, ma questo passaggio era il segno di un altro passaggio, di un’altra Pasqua.

Quest’altra Pasqua è quella del Nostro Signore. L’agnello non era altro che il simbolo di Nostro Signore: «Ecco l’Agnello che toglie i peccati del mondo», disse Giovanni Battista: Ecce agnus Dei qui tollit peccata mundi.

Sì, Nostro Signore è davvero l’Agnello e sarà sacrificato e sceglierà proprio il passaggio degli Ebrei dall’Egitto alla Terra Promessa. Quindi Nostro Signore ha voluto far capire che era anche un passaggio di questa festa che Lui aveva scelto.

E di che brano si tratta? Lo dice Lui stesso – e lo dice la Scrittura – sapendo che doveva passare da questo mondo al Padre, il grande Passaggio di Nostro Signore da questo mondo al Padre, da questo mondo di peccato, da questo mondo di tenebre, da questo mondo di vizi, rappresentato dagli Egiziani che tenevano in schiavitù il popolo d’Israele.

Anche questo mondo è tenuto in schiavitù dal diavolo. Da questo mondo dobbiamo passare alla Terra Promessa; dobbiamo andare in Paradiso. Nostro Signore, sapendo che sarebbe passato da questo mondo alla Terra Promessa, istituì il sacramento dell’Eucaristia e il Sacrificio eucaristico.

È quindi in questo spirito che Nostro Signore ha istituito sia il sacerdozio, sia il Sacrificio della Messa, sia il sacramento dell’Eucaristia. E questo in un modo che è molto in linea con il simbolismo del passaggio degli Ebrei dalla terra d’Egitto alla Terra Promessa.

Sacrificio, sì, come il sacrificio dell’Agnello che sarà il segno della nostra salvezza e che produrrà la nostra salvezza. E quale sarà questo segno? E questo sacrificio, quale sarà questo sacrificio? Questo sacrificio sarà Nostro Signore stesso; Lui stesso che offrirà sé stesso sulla Croce.

Abbiamo sentito in tutti questi giorni, durante il Mattutino, durante le Lodi che abbiamo cantato, in tutti questi uffici che abbiamo cantato dal Mercoledì Santo fino a questa mattina, le chiamate di Nostro Signore al suo Popolo, alla sua vigna, al suo gregge. Nostro Signore si voltò verso Gerusalemme; Nostro Signore si rivolse alla sua vigna, al suo popolo, dicendo loro: ma cosa vi ho fatto?

Cosa ho fatto per essere così respinto? Essere crocifisso? Sì, certo. Nostro Signore ha voluto che fosse crocifisso proprio per trascinarci con Sé nel Suo Passaggio: il Passaggio da questo mondo alla Terra Promessa, al Cielo. E quindi dobbiamo chiederci qual è il nostro punto di partenza; qual è il nostro obiettivo e il nostro punto di arrivo.

E qual è la strada per arrivare dal punto di partenza alla fine del nostro viaggio, del nostro pellegrinaggio? Il punto di partenza per ognuno di noi, per ciascuna delle nostre anime, è la morsa del diavolo prima del battesimo. Questo è il punto di partenza. Siamo schiavi come lo erano gli Ebrei nei confronti degli Egiziani: schiavi del diavolo. Ed è proprio da questa schiavitù che Nostro Signore Gesù Cristo ha voluto liberarci. Ci ha liberati da questo attraverso il battesimo.

Segnati dal battesimo, dal Sangue del Nostro Signore Gesù Cristo, siamo redenti con il Suo Sangue. Ma sappiamo benissimo che non siamo salvati per tutto questo; che non abbiamo ancora raggiunto la meta a cui aspiriamo; a cui siamo destinati: la Terra Promessa. Siamo qui come pellegrini, come lo erano gli Ebrei nel deserto. Trascorsero quarant’anni nel deserto. Attraverso la sofferenza, certamente, attraverso le difficoltà, ma nutriti, nutriti con la manna, nutriti con l’acqua miracolosa che Dio ha dato loro.

Ma noi abbiamo molto di più di questa manna, abbiamo molto di più di quest’acqua miracolosa, abbiamo il Sangue del Nostro Signore Gesù Cristo. Abbiamo la Santa Eucaristia, questa è la nostra manna. Ecco la nostra bevanda. Questo è il nostro cibo durante il pellegrinaggio.

Che trascorriamo quaggiù quarant’anni oppure ottanta, non ha importanza. Siamo nel deserto e corriamo sempre il rischio di ricadere nella schiavitù del diavolo. Quindi dobbiamo proteggerci. E Dio ci dà anche una colonna di luce per guidarci. Questa è la nostra fede. È la Chiesa che ci insegna mediante la fede dove dobbiamo andare e ci mostra la nostra via.

Ma vorrei insistere un po’ soprattutto su questo mezzo, che deve essere l’oggetto della nostra devozione, il cuore della nostra vita, il motivo della nostra speranza e soprattutto la sorgente della nostra carità: il Santo Sacrificio della Messa.

Pascha nostrum immolatus est Christus. L’abbiamo appena cantata e la canteremo ancora. Nostro Signore si è sacrificato come nostra Pasqua, per il nostro passaggio. Non abbiamo il diritto di ignorare che Nostro Signore è morto sulla Croce per salvarci e per donarsi come cibo per noi, affinché non periamo.

Questo è il nostro cibo spirituale. Senza questo nutrimento spirituale, senza questo Sacrificio della Messa, periremo. «Chi non mangia la mia carne e non beve il mio sangue non avrà la vita eterna», ha detto Nostro Signore.

Dobbiamo quindi avere una profonda devozione verso questo Santo Sacrificio della Messa. Questa è la nostra Pasqua; questo è il nostro passaggio; questa è la nostra strada; non ce n’è nessun altro. Non ce n’è un altro per nessun uomo al mondo. Non solo per i cattolici, ma per tutti gli uomini del mondo; non c’è altra via che la via della Croce, che la via di Nostro Signore Gesù Cristo, che il Sangue di Nostro Signore Gesù Cristo, che l’Eucaristia che ci salva.

Perciò noi che abbiamo fede, noi che conserviamo la fede, dobbiamo essere profondamente attaccati a questo Sacrificio della Messa, a questa realtà misteriosa che è il Sacrificio della Messa. Lo dimentichiamo troppo. Dobbiamo meditare su questa straordinaria realtà di questa morte del Nostro Signore Gesù Cristo che si rinnova sui nostri altari.

E sui nostri altari non è solo un simbolo, ma la realtà stessa del sacrificio della Messa. Rileggete le mirabili pagine del Concilio di Trento, che ci dicono: è lo stesso Sacerdote, è la stessa Vittima. Non c’è differenza tra il Calvario e la Messa, afferma il Concilio di Trento, se non nel modo di offrire il Sacrificio. Da una parte lo fa in modo sanguinoso, dall’altra in modo incruento. Ma il Sacrificio è lo stesso, esattamente lo stesso. È lo stesso Sacerdote, Nostro Signore Gesù Cristo, che offre. È la stessa Vittima che si offre: Nostro Signore Gesù Cristo.

Noi sacerdoti siamo soltanto strumenti del Nostro Signore Gesù Cristo. Noi agiamo in Persona Christi: nella Persona di Cristo per rivivere realmente questo dramma che ha avuto luogo sul Calvario e che ci riguarda tutti. Non sappiamo abbastanza delle ricchezze che il Buon Dio ci ha donato. L’amore che manifesta ciò che il Buon Dio ha fatto per noi.

Questa è la strada. E qual è il nostro obiettivo? L’obiettivo è condurci alla Santissima Trinità. Questa è la Terra Promessa. La Terra Promessa è la Santissima Trinità. Questo è il Paradiso. Il paradiso è Dio. Dio è la Santissima Trinità. Per condurci alla Santissima Trinità. E che cosa è la Santissima Trinità? Cosa dobbiamo fare? Cosa saremo? È carità: Deus caritas est: Dio è carità. La Santissima Trinità è carità. Non c’è niente di più bello, più grande, più amabile, più meraviglioso della carità.

Leggete queste pagine di san Paolo sulla carità. Chi ha carità non pensa a sé stesso. Chi ha carità pensa solo agli altri. Chi ha carità fa tutto per gli altri. Non fare nulla per te stesso. Fare tutto per gli altri e prima per Dio: carità verso Dio.

Ora, se c’è un modo per noi di stimare in piccola parte – oh quanto debole – cos’è questa carità nel seno della Santissima Trinità, ebbene, è il Santo Sacrificio della Messa che ce ne dà un’immagine, l’immagine più toccante, l’immagine più reale. Perché se c’è un atto di carità compiuto quaggiù e che è il più bello, il più sublime che sia mai stato compiuto, è proprio la morte di Nostro Signore Gesù Cristo sulla Croce per la gloria del Padre suo, per salvare le nostre anime: carità verso Dio, carità verso il prossimo.

Quindi, quando partecipiamo al Santo Sacrificio della Messa, questo è ciò che deve prendere possesso di noi. Dobbiamo essere toccati da questo atto di carità che Nostro Signore compie nel donarsi per il Padre, nel sacrificarsi per il Padre; donando tutto il suo Sangue per la gloria del Padre, restaurando la gloria di Dio e restaurando le anime alla gloria di Dio; dare loro la vita eterna. Questo è ciò che fa Nostro Signore attraverso il Santo Sacrificio della Messa.

Nella misura in cui siamo pieni di carità, non possiamo peccare. E se pecchiamo è perché andiamo contro il precetto della carità.

Riempiamoci dunque di questa carità attraverso il Cuore di Nostro Signore che batte nel nostro, quando Lo riceviamo nella Santa Eucaristia. Colui che è tutto carità; che ha un solo desiderio, portarci dove non ci sarà altro che carità; dove non ci sarà nulla che sia contrario alla carità. Questo è il Paradiso.

Guardate le famiglie in cui le persone si amano: sono piccoli paradisi. Una comunità in cui le persone si amano è già l’inizio del Paradiso. Ma se ci amassimo ancora di più, ancora di più, sarebbe ancora più bello.

Quindi non abbiamo idea di come potrebbe essere il Paradiso rispetto alla felicità che abbiamo qui sulla Terra.

Cerchiamo dunque di unirci sempre più strettamente al Nostro Signore Gesù Cristo per riempirci della sua carità e prepararci anche al nostro Paradiso.

Ed ecco, con queste poche parole credo di avervi fatto comprendere il dramma che stiamo vivendo oggi. Questo dramma dei fedeli cattolici e di coloro che si lasciano trascinare da un certo ecumenismo, da un certo protestantesimo, cioè non hanno più questa vera fede nel Sacrificio della Messa. E allora la Chiesa si inaridisce, la Chiesa diventa sterile. Oh no, non la Chiesa stessa, ma coloro che non seguono più la dottrina della Chiesa.

Così perdono quella fecondità che la Chiesa trova proprio nel Santo Sacrificio della Messa. Tutto ci viene da lì. Tutta la sorgente della carità della Chiesa si trova nel Sacrificio della Messa, nel Sacrificio della Croce. Se soffochiamo il Sacrificio della Messa, se lo intendiamo diversamente, se non abbiamo più fede nella Presenza reale di Nostro Signore; se non crediamo più che sia un vero Sacrificio quello che si riproduce realmente sui nostri altari, allora inaridiamo la sorgente della carità quaggiù. E poi ne vediamo gli effetti. Non appena la carità non scende più dai nostri altari, la civiltà cristiana scompare e ci ritroviamo in una civiltà che non osiamo nominare.

Quando penso che qualche giorno fa avete potuto leggere, come me, sui giornali, che in cinque anni in Francia sono stati uccisi due milioni di bambini, due milioni di bambini! È possibile? Si tratta di beneficenza? È possibile questo per un Paese che si definisce cattolico? Due milioni di bambini. E questo in tutti i Paesi. Se moltiplichiamo questo numero per tutti i paesi, immaginiamo il numero: milioni e milioni, uccisi dagli uomini stessi, dai loro parenti! È possibile? È ancora vita cristiana? Esiste ancora la vita cristiana? La vita cattolica è ancora in questo mondo? Il nostro Signore è ancora in questo mondo? Colui che è la fonte della carità. È possibile che un’anima che ha ancora un po’ di carità nel cuore possa commettere un atto così atroce? No, la Chiesa cattolica oggi sta soffrendo. E noi che abbiamo fede dobbiamo conservare la nostra fede nel Sacrificio della Messa che è la fonte della carità.

È perché non crediamo più nel Sacrificio della Messa, perché non crediamo più in Nostro Signore presente nella Santa Eucaristia, perché non lo riceviamo più in queste disposizioni, che la carità abbandona i nostri cuori e che siamo capaci di fare cose abominevoli, che l’umanità è capace di fare cose che superano tutto ciò che il mondo ha fatto di abominevole fino ad ora.

Manteniamo a tutti i costi il nostro Santo Sacrificio della Messa, nonostante le difficoltà che possiamo incontrare, nonostante l’opposizione che possiamo incontrare.

Posso farvi un piccolo esempio? Qualche giorno fa ho ricevuto una lettera dal vescovo di Newcastle, in Inghilterra, dopo che i cattolici di quel luogo, i fedeli cattolici, mi hanno chiesto di andare a dare la Cresima ai loro figli.

Ho quindi deciso di rispondere alla chiamata di questi cattolici, di portare il sacramento della Cresima e di celebrare la Messa di sempre a questi cattolici che lo chiedono e che hanno il diritto di avere questi sacramenti, i sacramenti che vengono celebrati da secoli nella Chiesa e che sono quelli che hanno ricevuto i loro genitori e i loro nonni.

Ho ricevuto dunque questa lettera dal vescovo che diceva: “Ho saputo che verrete nella mia diocesi e me ne rammarico profondamente. Dividerete la mia diocesi e quindi vi chiedo di non venire. Non avete alcun diritto di venire nella mia diocesi per dare la Cresima”.

Gli ho risposto: “Eccellenza, sono disposto a obbedire a quanto mi chiede e a non venire nella sua diocesi. Le chiedo semplicemente di concedere a questi cattolici fedeli alla Chiesa ciò che chiedono. Le chiedono la cresima come l’hanno ricevuta i loro genitori, nonni e antenati. Le chiedono il Sacrificio della Messa come i loro antenati hanno sempre conosciuto e venerato il Sacrificio della Messa. E in questo caso, se cede ai desideri di questi fedeli, non andrò nella sua città, perché non ho alcuna intenzione di oppormi ai suoi desideri”.

Mi rispose di nuovo: “Ho ricevuto la tua lettera, ma per quanto riguarda la liturgia è tutto stabilito dalla legge e di conseguenza non posso farci niente, non posso cambiarla”.

Stamattina gli ho dato una risposta e gli ho detto: “Eccellenza, stia attento a non ripetere, dicendo che la liturgia è stata cambiata da una legge, quello che i suoi predecessori cattolici hanno detto quando è arrivata una legge anche da Londra, che li ha costretti a cambiare la liturgia. E che fine hanno fatto questi predecessori e tutti coloro che li hanno seguiti? I protestanti! Hanno abbandonato la fede perché è arrivata una legge da Londra che diceva loro di cambiare la liturgia come è cambiata oggi. E solo perché questa legge ci arriva da Roma non significa che non sia cattiva”.

Il nemico potrebbe benissimo insinuarsi a Roma e in Vaticano e darci una legge che ci renderà protestanti. Il nemico che era a Londra quattro secoli fa è lo stesso che oggi si trova nei corridoi del Vaticano, e ci spinge a darci leggi che distruggeranno la nostra fede. Quindi preghiamo che il Papa abbia il coraggio di scacciare il nemico dal Vaticano; di scacciare questo nemico che si è infiltrato in Vaticano e sta distruggendo la Chiesa. Dovreste unirvi a noi nelle preghiere di quei fedeli che vogliono rimanere cattolici e fortunatamente in tutto il mondo sono i fedeli che, semplicemente con la loro fede, così retta, appresa nel catechismo, salveranno la Chiesa. Non è doloroso pensare che ci siano così pochi sacerdoti e così pochi vescovi che, come i buoni fedeli, i fedeli cattolici, fedeli alla loro fede, affermano di mantenere la loro fede cattolica di sempre? Si rifiutano di diventare protestanti e di entrare nello scisma e nell’eresia.

Non so cosa mi risponderà. Ma guardate il dramma che stiamo vivendo. Penso che dobbiamo restare fedeli. Non dobbiamo avere paura; non dobbiamo temere, perché continuiamo questa fede della Chiesa espressa nel Concilio di Trento.

E lo stesso Concilio di Trento esprime soprattutto la dottrina sull’Eucaristia e sul Santo Sacrificio della Messa. Dice: questa è la fede cattolica che, sotto l’ispirazione dello Spirito Santo, nel quale siamo qui riuniti in Concilio, chiede a tutti i fedeli di custodire e che è stata sempre insegnata e sempre lo sarà fino alla fine dei tempi.

Questa dottrina insegnata dal Concilio di Trento, ebbene, è quella che noi manteniamo. Questa è la dottrina che la Chiesa ha sempre insegnato e che afferma sarà sempre insegnata fino alla fine dei tempi.

Noi siamo attaccati a questo e, facendo questo, non possiamo essere fuori dalla Verità; non possiamo essere fuori Roma; non possiamo essere fuori dalla Chiesa. È impossibile.

Chiediamo alla Santissima Vergine Maria, che certamente ha conservato venerazione e comprensione per il Sacrificio della Messa straordinaria, chiediamole di aiutarci a penetrare questo grande mistero del Sacrificio della Messa, questo grande mistero dell’Eucaristia, e di farcelo vivere per tutta la vita, perché un giorno lo viviamo per l’eternità.

Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Così sia.

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Ecône, 15 aprile 1979, Santa Pasqua

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