Caro Aldo Maria, ti scrivo / Cronache dal clero. “Io, sacerdote, vivo così la questione dell’una cum”
di padre Mario Begio
Caro Aldo Maria,
no, i bambini non sono angioletti e il papa non è un diavolo. Gli uni e l’altro sono esseri umani con annessi e connessi, soprattutto con il connesso più importante: la loro sorte eterna è tutta da decidere (mentre per angeli e demoni è già fissata).
Leggo un po’ di articoli sul tuo blog e vedo che il tema del papa scotta tanto e tanti. Io non ho molte risposte, ma in effetti qualche problema inizia a far capolino nel mio confessionale quasi deserto.
Un autore che hai ospitato – come gentilmente ospiti me – diceva che non ha senso riconoscere un papa sapendo che è un diavolo (cioè, immagino volesse dire: ritenendolo radicalmente indegno). Purtroppo serve. A noi il papa serve. Ci piange il cuore a vedere come è stato ridotto il papato, proprio perché il papa ci serve. E io resto convinto che – questioni apocalittiche a parte – è meglio avere un papa pessimo che non avere un papa.
Ma la cosa più interessante sta capitando coi fedeli dell’una cum. Io all’inizio non capivo se fosse un nuovo hashtag lanciato sui social, poi ho capito che era latino.
Aldo Maria, posso confidarti che in tanti anni non mi sono mai posto il problema di celebrare con chissà quale grado di unione con il papa? Men che meno col vescovo! Invece adesso il problema è diventato: “Lei celebra o no in comunione con Bergoglio?” Aiuto! Io celebro in persona Christi, cerco di onorare il Signore nella Divina Eucaristia. Che altro? Sono indietro di parecchie encicliche, mai lette tutte le dichiarazioni di nessun papa. In tal senso credo di non essere mai stato in comunione con nessuno dei pontefici. Mai letta in assoluto una lettera pastorale del vescovo (questo non ditelo al mio vicario!).
Che confusione! Per quel che mi riguarda ci sono due punti che ho chiari. La funzione del papa e l’intenzione della Messa. Parto dalla seconda. L’intenzione della Messa io la riprendo dalla vecchia preghiera del Messale che dice così: “Intendo celebrare questa Eucaristia e consacrare il Corpo e il Sangue di nostro Signore Gesù Cristo, secondo il rito di Santa Romana Chiesa, a lode di Dio Onnipotente e di tutta la sua corte celeste per il mio bene e quello di tutta la Santa Chiesa militante e purgante, per tutti coloro che si sono raccomandati alle mie preghiere, in modo generale e in modo particolare, come anche per il felice stato della Santa Chiesa Romana” eccetera. È da secoli che preghiamo così, noi preti, prima della Messa. E mi pare chiaro che non si preghi secondo i pallini del vescovo (romano o locale) di turno, bensì mettendosi in collegamento diretto con la Madre Chiesa e con il depositum fidei. Quanto alla funzione del papa, è figura istituita da Cristo stesso per essere segno tangibile di unità. Il papa non è creatore di nuove verità, ma è garante di verità e lo è proprio in quanto garantisce l’unione concreta dei cristiani oggi viventi del mondo, nonché dei viventi con la tradizione delle generazioni passate. Punto. Che il papa sia un carrierista, un guerriero, un eretico, un omosessuale, un dissoluto, un venduto, un despota, un fesso – tutte situazioni già sperimentate in venti secoli di cattolicesimo – mi interessa poco.
E quindi io continuo a celebrare una cum il papa – qualche che sia il nome in lista – e non perché io non abbia più fede cattolica e stia correndo dietro alle novità, ma proprio perché ho fede cattolica e quindi resto fedele alla figura del pontefice – con buona pace del peccatore che ne è incaricato – perché credo alla promessa del Signore più che ai traviamenti degli uomini. Promessa forte anche nei traviamenti degli uomini. Non so se sia chiaro.
Del resto, caro Aldo Maria, come è vero che decine di sacerdoti per anni hanno celebrato una cum Benedetto XVI, senza minimamente seguirne le orme, così penso sia pacifico che decine di sacerdoti celebrino una cum Francesco senza seguirne le peripezie teologico-pastorali. Che poi il papa o la sola evocazione del suo nome bastino a invalidare o inficiare una Messa, beh, è tesi che forse si potrebbe sostenere in qualche scuola di magia, non in seno al cattolicesimo.
Alla fin fine, la verità, quella che deve far tremare, è un’altra: percosso il pastore, le pecore si disperdono. Le tesi dell’una cum non insegnano praticamente niente sulla Messa, ma insegnano molto sul caso irrisolvibile che si genera quando il pastore esce dal seminato. E che il Pontefice, una cum il quale io celebro, sia uscito dal seminato mi è chiaro almeno tanto quanto mi è chiaro che celebrare la Messa una cum lui non è in nessun modo un problema.
E mi fermo qui. Per oggi.
11.continua
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