Aria di conclave? Tra dati di fatto (pochi) e “si dice” (tanti)
di Aldo Maria Valli
Come sta veramente papa Francesco? Ed è vero che pensa di dimettersi?
Le due domande mi vengono poste spesso in questi giorni. Ma il cronista è costretto ad ammettere che, a fronte di molti “si dice”, ben pochi sono i dati di fatto.
Un dato di fatto è che c’è stata un’accelerazione nello studio di quella che comunemente viene chiamata la questione del papa emerito.
Geraldina Boni, docente di diritto canonico e diritto ecclesiastico all’Università di Bologna, ha presentato in proposito uno studio che appare come il più completo in materia.
Lo studio, che parte riconoscendo che ormai c’è “la necessità e l’impellenza di una legislazione”, mette in luce che si tratta di “colmare due lacune giuridiche”. Quali?
La prima “riguarda la regolamentazione della Sede Apostolica impedita, sia temporaneamente che, segnatamente, a causa di un impedimento permanente e irreversibile del Romano Pontefice”. La seconda affronta la questione dello “status giuridico di un Romano Pontefice dimissionario dal suo incarico”. Presentando “le questioni potenzialmente problematiche che dovrebbero essere affrontate e gli aspetti sui quali dovrebbe essere emanata una legge”, la studio si pone come fine ultimo “quello di sollecitare e coinvolgere gli studiosi del diritto canonico universale verso un confronto aperto e costruttivo al fine di elaborare una proposta legislativa attentamente esaminata e ponderata da offrire all’autorità ecclesiastica”.
Qualcuno potrà osservare che da tempo è in corso un confronto su questi temi e su queste gravi lacune, ed è vero. Il fatto è che adesso la questione viene posta con particolare urgenza, quasi ci fossero segnali che da qui a pochi mesi potremmo trovarci in una situazione analoga a quella che venne a determinarsi nel febbraio 2013 con la rinuncia di Benedetto XVI.
Nel suo Diario di prigionia anche il cardinale George Pell è stato chiaro: “Occorre che i protocolli sul ruolo di un papa che si è dimesso vadano chiariti, per rafforzare l’unità. Sebbene il papa in pensione possa mantenere il titolo di ‘papa emerito’, dovrebbe essere reinserito nel collegio cardinalizio in modo da essere conosciuto come ‘cardinale X, papa emerito’, non dovrebbe indossare la talare papale bianca e non dovrebbe insegnare pubblicamente”.
Ma la professoressa Boni fa presente che occorre non solo “definire il ruolo del papa che si è ‘dimesso’, bensì interrogarsi più in generale sia sulla rinuncia del sommo pontefice, sia anche sulla situazione nella quale quest’ultimo non sia più in grado di adempiere, per infermità o altro, al munus petrinum: sinora ipotesi quasi solo di scuola”.
“La convivenza tra due (o più) papi – aggiunge la docente – sembra avviarsi a divenire consueta, comunque non più anomala ed eccezionale: del resto lo stesso papa regnante ha più volte asserito di non escludere la strada additata dal suo antecessore”.
E qui siamo a un altro dato di fatto, perché Bergoglio, come avverte Geraldina Boni e come abbiamo di recente ricordato, in effetti, rispondendo alle domande del giornalista argentino Nelson Castro, nel libro La salud de los Papas a proposito di come immagina la sua morte dice testualmente: “Come papa, in carica oppure emerito”.
Dunque, non stiamo parlando di fantavaticano, ma di ipotesi realistiche. Dopo di che si entra nei “si dice”.
Il più grosso dei quali riguarda la salute di Francesco: come sta veramente Bergoglio?
Mentre la linea ufficiale, secondo una lunga tradizione, è quella di minimizzare, voci che escono dai sacri palazzi dicono altro. Parlano di condizioni critiche e di una situazione che potrebbe aggravarsi nel prossimo futuro. Di malattia “severa e degenerativa”, che potrebbe “essere cronica” ha parlato il sito Il Sismografo, sempre presentato come ben informato, “paravaticano” e filobergogliano. E Antonio Socci riferisce che il papa si sarebbe lasciato andare a una confidenza: “Nella prossima primavera potrebbe esserci un nuovo papa”. Tuttavia, nelle ultime apparizioni Francesco è apparso in buona forma, ed ha confermato il viaggio che a metà settembre lo porterà a Budapest e in Slovacchia.
Si potrebbe dire, da questo punto di vista, che siamo alle solite. Ogni volta che il papa raggiunge una certa età e incominciano i problemi di salute, ecco il balletto delle supposizioni, spesso pilotato ad arte in vista di un conclave.
Proprio in tema di conclave i “si dice”, le supposizioni e le voci si moltiplicano a dismisura. Tagle, Zuppi e Parolin i nomi più gettonati come successori di Francesco, con l’aggiunta di Bassetti. Ma ciò che balza agli occhi è l’assenza di un pope maker, un porporato che possa fare da punto di riferimento nel proporre e sostenere un candidato. Il collegio cardinalizio appare “fluido”, privo di riconoscibili figure in grado di esercitare una significativa influenza. Tanto che, si dice, il progetto bergogliano potrebbe essere proprio questo: dimettersi e pilotare il collegio cardinalizio così da orientare il conclave secondo la propria linea.
Nell’attesa, facciamo nostre le parole che il cardinale Giacomo Biffi (a proposito di figure di spicco che c’erano un tempo e non ci sono più) rivolse ai colleghi durante le riunioni pre-conclave del 2005: “Vorrei dire al futuro papa che faccia attenzione a tutti i problemi. Ma prima e più ancora si renda conto dello stato di confusione, di disorientamento, di smarrimento che affligge in questi anni il popolo di Dio, e soprattutto affligge i ‘piccoli’” (Memorie e digressioni di un italiano cardinale, 2007).
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