Don Bosco e la Confessione / 7
di don Marco Begato
Caratteristiche del pentimento sincero
Nel volumetto dal titolo Corona dei sette dolori di Maria, come pure nel Giovane provveduto, don Bosco fissa per iscritto le caratteristiche del pentimento soprannaturale dei peccati.
Ecco ora due significativi episodi che ci dicono l’efficacia delle parole di don Bosco sui giovani.
Ai primi di ottobre del 1858 don Bosco con un gruppo di giovani si era recato ai Becchi per la festa del Rosario.
Una notte mentre tutti i giovani riposavano don Bosco sentì un ragazzo piangere. Si avvicinò silenziosamente alla finestra e vide Michele Magone in un angolo del cortile, che guardava il cielo e singhiozzava tra le lacrime: “Che hai, Michele, ti senti male?” gli disse. Egli, che pensava di essere solo e di non essere visto da nessuno, ne fu turbato e non sapeva che rispondere; ma siccome don Bosco rifece la domanda, rispose con queste precise parole: “Io piango perché vedo la luna e le stelle che da tanti secoli compaiono con regolarità a rischiarare le tenebre della notte, senza mai disobbedire agli ordini del Creatore, mentre io che sono tanto giovane, io che ho il dono della ragione, io che avrei dovuto essere fedelissimo alle leggi del mio Dio, Gli ho disobbedito tante volte e Lo ho offeso in mille modi”. Ciò detto si mise di nuovo a piangere. Don Bosco lo consolò con qualche parola, e lui, calmatosi, tornò di nuovo a riposare» (MB, VI, 58-59).
La sera del 18 giugno 1871 moriva a Valdocco il giovane Michele Franzero, di undici anni. Al mattino egli volle ancora confessarsi.
Durante la confessione – narra don Rua – proruppe in pianto dirotto, e ad alta voce esclamava: “Ma… mi perdonerà ancora il Signore? Mi perdonerà ancora?
Sì, stai tranquillo, gli diceva il sacerdote; confida nel Signore che molto ti ama”.
A stento riuscì a tranquillizzarlo. Il sacerdote stesso, vedendo le sante disposizioni di quel ragazzo, si sentiva profondamente commosso; e commossi fino alle lacrime erano quelli che si trovavano nella stessa camera, che osservavano il suo pianto e sentivano le sue parole piene di pentimento (MB, X, 218).
Vediamo ora che cosa don Bosco esige dai giovani circa il dolore dei peccati.
Nel 1857 proponendo i fioretti per la Novena dell’Immacolata, fissa per il secondo giorno:
Pentimento dei peccati commessi e proposito di non più commetterli (MB, V, 780).
Commento
Ecco indicata la caratteristica propria del dolore per i peccati: pentimento, che dice coscienza di aver offeso Dio e induce al distacco dal peccato.
In questi brevi episodi le lacrime, il pianto e la commozione vogliono essere il simbolo di un pentimento sincero e profondo. Purtroppo va detto che non sempre l’atto del confessarsi è preceduto e accompagnato da vero pentimento: e questo è grave. Capita ogni tanto di scorgere la noncuranza di chi si ostina in comportamenti non buoni, “tanto poi vado a confessarmi”. Ma questo è l’opposto delle lacrime e del pentimento, questo è provocare Dio stesso.
Al contrario il requisito che sta alla base della stessa confessione è proprio il pentimento sincero: si tratta di una delle esperienze più profonde e importanti di cui un uomo sia capace, anche per questo nessuno può sapere se il pentimento sia vero, nessuno tranne il singolo. Ed ecco perché a suo tempo si insisteva sull’aspetto delle lacrime, pareva l’unico modo (nemmeno esso poi così infallibile) con cui il singolo penitente poteva mostrare quel meraviglioso movimento che stava avvenendo nel proprio spirito, movimento di ritorno verso il proprio Padre. Di certo era un’immagine molto chiara ed efficace per don Bosco che doveva spiegare il pentimento ai suoi birichini di Valdocco.
7.continua