Commento / E ora? Il conclave e il nuovo ordine

di Marco Anca

Sulle posizioni teologiche Bergoglio, argomenti di cui non credo fosse ferrato e di cui non sono ferrato nemmeno io, lascio la parola agli esperti.

Per un giudizio storico serio, bisognerà aspettare decenni, quando le passioni si sedimenteranno, molte persone che le hanno vissute non ci saranno più e gli storici di domani avranno accesso ad archivi, memorie e documenti riservati.

A Bergoglio contesto politicamente quattro cose, molto gravi.

Aver chiuso le chiese durante il Covid.

Essere una espressione dei democratici americani, cioè il male assoluto.

Aver abbandonato al loro destino i cristiani d’Oriente, con l’ultima vergogna della Siria, in cui il genocidio di alawiti e cristiani è censurato anche da tutti i media del mainstream cattolico, e qui temo che sia stato siglato un autentico patto con il diavolo, cioè quei ratti di Hts (al prossimo conclave o dopo vedremo se chi lo ha siglato in cambio dei trenta denari di Giuda riuscirà a incassarli o no).

Avere scelto collaboratori di basso livello, per non parlare di un Sacro Collegio, che dovrà scegliere il prossimo Papa, il cui limitato spessore mi inquieta non poco.

Dato politicamente a Bergoglio ciò che è di Bergoglio, passiamo oltre.

Il prossimo papa? Speriamo sia cattolico, recita una battuta che gira da tempo.

Questo sarà un conclave decisivo per la sopravvivenza della Chiesa.

Il punto vero non è il novus ordo o il vetus ordo, o Amoris laetitia.

Il punto vero sarà il posizionamento della Chiesa cattolica in un mondo in cui i vecchi egemoni, che non producono più niente se non cartaccia finanziaria e guerre, cercano di evitare l’avvento di un nuovo ordine multipolare in cui ci sarà spazio anche per i produttori, che sono quelli che hanno i soldi veri.

“Vecchi debitori contro nuovi produttori”, sintetizza mirabilmente il dottor Guido Salerno Aletta.

Chiaro che la Ue e i suoi padroni democratici americani faranno ogni tipo di pressione per avere un papa filo Unione europea, filo Nato e favorevole alla guerra, insomma uno che trasformi la Chiesa cattolica in una cappellania dell’Occidente decadente. I candidati li hanno: cioè quasi tutti i vescovi europei.

D’altronde gli ultimi (flebili) appelli di Bergoglio per la pace e contro il riarmo da molti vescovi europei sono stati vissuti con fastidio, e la sua fondamentale intuizione geopolitica della “guerra mondiale a pezzi” già nel 2013 era stata da loro ignorata.

I partecipanti al conclave saranno messi sotto pressione, minacciati, ricattati, secondo i metodi ben sperimentati. “Tempi borgiani”, citando il noto anticlericale Garibaldi.

Con due incognite.

Non è detto che gli Usa repubblicani – e nel pacchetto di mischia dell’amministrazione Trump ci sono cattolici di peso come Rubio, RFK jr. e Vance che è un politico di grande spessore – appoggino queste manovre, anzi potrebbero fare fuoco di controbatteria.

La seconda sta nei numeri. Guardate i dati dell’Annuario cattolico del 2023 appena uscito. Gli europei sono oramai una piccola minoranza dei cattolici nel mondo, e aggiungo che molti europei cattolici non amano certo l’egemonia liberal né il mostro tecno-totalitario della Ue.

Si rischia che i generali nominino un comandante in capo che non avrà la minima connessione con i subalterni e con la truppa, mentre ne avrà molte con chi la truppa considera un nemico.

In questo caso saremo ridotti come la vecchietta che piangeva per la morte del tiranno di Siracusa.

Ciò porterebbe alla sparizione della Chiesa cattolica così com’è. Ma chissà, magari dalle macerie si ricostruirà qualcosa di importante in cui ci riconosceremo.

Cosa ci dice la storia.

Nei conclavi di guerra del 1914 e del 1939 i cardinali scelsero come papa un cardinale di formazione diplomatica: nel 1914 l’arcivescovo di Bologna Della Chiesa, che era abile e preparato diplomatico di formazione, e nel 1939 il segretario di stato Pacelli, che oltretutto non aveva esperienza pastorale.

Chi oggi nel Sacro Collegio ha formazione diplomatica? Tutti i nomi mi fanno orrore a dir poco.

Ci vorrebbe invece un Siri, combattivo, battagliero, uno che conosceva bene la politica e il proprio gregge, e quindi sapeva trattare con tutti. In una città rossa come Genova.

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