Don Bosco e la Confessione / 5
di don Marco Begato
Il contenuto dell’esame
Il contenuto principale dell’esame è sempre verificare di aver compiuto i propri doveri, su questo don Bosco richiama continuamente e con sapiente tempestività i suoi vivaci giovani, per formarli alla vita. Ora, a questo accurato e rigoroso controllo della propria condotta riguardo al compimento del proprio dovere era stato formato egli stesso dalla saggia mamma, Margherita. Quando lei tornava dal mercato di Castelnuovo, prima di mostrare ai figli cosa aveva comprato, voleva rendersi conto del loro comportamento e li interrogava dettagliatamente: “Prima ho bisogno che mi diciate come avete passato la giornata”. E i ragazzi ascoltavano silenziosi per rispondere alle domande.
A uno per esempio chiedeva: “Sei stato alla tale cascina, come ti avevo raccomandato, per domandare quei semi e quell’attrezzo? Che cosa ti hanno detto? Che cosa hai risposto?”. E poi al secondo: “È venuta in casa quella brava vicina? E hai fatto per lei quella commissione della quale ti avevo incaricato? E in che modo l’hai eseguita?” E a tutti: “La nonna vi ha chiesto qualche favore? Siete stati pronti ad ubbidire? L’avete fatta arrabbiare? È venuto a trovarvi qualcuno dei vostri amici? E cosa avete fatto? In che modo avete occupato la giornata? Avete litigato? Avete recitato l’Angelus a mezzogiorno?”
Con queste e simili domande si faceva render conto esatto di quello che avevano fatto e direi quasi persino dei loro pensieri. In questi dialoghi i fanciulli narravano i fatti accaduti con gran precisione. Intanto la buona mamma, sempre amorevole, sempre serena, ad ogni risposta faceva la sua osservazione prudente, che dovesse servire di regola per l’avvenire. “Così va bene”, rispondeva all’uno. “Benissimo. Un po’ più di pazienza, un po’ più di cortesia” rispondeva all’altro. “Questo non va; un’altra volta stai più attento. Non vedi che è una bugia e le bugie dispiacciono al Signore?” Oppure, se vedeva che erano stati obbedienti, concludeva: “Sì, sono contenta; trattate bene la nonna e Dio vi ricompenserà”. Così, alla luce della legge di Dio e del buon senso umano, li abituava a giudicare la convenienza o sconvenienza delle loro azioni e quindi a guardarsi nell’avvenire dai difetti nei quali erano caduti.
Dopo le ammonizioni e le lodi, finalmente dava loro il premio (MB, I, 54-55).
Divenuto direttore e padre dei giovani dell’Oratorio, don Bosco fece scrivere sotto le arcate dei portici i dieci comandamenti, perché fossero un perenne richiamo per i giovani, e perché si impegnassero a osservarli (MB, V, 545-547).
A questo richiamo scritto si aggiungevano i suoi continui paterni ammonimenti, che offrono un quadro delle mancanze in cui più frequentemente cadono i giovani e che Don Bosco intendeva prevenire o correggere richiamandoli alla loro coscienza.
Su uno sfondo nero di superbia e di egoismo, ecco profilarsi in triste corteo l’ozio (cfr. MB, IX, 169 ; VIII, 397), l’immodestia, i cattivi pensieri (cfr. MB, X, 43), favoriti dalle cattive letture e dai cattivi discorsi (MB,VIII, 32, 40-42), dagli scandali e dalla golosità (cfr. MB, X, 36-37); cui si aggiungono l’invidia, l’ira (cfr. MB, IX, 159; VIII, 397), la bestemmia (cfr. MB, VIII, 32), la mormorazione (cfr. MB, VIII115), il furto (cfr. MB, XI, 247-248; IX, 37, 159; IX, 169; VIII40-43, 115, 279, 282), la disobbedienza (cfr. MB, IX, 169; XVIII, 284-285; VIII, 45).
Se a questo aggiungiamo i peccati di omissione che don Bosco colpisce pure ripetutamente e soprattutto se teniamo conto della dettagliata descrizione che don Bosco fa di questi difetti, presentandoli in tutte le loro ramificazioni, abbiamo un prospetto concreto e molto oggettivo delle infermità e debolezze dei cuori dei ragazzi, che può servire da punto di partenza per avviare i giovani alla riflessione e al controllo di se stessi, e rivela la profonda conoscenza che il santo educatore aveva dell’animo giovanile.
Commento
Imparare a giudicare la convenienza o sconvenienza delle proprie azioni, imparare a giudicare il bene e il male di cui siamo responsabili. E come? Non attraverso strane teorie o difficili ragionamenti, ma ascoltando la legge di Dio (dai Dieci Comandamenti al Vangelo di Gesù) unitamente al buon senso. Il buon senso senza legge di Dio scade velocemente nel relativismo; la legge di Dio senza buon senso scade velocemente nel fondamentalismo. Di entrambi gli estremi oggi, purtroppo, abbiamo tanti esempi.
Istruttiva anche l’ammonizione semplice di mamma Margherita: “Trattate bene la nonna!”. L’esame si fa su fatti molto concreti. Perché la nostra vita si fa su fatti molto concreti.
Appare così l’efficacia pedagogica dell’esame di coscienza, che forma i giovani alla riflessione, al controllo di sé e quindi alla conquista di un vero carattere, capace di controllare gli istinti e le passioni, e decisamente impegnato nel praticare il bene. A ragione quindi Don Bosco ne ha fatto tanto conto.
5.continua