Un Francesco II in arrivo? Probabile. Ma che almeno lasci in pace la Tradizione

di Michela Di Mieri

Omnibus moriendum est. Talmente banale da dimenticarcene. Ma non lui, lui che ha tessuto il dopo con lungimiranza e metodo, affinché i suoi amati processi innescati, che sono l’infausto lascito della sua satrapia, non si arrestassero.

E ora che ci siamo, ora che il dopo è adesso, ci ritroviamo a chiederci cosa sarà di queste macerie e, soprattutto, se sarà ancora possibile costruire qualcosa di buono sopra di esse.

Non vorrei buttare nessuno giù dal pero delle illusioni, ma temo, osservando a lume di ragione, temo e pavento un Francesco II in arrivo. E magari giovane e in forze, il che significa tanto tempo per portare a compimento l’opera dell’estinto. Il quale, non dimentichiamolo, non è stato una cellula impazzita in un organismo sano, ma l’ovvia esplosione della metastasi in gestazione da decenni.

Dunque, che fare? Cosa poter sperare?

Innanzitutto, solleviamo le speranze verso l’alto. Perciò preghiera e offerte, perché il Padreterno ci faccia la grazia di un Papa cattolico. Nel mio piccolissimo, lancio una campagna di cioccolata zero (ove ognuno ha la sua personalissima declinazione di cioccolata), stile quaresimale, almeno fino a chiusura del conclave.

Scendendo ora su un piano meramente umano, volo molto basso – perché le cadute dagli alberi fanno male – e mi dichiaro già contenta, sic miserrime stantibus rebus, di un Francesco II meno dispotico del predecessore, dalla natura incline a un quieto vivere che scontenti nessuno e tutti contemporaneamente. Ovvero che, nei fatti, permetta alla Tradizione la libertà di essere.

Ma, mi si obietterà, in questo modo non verrà minimamente scalfito il paradigma modernista, non ci si discosterà di un millimetro, a livello di Chiesa ufficiale, dalla strada infernale imboccata a suo tempo.

Certamente. Ma la guerra è fatta anche di strategia, oltre che di coreografici e fragorosi incrociar di spade.

L’arrabattarsi in mille e una trovata per tentare di rianimare il moribondo, dalle prostrazioni agli idoli pagani agli abusi più odiosi, andrà fatalmente a languire per consunzione, mantenendo dantescamente un corpo apparentemente vivo, mentre l’anima è già sprofondata nel Cocito.

Parallelamente, carsicamente, ma neppure troppo, il seme salvato dalla piena, e lasciato germogliare in terra fertile con dedizione e sacrificio, fruttificherà e si moltiplicherà per circolo virtuoso, per la vivificante, intrinseca forza della Bellezza e della Verità.

Ora è tempo che io vada a rivestirmi. La battaglia sta incrudelendo e l’uovo di Pasqua, scartato domenica con la veemenza della brama tenuta a cuccia dal 13 febbraio scorso, mi sta lanciando i suoi ferali assalti dalla tavola.

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