Processo sui fondi della Segreteria di Stato. Squillace: “Sul palazzo di Londra tutte le parti erano informate”. Tirabassi: “Il papa aveva approvato il prestito chiesto allo Ior”
In merito alla vicenda del palazzo di Londra, “tutte le parti erano informate su tutto. Ogni passaggio era concordato, punto per punto”. Lo ha riferito l’avvocato Nicola Squillace, avvocato della società di Gianluigi Torzi, imputato per truffa, appropriazione indebita, riciclaggio e autoriciclaggio, nel corso della ventiquattresima udienza del processo in corso in Vaticano sulla gestione dei fondi della Segreteria di Stato. A differenza di quanto sostenuto da Fabrizio Tirabassi – ha riferito il pool di giornalisti ammessi nell’aula polifunzionale dei Musei vaticani – Squillace ha difeso tutte le fasi del lavoro svolto sul palazzo di Londra, e in particolare sulle trattative condotte nel passaggio dal Fondo Athena Capital di Raffaele Mincione alla nuova proprietà in partnership tra Torzi e la Segreteria di Stato attraverso il Fondo Gutt.
Nel dettaglio, Squilllace ha riferito delle diverse bozze da lui preparate per arrivare a tale obiettivo, la prima delle quali risale al novembre 2018. In quel periodo, infatti, Squillace ha riferito di essere stato chiamato a Londra da Torzi. In quel momento, ha affermato, “la Gutt era una scatola vuota che apparteneva a Torzi ed era stata scelta come contenitore per acquisire il palazzo di Londra dal Fondo Athena Capital di Mincione”. La prima bozza di contratto, ha specificato Squillace, prevedeva un controvalore di 40 milioni di sterline, ma in tale bozza non era presente ancora la Segreteria di Stato, che sarebbe entrata in scena il 20 novembre, quando “furono instaurati due tavoli di trattativa: il primo per un framework agreement e l’altro per capire come strutturare la Gutt”. Nella seconda bozza, ha riferito lo stesso autore, “si inseriva la presenza del Vaticano come parte in causa”. Poi seguirono le altre bozze, per un totale di sette. “Tutti sapevano che l’immobile di Sloane Avenue aveva un debito sopra”, ha dichiarato Squillace, precisando che “nella quinta bozza erano già indicate le 30 mila azioni senza diritto di voto che sarebbero toccate alla Segreteria di Stato”. “Gli uomini di Torzi – ha sottolineato inoltre Squillace – avevano fretta di concludere. Tutti potevano non firmare, non andare avanti”. Il valore generale dell’operazione, ha reso noto Squillace, ammontava a 275 milioni di sterline: “A metà gennaio mandai alla Segreteria di Stato la mia parcella di 350 mila euro, ma nessuno mi ha mai detto niente”, in quanto la parcella non è stata mai né contestata, né pagata.
A proposito del ruolo svolto da monsignor Alberto Perlasca nella trattativa, Squillace ha assicurato: “Tutto quello che Perlasca ha chiesto è sempre stato fatto”. Rispondendo all’avvocato dello Ior Roberto Lipari, ha aggiunto: “Perlasca aveva poteri per firmare il contratto-quadro. Tutti erano dell’idea che Perlasca avesse poteri per farlo”.
Durante l’interrogatorio delle parti civili, è stato chiesto all’imputato anche di dare conto di un’espressione utilizzata in una chat di Torzi: “Cerchiamo di finire questa pagliacciata”. Squillace ha riposto che “i documenti erano pronti, tutto ero pronto per procedere, mancava solo il transfer agreement, un atto formale per trasferire i soldi e le quote, ma quattro banche volevano vederci chiaro”. “Stavamo concludendo un’operazione molto importante con un partner molto importante”, ha commentato Squillace. A questo punto, il presidente del Tribunale vaticano, Giuseppe Pignatone, ha interrotto l’interrogatorio, affermando: “Non possiamo spremere le pietre”.
Fonte: agensir