Perché essere controrivoluzionario non è un’offesa, ma una necessità
di Aurelio Porfiri
Recentemente l’amico Aldo Maria Valli su Duc in altum [qui] ha rilanciato il termine “controrivoluzionario”. Oggi per essere cattolici, ha scritto, occorre necessariamente essere controrivoluzionari.
A molti deve suonare strano che al giorno d’oggi si possa usare il termine “controrivoluzionario”, che ci si possa ancora definire così. In realtà, personalmente lo preferisco a “tradizionalista”, in quanto mi sembra più preciso e più stabile.
Per capire il termine bisogna identificare cos’è la rivoluzione: essa è il tentativo di sovvertire l’ordine naturale e soprannaturale voluto da Dio. Ecco, il controrivoluzionario non ha solo una sensibilità religiosa, ma anche sociale, in quanto la battaglia si combatte a tutto campo. Il controrivoluzionario non oppone una rivoluzione a un’altra rivoluzione.
Uno dei pensatori controrivoluzionari più famosi, Joseph de Maistre, ha notoriamente affermato che “la controrivoluzione non è una rivoluzione al contrario, ma il contrario della rivoluzione”, cioè in definitiva è ristabilire i diritti di Dio sul mondo.
La battaglia controrivoluzionario è un dovere non solo per chi si professa cattolico, ma per tutti coloro che credono che il caos rivoluzionario non porti il bene delle persone, per tutti coloro che intuiscono un ordine nella natura che deve essere preservato.
Come dice il noto pensatore brasiliano Plinio Corrêa de Oliveira, essere controrivoluzionari vuol dire restaurare l’ordine contro il disordine della rivoluzione. Poi aggiungeva: “E per ordine noi intendiamo la pace di Cristo nel regno di Cristo, ossia la Civiltà cristiana, austera e gerarchica, fondamentalmente sacra, anti-egualitaria e antiliberale”.
Vediamo come i valori portati avanti da Plinio Corrêa de Oliveira sono oggi particolarmente biasimati da coloro che invece ci fanno credere che dobbiamo abbandonare il sacro, che libertà, uguaglianza e fraternità vanno sbandierate senza il loro fondamentale appiglio all’origine cristiana.
Ecco perché la battaglia controrivoluzionaria è un dovere di tutti coloro che vogliono consegnare un mondo più umano ai propri figli, un mondo in cui si può ancora dire che due più due fa quattro senza il timore di essere sbeffeggiati. La controrivoluzione, volenti o nolenti, interpella tutti noi.