Lettera / Russia-Ucraina: qualche lezione dalla storia
Don Silvestro Mazzer, di Colleferro (Roma), ha inviato a Duc in altum questa lettera per condividerla con i lettori del blog. L’aveva mandata ad Avvenire, ma il giornale, dice don Silvestro, non l’ha pubblicata.
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di don Silvestro Mazzer
Caro Direttore,
se posso esprimere un mio parere, anche se diverge un po’ dalle posizioni di fermezza assunte dall’Occidente nei confronti della Russia, oserei dire ‒ con molte incertezze ma con tutta l’anima ‒ che ciò che mi aspetto dall’Ucraina è che essa, così eroica come furono soltanto i Greci alle Termopili, potrebbe avere anche l’umile eroismo di cedere alla Russia i territori dove si parla il russo e non l’ucraino. Alle Termopili, Leonida, con i suoi martiri, tutti massacrati, fermò l’invasore persiano; e Serse riuscì ad occupare Atene; ma gli Ateniesi reagirono e lo sconfissero, nella grande battaglia navale di Salamina (480 a.C.). Tuttavia, io direi: noi oggi non possiamo rischiare “Salamina”. Atene si giocava una flotta; noi la vita di tanti innocenti. Il nostro Capo del governo ha detto in Parlamento che l’Italia concorda con altri Paesi d’Europa nell’inviare armi all’Ucraina. Mi sbaglierò, ma mi pare, questo, un rischio non necessario; non dimentichiamo le minacce del Presidente russo, che, trovandosi in difficoltà, può essere tentato da Satana di reagire con vendette terribili sui fornitori di armi. Nel 1860 Cavour, con grande dolore di Garibaldi (nizzardo), cedette alla Francia Nizza (città ancor oggi assai “italiana”) e tutta la Savoia, allo scopo di ottenere l’appoggio di Napoleone III; così oggi Zelensky potrebbe ben essere il loro Cavour. L’altra richiesta russa – la demilitarizzazione ‒ non sarebbe così offensiva per l’Ucraina, se questa venisse ad essere come una Svizzera slava. Non bisogna, del resto, dimenticare che gli Slavi in generale ‒ come diceva san Giovanni Paolo II ‒ sono l’altro polmone d’Europa; e lui era slavo; e l’Ucraina è slava; e fu a Kiev che, sull’esempio della nonna santa Olga, Vladimir “il Santo”, o “il Grande”, nell’anno 988 portò alla fede e al battesimo il suo popolo, i “Ross” (i russi); e quando i Mongoli invasero da Est e bruciarono Kiev, Mosca, soprattutto con san Sergio, ne prese il testimone della fede e fu a Kiev che gli ortodossi slavi ebbero per secoli una celebre accademia di teologia. Quanto ai rapporti intra-ortodossi fra Costantinopoli e Mosca, sembra chiaro che questa guerra, una volta finita, solleciterà il Patriarca di Mosca ad accogliere più umilmente le proposte ecumeniche.
Ogni anno, a Roma, il 14 febbraio ‒ festa dei Santi Cirillo e Metodio ‒ una piccola processione di slavi si porta da Santa Maria Maggiore a San Clemente, dove sta sepolto san Cirillo (ideatore dei caratteri slavi “cirillici”): come sarebbe bello se l’anno prossimo, il 14 febbraio del 2023, potessimo vedere uniti incamminarsi a Santa Maria Maggiore, preceduti da un’icona “slava” mariana, i Patriarchi ortodossi ‒ Mosca, Kiev, Belgrado, Costantinopoli ‒ , fraternamente insieme al Patriarca di Roma, il Papa.
don Silvestro Mazzer
Colleferro
1 marzo 2022