Lettera dall’Argentina / Il dramma dei giovani. Senza famiglia, senza educazione, senza fede
di Monsignor Héctor Aguer*
I media argentini raccontano un fenomeno sociale che per le persone della mia età, e anche per molti adulti, è insolito e recente. La cronaca quotidiana è allarmante e non è possibile abituarsi a convivere con un fenomeno del genere. Mi riferisco al numero spaventoso di reati (furti e delitti) che vedono come protagonisti giovani e adolescenti. Ad esempio, sono frequenti i casi in cui questi ragazzi aggrediscono le vittime prescelte, o che si presentano come un’opportunità, per rubare il cellulare o qualsiasi altra cosa, e se non riescono a portare a termine la rapina usano le armi, fino a uccidere. Lo fanno del tutto naturalmente e spesso commettono il crimine in coppia o in gruppi più numerosi, chiamate gang. Non mi soffermo in ulteriori descrizioni, perché chiunque può verificare il fenomeno attraverso la televisione, Internet o la lettura di un giornale. Vorrei tentare invece un’interpretazione di quel che accade. Perché così tanti giovani e adolescenti, in certi casi poco più che bambini, diventano criminali, in una tale quantità e con tale frequenza?
Osservando il panorama della società argentina, dirò in primo luogo che non c’è più la famiglia. I giovani criminali sono figli di nessuno; mancano della formazione forgiata in giovane età sotto la tutela e l’autorità amorevole di un padre e una madre.
L’educazione familiare dei figli è un fenomeno naturale che nasce dal matrimonio stabile, ma oggi non ci sono più marito e moglie, padre e madre. Esiste la coppia, che non tiene alla prova del tempo. I figli dell’uno e dall’altra passano di mano in mano, o rimangono da soli e sopravvivono come possono. Mi rendo conto: sto generalizzazione, ma questi casi si stanno diffondendo.
Un secondo elemento alla base di tutto è, a mio avviso, la scuola. O meglio, la mancanza di scuola. Molti di questi delinquenti precoci sono poco scolarizzati o lo sono parzialmente. Ma anche se completano un ciclo scolastico non ricevono una formazione elementare basata sul rispetto e sull’amore per il prossimo. Fin dalle sue origini, la scuola argentina trasmette a malapena alcuni principi etici, per giunta disarticolati. Non trasmette una convinzione su cosa sia la persona umana, chi sia e perché debba essere rispettata. La scuola è un fattore fondamentale di socializzazione.
La seconda considerazione mi porta alla terza causa: non c’è religione. Non esiste, in questo mondo giovanile, specialmente nei grandi agglomerati popolari, la fede attiva in Dio, la conoscenza di Dio e del suo amore. Talvolta sopravvivono alcuni elementi di superstizione, ma non decisivi per l’integrazione morale della persona. E qui è applicabile la filosofia del moderno ateismo: «Se Dio non esiste, tutto è permesso». Non c’è distinzione fra il bene e il male. Il bene è riconosciuto solo nella misura in cui soddisfa i bisogni, il proprio volere e ciò che offre soddisfazione e piacere.
In molti casi i crimini sono commessi sotto una visione distorta e alienata della realtà, come conseguenza del consumo di sostanze che provocano assuefazione. Un tempo il consumo di tali sostanze, che offrono piacere e promettono un paradiso artificiale, era riservato ai settori della società ricca e scolarizzata. Ma adesso la loro diffusione è stata “democratizzata”, e sono i poveri che, in interi quartieri, finiscono intrappolati nel tunnel paralizzante della tossicodipendenza. L’uso di droghe incoraggia il crimine. Spesso questi giovani a malapena sanno quello che fanno. La loro personalità è stata configurata così.
Tra i crimini commessi dai giovani sono frequenti anche l’abuso sessuale e lo stupro, sia eterosessuale sia omosessuale: impulsi del desiderio che non hanno un collegamento psicologico con l’amore, ma si esauriscono in una fugace soddisfazione. Questo è un altro aspetto dell’alienazione dell’Io. Un’alienazione sessuale che si realizza comunitariamente nelle discoteche, dove una moltitudine di giovani ammucchiati balla per tutta la notte, a partire dalle ore piccole, dopo feste che si sono tenute nelle case dei genitori. Sotto questo punto di vista, va anche segnalata la complicità responsabile degli adulti. In queste baraonde, che sono una parodia della vera festa, al disordine sessuale spesso si aggiunge la violenza, sia all’interno del locale sia all’esterno, perché molte volte i ragazzi vengono cacciati via dai guardiani buttafuori.
Sebbene siano passati diversi anni, non è possibile dimenticare il crimine, a Villa Gesell, di Fernando Báez Sosa, a opera di una gang di rugbisti, tutti quanti in stato di detenzione preventiva in attesa di giudizio.
Possiamo tentare un’interpretazione filosofica dell’alienazione. I protagonisti avvertono che il loro comportamento nasce da fonti profonde, pulsioni delle quali non sono consapevoli; sono individui, non persone. La persona sceglie il motore della propria esistenza; si nasce individuo e si diventa persona, non confusa nella massa, attraverso la scelta di un tipo di esistenza, di uno scopo o un progetto in base al quale ognuno di noi differisce dagli altri dal punto di vista dell’io e della libertà. Questo passaggio è il frutto dell’educazione in famiglia o di un vincolo religioso con Dio. L’emergere di un io personale si fa largo come volontà di pensare e volontà di volere. La relazione del bambino con la madre è essenziale. Decisiva è l’esperienza del germogliare della vita spirituale, quello che i filosofi chiamano essere esistenziale radicale.
È una tragedia la quantità di giovani chiusi in prigione, così come la loro uccisione per mano della polizia. La società si abitua ad assistere a tutto ciò e così il fenomeno dell’alienazione avanza e distrugge la dimensione autenticamente umana della società. Quanto ho finora esposto avviene, in un modo o in un altro e con diversa intensità, in molte parti del mondo come effetto della de-cristianizzazione dell’epoca moderna. Ma non possiamo rassegnarci perché, per vivere umanamente il tempo, la speranza ci chiama a scegliere l’eternità (Kierkegaard dixit).
Infine, un accenno a ciò che non consiste in un’alienazione, ma impedisce all’io personale di rinchiudersi in sé stesso, di isolarsi nell’orizzonte di questa vita temporale. Mi riferisco alla crescita nella grazia di Dio e nella vita di preghiera, nel rapporto con Dio. Fin dall’infanzia, fin dalla più tenera età, i cristiani possono varcare il confine per vivere in Dio, affinché Dio viva in loro. Questa è la dimensione mistica della fede. Gesù ha detto ai suoi discepoli: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui» (Gv 14,23). Si può essere indotti a pensare che questo stile di vita sia per una piccola minoranza, ma in realtà è il destino possibile di ogni battezzato, è la crescente realizzazione della grazia del battesimo.
Dobbiamo rivedere i nostri criteri pedagogici e catechetici. L’azione formativa dei fedeli non deve essere ridotta a considerazioni morali, ma è necessario educarli fin dall’infanzia al rapporto credente con Dio. La terribile situazione religiosa dell’Argentina non deve farci perdere la speranza, una speranza che deve essere sostenuta da una fiduciosa supplica affinché Dio intervenga. È in gioco il mistero della salvezza. Intendo dire che l’opposto dell’alienazione è la vita mistica.
*arcivescovo emerito di La Plata
Buenos Aires, giovedì 27 gennaio 2022
Sant’Angela Merici, vergine
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Fonte: infocatolica.com
Titolo originale: Enajenados
Traduzione di Valentina Lazzari