Una voce dal pianeta Ambiguo
«Metterci in contatto con extraterrestri? Credo che questo non possa avvenire in tempi brevi. Il problema sono le grandi distanze in gioco. Più guardiamo lontano dalla Terra, maggiori sono le probabilità che ci sia un pianeta con intelligenza; ma più difficile sarà comunicare con loro in modo significativo».
Lo confesso. Quando ho intercettato questa dichiarazione mi è scappato un sorriso. Dunque fratel Guy Consolmagno, grande astronomo, gesuita, direttore della Specola Vaticana, pur sostenendo che l’ipotesi dell’esistenza di extraterrestri non sia del tutto campata per aria (scusate la battuta), ritiene che le distanze siano troppo grandi per consentire un contatto.
E pensare che noi qui, sul pianeta Ambiguo, abbiamo già risolto il problema e sono almeno milleduecento anni che veniamo a sapere tutto, ma proprio tutto, di quel che si dice e si fa lì da voi, sul pianeta Terra.
Computer d’avanguardia? Calcoli complicati? Mega-antenne? Radiotelescopi potentissimi? Macché. Basta un doppio clic sul polso del nostro braccio centrale, dov’è installato l’Interceptor Plus, ed è fatta. Istantaneamente possiamo collegarci con tutte le fonti d’informazioni sulla Terra, in ogni lingua disponibile, e l’Interceptor Plus provvede nello stesso tempo alla traduzione nel nostro idioma, l’ambiguo.
Come dite? Che voi, lì sulla Terra, non avete mai sentito parlare dell’Interceptor? Non ci credo! Voi non avete microchip sottocutanei per le comunicazioni? E neanche un braccio centrale? È proprio vero che l’universo è bello perché è vario, come diceva sempre la mia nonna.
Comunque, tornando a fratel Consolmagno, da uno come lui mi sarei aspettato un’analisi più accurata. Dirige la Specola Vaticana, ha tre lauree, ha dato il suo nome a un asteroide, ha scritto un sacco di libri e ancora pensa che le distanze siano troppo grandi!
A proposito di libri, quello che ha fatto più sensazione è intitolato «Would You Baptize an Extraterrestrial?», ovvero «Battezzereste un alieno?», il che mi fa pensare che al bravo astronomo manchino proprio alcune notizie di base. Perché qui da noi gli alieni non solo li battezziamo da un sacco di tempo, ma li abbiamo pure istruiti a dovere, ed ora sono loro a fare i catechisti, così noi ci siamo tolti un bel peso e possiamo dedicarci in santa pace alla nuova evangelizzazione, qualunque cosa significhi.
Consolmagno dice che ci vorranno almeno vent’anni per scoprire qualcosa su Marte e su ciò che sta sotto le croste di ghiaccio delle lune come Europa ed Encelado. Secondo lui, qualche risposta circa la vita su altri pianeti potrà forse arrivare in una cinquantina d’anni.
Che tenerezza! E pensare che noi Marte l’abbiamo esplorato, e peraltro subito abbandonato (un postaccio, a dirla tutta), qualche migliaio d’anni fa, mentre su Europa ed Encelado facevamo spedizioni quando era di moda andare a pattinare sulle lune park, roba vintage.
Fratel Consolmagno non esclude la possibilità di vita intelligente su altri pianeti, ma spiega che le conoscenze dei terrestri sono talmente scarse che, se anche la trovassero, forse non sarebbero nemmeno in grado di riconoscerla.
Se sapesse che noi lì da voi, sulla Terra, siamo quasi di casa! E che proprio la religione ci interessa in modo particolare!
Pochi nell’universo lo sanno (sulla Terra, nessuno), ma, secondo voi, chi ha contribuito in modo determinante a produrre l’«Instrumentum laboris» dell’ultimo sinodo sulla famiglia? Noi, naturalmente! E chi ha fornito i suggerimenti decisivi per il capitolo ottavo dell’«Amoris laetitia»? Ma sempre noi, naturalmente!
Qui, sul pianeta Ambiguo, disponiamo di catalizzatori d’informazioni e algoritmi talmente potenti da permetterci di elaborare risposte a ogni problema. E la nostra lingua, l’ambiguo, si presta benissimo allo scopo.
Per esempio, tutta la questione circa la possibilità di aggirare le norme morali assolute è farina del nostro sacco, prodotta qui, sul nostro pianeta, e immediatamente trasferita sulla Terra a vostro beneficio.
Come facciamo? Eh! Adesso volete sapere troppo! Diciamo che abbiamo i nostri sistemi e sappiamo inculcare le nostre idee nelle menti dei terrestri al momento giusto.
Non so perché, ma la cosa, da un po’ di tempo, ci riesce particolarmente bene con preti, religiosi, teologi, vescovi. Tutte persone che, sebbene si esprimano nelle loro lingue terrestri, a volte sembrano proprio parlare l’ambiguo, come noi. Gente avanti, sveglia, ingegnosa.
Invece tutti quelli che, sulla Terra, chiedono chiarimenti, specie su «Amoris laetitia», ci procurano una certa pena. Sono così retrò, così ingenui! Non possono neppure immaginare quante ricerche abbiamo fatto qui, su Ambiguo, per arrivare a formulazioni autenticamente ambigue, tali da rendere superata ogni possibilità di risposta secondo il vetusto schematismo sì-no.
Il cammino non è stato facile. Noi di Ambiguo abbiamo impiegato millenni per affrancarci dalla schiavitù aristotelica del principio di non contraddizione e del «tertium non datur». Da noi, su Ambiguo, il «tertius» è «semper datur», ma anche il «quartus», il «quintus», il «sexstus» e via così. I nostri algoritmi ci permettono di abbondare, ben al di là di quanto sia immaginabile sulla Terra.
Però, di tanto in tanto, riusciamo a introdurre anche da voi un po’ della nostra ricchezza. Operazione che sarebbe molto più semplice, ovviamente, se non ci fossero tante resistenze da parte degli oscurantisti.
Prendiamo il caso dei critici di «Amoris laetitia», secondo i quali non è accettabile che un documento sia applicato in un modo in una diocesi e in un altro modo nella diocesi accanto. Poveri arretrati! Dimostrano quanto, sulla Terra, ci si lasci ancora condizionare dalla vecchia logica dell’uniformità.
Da noi, su Ambiguo, da secoli abbiamo sposato, con generale soddisfazione, la causa della multiformità: ci piace tutto ciò che è polimorfo e proteiforme. Ci piace A ma anche B. Sosteniamo che A non esclude B e viceversa. Ci piace cambiare, divagare, ondeggiare, fluttuare. Il che, su Ambiguo, è reso agevole per natura dalla scarsa forza di gravità, ma anche, lo ripeto, dalla nostra lingua, che è tutta un dire e un non dire, un dire no ma anche sì, sì ma anche no.
Lì da voi i nostri migliori alleati sono forse alcuni teologi. Loro sì che riescono ad applicare le leggi di Ambiguo quasi alla lettera. Soprattutto grazie alla parola «discernimento», che si presta a tutti gli scopi e consente un sacco di scappatoie. L’importante è non dire mai a che cosa, o a chi, si debba arrivare attraverso il discernimento.
Ma adesso non vorrei annoiarvi.
A fratel Consolmagno dico solo questo: non sia così pessimista circa la possibilità di incontrare altre forme di vita. Un piccolo indizio: chi era quel cardinale un po’ pingue che l’altro giorno si aggirava negli uffici della Specola con innocente (troppo innocente?) curiosità? Chi era quel giovane monsignore, tanto educato, che giorni fa, in perfetto inglese oxfordiano (troppo perfetto?) gli ha chiesto notizie sul programma «Search for Extra – Terrestrial Intelligence»? E ai padri sinodali chiedo: vi siete mai chiesti chi era quel monsignore che predicava con misericordia (troppa misericordia?) la necessità di sostenere che non esistono il bene e il male in senso oggettivo ma esiste solo un’etica adattabile a ogni singola situazione?
Vabbè, ho già detto troppo. Non è vero che le distanze sono un problema. Credetemi, amici terrestri, gli alieni non solo ci sono, ma sono tra voi. Da un pezzo.
Noi di Ambiguo non vi lasceremo soli. E sappiate che le scorte di materia prima, la tanto preziosa ambiguità, estratta senza sosta dal sottosuolo del nostro pianeta, possono far fronte a qualunque richiesta.
Qui Ambiguo a voi Terra. Passo e chiudo.
Aldo Maria Valli