Le vostre opinioni sul sedemenefreghismo / 3
Cari amici di Duc in altum, in seguito alla mia richiesta di dire che cosa pensate della tesi “sedemenefreghista” sostenuta dal Gruppo dei nove (il documento si può leggere, o rileggere, qui), le vostre risposte continuano ad arrivare numerose. Dopo le prime due selezioni (qui e qui), eccone una terza.
Mi scuso se in alcuni casi ho dovuto sforbiciare.
Per i vostri messaggi: blogducinaltum@gmail.com
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Caro Valli,
la proposta del Gruppo dei nove è tutto sommato condivisibile, ma, a nostro avviso, pecca di attendismo.
Anziché sospendere il giudizio, proponiamo di sospendere le offerte alla Chiesa cattolica e di ripristinarle solo se il papa, al momento dell’Angelus, invece di augurare “buon pranzo” dirà “sia lodato Gesù Cristo”. E invece di dire “pregate per me”, come è uso fare, dirà “pregate Gesù Cristo per me”.
In fondo non ci sembra di chiedere troppo. Nello stesso tempo, dissolveremmo almeno metà dei dubbi espressi dal Gruppo dei nove.
Gruppo anonimo
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Caro Valli,
il mio pensiero circa la tesi del Gruppo dei nove è che Bergoglio è eretico e obbedire a un eretico renderebbe eretici noi stessi. La tesi del sedemenefreghismo l’ho fatta mia già da diversi anni. Frequento da circa tre anni e mezzo la liturgia presso il priorato San Marco di Lanzago di Silea della Fraternità sacerdotale San Pio X e da allora evito le messe novus ordo.
Giampaolo Bortolato
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Caro Valli,
mi inserisco nella discussione sul sedemenefreghismo per fare una considerazione: questa tesi contribuisce a evidenziare la dispersione del gregge. Ma, quando sarà tornato, il buon pastore andrà alla ricerca di ogni pecorella smarrita per riportala nell’ovile.
Vedere lo stato in cui vogliono ridurre la nostra amata Chiesa è una ferita che brucia, ma le promesse di nostro Signore sono le uniche valide e nel frattempo non mi cruccio più per quel che dice o fa il papa Bergoglio: troppo gravi molte sue affermazioni e troppo grave che nessuno vi ponga argine, se non pochi vescovi e cardinali disposti a pagare di persona. Il problema in realtà non è solo Bergoglio. Lui, come si dice, è la punta di un iceberg che si è formato ben prima del Concilio Vaticano II.
Concordo con il sedemenefreghismo: noi umili pecorelle smarrite nulla possiamo se non perseverare nella fede e credere e vivere la Parola. Questa è la forza dei veri cattolici. Quanto frutto può dare il seme caduto nella terra buona!
Uniti nella fede.
Con stima,
Maria Avino Vitiello
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Carissimo Valli,
mi trovo d’accordo con i misteriosi nove autori. Di fatto non abbiamo né gli elementi per dirimere una situazione così complessa né l’autorità per affermare o peggio ancora imporre la nostra posizione a riguardo. Al netto di qualunque opinione o tesi che ogni fedele possa formulare, non ci resta che pregare per la Chiesa, conservare la Fede di sempre e attendere il papa che porrà fine a questo caos.
Massimiliano Dovo
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Caro Valli,
come Enrico Maria Radaelli ha dimostrato nel testo Al cuore di Ratzinger, e nessuno lo ha confutato, la rinuncia di Benedetto XVI è canonicamente invalida, nulla: non esiste. Dice il professore a pag. XLV:
La Rinuncia di Papa Benedetto XVI, compiuta con la Declaratio da lui firmata e pubblicata l’11 febbraio 2013, non corrisponde ad alcuna legge della Chiesa, non presenta alcun elemento che, anche a un’analisi teologico-semantica, offra una corrispondenza oggettiva con i parametri richiesti dai Canoni 188 e 332, § 2, del Codex Iuris Canonici, testo, questo, che è il primo e l’ultimo, ossia l’unico e ineludibile suo referente, ed è quindi una Rinuncia canonicamente del tutto invalida, dunque, a tutti gli effetti, nulla: è una Rinuncia che non esiste. Ne consegue che siamo in Sede vacante (niente a spartire col sedevacantismo) dalla morte di Benedetto XVI. Tutti gli atti dell’antipapa Bergoglio sono invalidi.
So già che a questo punto si obbietterà che la maggioranza ha accettato Bergoglio, ma, come osserva in un altro testo il professor Radaelli, “…non c’è in tutta la storia del Magistero della Chiesa un pronunciamento che sia uno che abbia mai garantito di infallibilità un insegnamento che non sia dovuto o alla locutio ex cathedra di un Papa o alla professione invariata della Chiesa…, come è categoricamente affermato nella Costituzione dogmatica Dei Filius”.
La Chiesa cattolica non è una democrazia. “Bisogna obbedire a Dio più che agli uomini” (At 5,29), La Chiesa cattolica è una teocrazia, e nemmeno un Papa può cambiare la natura del pontificato dividendo in due l’indivisibile e unica pietra del papato così come viene stabilita da Gesù Cristo quando dice a Simon Pietro: “Tu sei Pietro, e su questa pietra fonderò la mia Chiesa” (Mt 16,18). Eppure questo è esattamente ciò che ha fatto Benedetto XVI introducendo un “papato passivo” compiuto “soffrendo e pregando” e attribuendo a chi sarebbe stato eletto dopo la sua Rinuncia un “papato attivo” realizzato “con le parole e con le opere” (Benedetto XVI, Dichiarazione di Rinuncia al papato, 11 febbraio 2013).
Faccio notare al Gruppo dei nove che tutto il ragionamento di tesi, antitesi e sintesi (sintesi futura, in attesa della fine della crisi) porta a una conclusione non affatto conforme alla Tradizione a cui essi sembrano riferirsi: si finisce nell’idealismo hegeliano, padre del modernismo, quell’hegelismo che ancora il professor Radaelli mostra con argomenti inoppugnabili essere la matrice nascosta della falsa Rinuncia di Benedetto XVI.
Non ci sono una-dieci-cento-mille opinioni legittime, come dichiara al punto 11 il Gruppo dei nove. C’è una sola, solida, inattaccabile Verità: la Sede è vacante dal 31 gennaio 2023, giorno della scomparsa di Benedetto XVI. Fino a quel giorno essa è rimasta occupata proprio da Benedetto XVI, perché la sua Rinuncia si scontra con ben due canoni del Codex Iuris Canonici, il 188 e il 332, §2.
Al punto 14 del documento del Gruppo dei nove si legge che “solo la Suprema Autorità della Chiesa ha titolo per giudicare della questione relativa alla Sede… La questione della Sede è destinata a restare aperta … sino a un giudizio certo da parte della Suprema Autorità”. Ma qual è mai questa Suprema Autorità, se non proprio il Papa, di cui è in discussione l’individuazione? Questa si chiama petizione di principio, detta anche diallelo, ossia un circolo vizioso: come può esservi una Suprema Autorità giudicante dove la questione da giudicare è l’individuazione proprio di tale Suprema Autorità?
Di tutte le ipotesi raccolte dal Gruppo dei nove al punto 11, quella avanzata dal professor Radaelli è l’unica legittima, perché è l’unica che esamina la questione fin dall’inizio, ossia da quando Benedetto XVI annunciò la sua Rinuncia, ed è l’unica che rileva che tale Rinuncia è invalida e dunque è nulla. Essa infatti, ripeto, si scontra con due canoni del Codex Iuris Canonici, il 188 e il 332, §2, che costituiscono la Suprema Autorità legislativa della Chiesa e a cui devono attenersi tutti i suoi membri, dal Papa all’ultimo dei fedeli. Questi canoni sono stati disattesi. Il primo per la presenza nel testo della Rinuncia di tre errori sostanziali (presenza che il canone 188 indica come una delle cinque cause di annullamento di una Rinuncia). Il secondo perché esso richiede espressamente che la Rinuncia papale – non altre rinunce, ma proprio la Rinuncia papale – sia relativa al munus, mentre Benedetto XVI, che come sommo legislatore dovrebbe ben conoscere le leggi di cui egli stesso è garante, ha annunciato di rinunciare al ministerium, che è tutt’altra cosa.
Essendo nulla e dunque invalida la Rinuncia, il Papa è rimasto Benedetto XVI fino alla sua morte, e ora la Sede è vacante e chi la occupa è un antipapa.
Se non si avesse tale sicurezza, la Chiesa sarebbe morta. In altri termini: se si legittima una qualsiasi delle altre assurde ipotesi enunciate dal Gruppo dei nove, ipso iure la Chiesa muore. Siccome però la Chiesa non può morire e mai morirà, nessuna di tali ipotesi di legittimità è accettabile. Dunque vanno tutte cestinate, cancellate per sempre.
Consiglio vivamente al Gruppo dei nove, e non solo, di studiare a fondo il libro del professor Radaelli. A meno che non vogliano davvero provare a uccidere realtà per definizione eterne. Auguri.
E Tu, Signore, dacci presto il Successore di Benedetto XVI: che sia santo, determinato, eroico.
Bernardo Del Rio
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Caro Valli,
visti i nomi che circolano come successori di Bergoglio, faremo come i cristiani giapponesi nascosti per duecento anni. Sedemenefreghisti ad oltranza.
Alla salute di scribi e farisei che discutono sui commi dell’ultimo codicillo di diritto canonico e compagnia.
Sedemenefreghisti ad oltranza, finché passerà questa crisi che, come quella ariana, quando pochi resistettero a molti, rischia di durare a lungo.
Piero
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Caro Valli,
fra i cattolici “indietristi” è ricorrente la contesa fra “Bergoglio è papa” e “Bergoglio non è papa”. Ma a mio avviso i due partiti hanno in realtà molto in comune: l’approccio “cavillieresco”.
Gli uni dicono che il gesuita argentino è papa in base a cavilli (“è stato eletto legittimamente”), gli altri dicono il contrario in forza di altri cavilli (“la rinuncia di Benedetto XVI è invalida”, o simili), ma nessuno pare chiedersi se in tal modo si seguano gli insegnamenti di Cristo. Davvero strano, dal momento che stiamo parlando della sua Chiesa.
Ora, a me pare che nulla sia più lontano dagli insegnamenti di Gesù che questo pedantesco cavillare. Non ha forse Gesù sempre stigmatizzato il legalismo formalista di scribi e farisei? Non ha forse aspramente rimproverato quelli che mettono al primo posto i precetti umani (le abluzioni rituali, o la proibizione di guarire i malati di sabato)? Il Codice di diritto canonico mi pare una costruzione decisamente umana, o sbaglio?
Non sembra semplicemente ridicolo supporre che Egli – se fosse ancora sulla terra – per dirimere la contesa ci comanderebbe di ripassare i canoni tale e talaltro del Codice (ultima edizione, mi raccomando)?
Non ci direbbe piuttosto: “Sapete dunque interpretare l’aspetto del cielo e non siete capaci di interpretare i segni dei tempi?” (Mt 16,3). O più semplicemente: “Dai loro frutti li riconoscerete” (Mt 7,16)? Frutti che devono essere ben riconoscibili da tutti, e non solo dai canonisti cavillieri di Gran Croce. Questo è fondamentale: il semplice fedele cattolico deve disporre di un criterio comprensibile per orientarsi.
Ma poi, vogliamo chiederci cosa significa, riferendosi al papa, “legittimamente eletto”, come si trattasse di un sindaco o di un senatore?
L’unico criterio sicuro di legittima elezione sarebbe quello insegnato da Cristo stesso. Ma non pare che Egli abbia dato istruzioni in proposito. Dunque?
In che senso si debbono considerare “legittimi” i numerosi papi imposti (o vietati: pare che san Pio X sia stato eletto appunto dopo un veto su un altro candidato) dall’imperatore del Sacro Romano Impero? O quelli “acclamati” da una scomposta turba vociante manovrata dalla famiglia più potente di Roma?
Non è ben più ragionevole, badando alla sostanza, dire che un papa si legittima a posteriori con il suo comportamento? Se chi è stato messo su quel trono ha insegnato la Verità al suo gregge (sebbene, spesso, non abbia offerto esempi di vita santa), egli è papa legittimo.
Ubi Petrus ibi Ecclesia. La vera Chiesa è quella che riconosce a suo capo il vescovo di Roma. Dunque è il papato, ben più che il papa, a essere essenziale. Infatti è proprio contro il papato che Lutero rivolse la sua rabbiosa spallata rivoluzionaria.
E del resto, se non fosse così, la Chiesa nei periodi di sede vacante – anche lunghi anni, nel corso della storia – avrebbe cessato di esistere. E, non potendosi proclamare il famoso una cum, dovrebbero essere sospese le sante messe!
Quanto poi a quelli che dicono che chi non si sente in comunione con il papa non può definirsi cattolico, rispondo: l’essere cattolico romano non ha bisogno di un tesserino rilasciato dal papa. Basta il certificato di battesimo. A tal proposito viene in mente il brano di Marco (9,38): “Maestro, abbiamo visto uno che scacciava i demoni nel tuo nome e glielo abbiamo vietato perché non è dei nostri”. Sappiamo quale fu la risposta del Divino Maestro.
In realtà, è Bergoglio stesso a non voler essere papa, come dimostra l’aver messo in soffitta il titolo di Vicario di Cristo (fra i “titoli storici”, modo carino per dire “titoli obsoleti”), a cui un papa dovrebbe tenere più che ad ogni altro, essendo l’unica radice e sorgente della sua funzione e autorità.
In definitiva, giustissime le considerazioni del Gruppo dei nove, di solido buon senso:
“me ne frego” della questione della Sede in quanto questione da noi irrisolvibile e dunque inutile da porsi;
“me ne frego” di ciò che dalla Sede si emana in quanto chi siede sulla Sede è dominato da un pensiero non-cattolico e dunque prudenzialmente da non ascoltare.
Non si tratta di non prendere posizione: si tratta di procedere secondo ragione, come meglio si può, riconoscendo che non abbiamo elementi certi per decidere fra un cavillo e l’altro.
A tal proposito, mi spiace che monsignor Viganò si sia aggrappato al “vizio di consenso”, invece di continuare a evidenziare le colossali questioni di sostanza.
Lettera firmata