“Da salútis éxitum”. Una risposta a Fabio Battiston e a monsignor Viganò
di un’Anima mariana
Ringrazio sia Fabio Battiston sia monsignor Viganò per le loro eccezionali osservazioni fatti qui su Duc in altum. Vorrei offrire un piccolo contributo a questa tanto necessaria conversazione tra anime fedeli e coraggiose.
Mentre navighiamo nelle acque tempestose in cui si trova la Barca di Pietro, è imperativo ricordare tre aspetti della nostra fede cristiana: paradosso, conversione e pellegrinaggio.
Paradosso. L’intera fede cristiana è un paradosso. “Chi cercherà di salvare la propria vita, la perderà, ma chi perde la propria vita la conserverà” (Lc 17,33). Qualcosa di analogo è vero per la Chiesa. Ci si presenta come un paradosso. È «nera e bella» (Ct 1,5). Ha ragione Battiston quando osserva il paradosso che in un certo modo Viganò si ritrova a lottare contro quella che la maggior parte della gente considera come la Chiesa. E pone una domanda molto importante quando dice: “Dobbiamo continuare a professare la nostra fede all’interno di un’istituzione considerata demoniaca?” Ha ragione anche Viganò quando risponde con un paradosso: “Non dobbiamo mai abbandonare la nostra Madre, la Chiesa, perché non è la Chiesa che è diventata un’istituzione demoniaca, ma la sua contraffazione”. Ma portiamo la logica di monsignor Viganò alla sua conclusione ovvia, anche se non dichiarata: sì, il Vaticano è stato conquistato da un potere demoniaco, ma il Vaticano non è la Chiesa. E questo è l’inizio di una risposta paradossale all’eccellente domanda conclusiva di Battiston: cosa intendiamo esattamente quando parliamo di “Chiesa”? Può essere che ora siamo chiamati ad applicare in un certo modo le parole di Nostro Signore in Lc 17,33 alla sua Sposa, la Chiesa: chi cercherà di salvare “la Chiesa” la perderà, ma chi è disposto a perdere “la Chiesa” la conserverà? Prima di una risposta si richiede una meditazione orante, come per tutti i paradossi della Scrittura.
Conversione. Ma, dirà qualcuno, questo richiederebbe un modo completamente diverso di pensare alla Chiesa! Infatti. Una trasformazione. Una μετανοια. Una conversio. Non inganniamoci: non sono solo i bergogliani che hanno bisogno della conversione. I fedeli degli ultimi tempi devono “ripensare” la Chiesa (sempre secondo la dottrina cattolica), così come i primi discepoli avevano bisogno di “ripensare” il Messia. Monsignor Viganò osserva correttamente che la Chiesa degli ultimi tempi dovrà vivere la passio Ecclesiae, di cui ha ampiamente scritto altrove. Ma non trascuriamo un aspetto chiave della Passione: il malinteso quasi totale che i primi discepoli ebbero sulla natura del Messia e del Regno. Mentre si svolgeva la Settimana Santa, immaginavano che Gesù sarebbe andato a Gerusalemme per affrontare le autorità malvagie e ripristinare la passata gloria terrena di Davide e Salomone. Ma non avrebbero potuto essere più in errore. “Metti via la tua spade” (Mt 26,52) disse Gesù nel giardino del Getsemani a uno dei suoi discepoli. In altre parole, “cambia completamente il tuo modo di pensare”. Questo discepolo era coraggioso, ma gli mancava ancora la conversione. La Passione coinvolge non solo la sofferenza di Cristo e dei suoi fedeli, ma anche la conversione dei suoi fedeli discepoli: essi devono essere liberati dall’attaccarsi alle speranze di potenza terrena e di vittoria terrena per la Chiesa, speranze che sono molto, molto al di sotto di ciò che Cristo intende per il Suo Corpo Mistico. Quando il Signore è finalmente risorto dai morti, ai discepoli viene detto di andare a trovarlo in un luogo che in un primo momento non avrebbero pensato di guardare: “Andate e dite ai miei fratelli di andare in Galilea; là mi vedranno” (Mt 28,10). Egli non risorge dai morti per guidare gli Apostoli ad assaltare il Tempio, a scacciare il Sinedrio malvagio e a fare dei suoi Apostoli i principi dell’Israele terrestre. Li conduce verso un posto completamente diverso. Anche noi, come credenti fedeli e coraggiosi, dobbiamo convertirci. Non abbiamo bisogno di assaltare il Vaticano, e nemmeno la nostra gerarchia locale. Piuttosto, dobbiamo “andare in Galilea”.
Pellegrinaggio. La passio Ecclesiae deve necessariamente comportare il pellegrinaggio. È un nuovo e più grande Esodo, un’imprevista “uscita di sicurezza” che la Chiesa chiede continuamente nella Sequenza di Pentecoste: da salutis exitum. Sempre, nella storia della salvezza, il popolo di Dio è chiamato ad andare in un luogo nuovo e sconosciuto, a camminare nella fede (2 Cor 5,7). Abramo prende la sua famiglia e le sue cose e lascia Ur (Gen 12). Mosè conduce gli Israeliti fuori dall’Egitto al deserto, anche mentre il popolo si lamenta e vuole tornare (Es 16). Quando il malvagio re Acab prende il potere, la parola del Signore viene a Elia: “Lascia qui e nasconditi nel [deserto]” (1 Re 17,2). Ezechiele è comandato dal Signore: “Parti e va’ da dove sei in un altro luogo”. (Ez 12,3). Scava una buca nelle mura della città di Gerusalemme e la lascia, anche mentre tutti pensano che sia pazzo, perché credono che Gerusalemme e il Tempio non potranno mai essere distrutti (cfr Ger 7,4). A Giuseppe viene detto in un attimo: “Alzati, prendi il bambino e sua madre e fuggi in Egitto” (Mt 2,13). Gesù stesso consiglia ai suoi discepoli: “Quando vedrete sostare nel luogo santo l’abominio che causa desolazione… allora quelli che sono in Giudea fuggano sui monti” (Mc 13,14). Il pellegrinaggio del popolo di Dio è sempre inaspettato e difficile. Significa l’abbandono assoluto della sicurezza e della certezza. Qualsiasi cosa in meno sarebbe solo un atto di prudenza umana. Ma il vero pellegrinaggio è un atto radicale di abbandono e di fiducia. La Chiesa, cioè il popolo di Dio, non può rimanere sicura e ferma negli ultimi tempi. Deve essere spogliata di tutto ciò che non è essenziale per essere liberata e per testimoniare, guidata solo dallo Spirito di Dio. Questo è il “pellegrinaggio perfetto” predicato da san Colombano mentre lasciava la sua amata Irlanda, per non tornare mai più, abbracciando volontariamente l’esilio e non sapendo dove lo avrebbe portato (sto pensando al nostro amato monsignor Viganò in quell’agosto di 2018 quando consegnò il suo Memoriale e si lasciò tutto alle spalle). Né Columbano né Carlo Maria si stavano dirigendo verso un santuario o una destinazione definita. Non sapevano dove li avrebbe portati il pellegrinaggio. Cercavano la Pasqua.
Quando Colombano se ne andò, si dice che abbia detto: “Dio consigliò ad Abramo di lasciare il suo paese e di andare in pellegrinaggio… Ora il buon consiglio che Dio ha qui imposto al padre dei fedeli spetta a tutti i fedeli; cioè lasciare il loro paese e la loro terra, le loro ricchezze e le loro delizie mondane per amore del Signore degli Elementi, e andare in perfetto pellegrinaggio a sua imitazione”.
Qualcosa di simile adesso è vero per la Chiesa nell’ora della Sua passio.
Da virtutis meritum,
da salutis exitum,
da perenne gaudium.
Amen. Alleluia.
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