L’abuso nell’abuso
di Aurelio Porfiri
Ricordo un pomeriggio di qualche decennio fa. In una piazza vicino alla basilica di San Pietro aspettavo un cardinale per portarlo in una chiesa dove avrebbe dovuto celebrare un pontificale. Per motivi che sarebbe inutile specificare qui, ero stato parte dell’organizzazione di quell’evento. Era stata affittata un’automobile e, mentre ci apprestavamo a salirci sopra, un ragazzo si avvicinò al cardinale. Conoscevo quel giovane, a volte lo vedevo prestare servizio liturgico nella basilica di San Pietro. Mi sembrava uno di quei tipi che pretendono venga riconosciuta la loro vocazione religiosa per non dover ammettere altro. Purtroppo ne avevo visti parecchi, e non solo nella basilica ma anche in altri ambienti “cattolici”. In parte è inevitabile. Ciò che sarebbe necessario è vedere che dietro quelle presunte vocazioni ci sono importanti problemi a livello psicosessuale che molto spesso il sacerdozio non risolve, ma anzi aggrava, con danno non solo per sé stessi, ma anche e soprattutto per gli altri.
Pensavo a tutte queste cose mentre osservavo il cardinale e il giovane confabulare (del resto pure quel cardinale lì, oggi defunto, era abbastanza discusso in quel senso). Purtroppo la carenza di vocazioni e una certa rilassatezza nella formazione ha portato a consacrare sacerdoti non pochi con tendenze sessuali non congruenti con il sacerdozio stesso. Ci possono essere, naturalmente, sacerdoti che malgrado certe tendenze riescono a farsi santi, ma credo che per la maggior parte sia una sofferenza e mette di fronte a un potere da cui alcuni traggono vantaggio.
Il problema degli abusi sessuali nella Chiesa è orribile: anche un solo caso è di troppo. Ovviamente questi abusi possono essere perpetrati da preti omosessuali o eterosessuali, ma io credo che una forma particolarmente grave di abuso, un abuso nell’abuso, sia quello di coloro che usano non solo la propria posizione, ma il proprio ministero, le cose sacre, per ottenere favori sessuali. Negli ultimi tempi si è parlato molto del caso dello sloveno ex gesuita Marko Rupnik, artista notissimo, che sfruttando la propria autorità spirituale sulle suore della sua comunità, secondo quanto riferito, otteneva favori sessuali dalle stesse. Quanto detto da una delle vittime, come riportato dall’agenzia di stampa Ansa, mi sembra molto significativo: “All’inizio mi sono sentita disorientata, confusa, perché Rupnik è entrato nel mio mondo spirituale deformando anche la mia relazione con il Signore, è entrato con l’autorità del padre spirituale, del confessore e anche come garante del carisma della nascente comunità”. Siamo di fronte a una coercizione che non è solo a livello personale, ma entra anche nel mondo spirituale delle vittime, rovinandole a livello fisico, mentale e spirituale.
Un libro della scrittrice e giornalista francese Céline Hoyeau, Le trahison des pères (pubblicato da noi da Queriniana con il titolo Il tradimento dei padri), parla di alcuni casi di abuso in cui i perpetratori ottenevano quello che volevano mascherando i propri desideri sessuali come fossero l’adempimento di pratiche spirituali, qualcosa che, come detto, trovo particolarmente abominevole. Nel libro si parla di nomi importanti del cattolicesimo francese, come Jean Vanier o i fratelli domenicani Thomas e Marie-Dominique Philippe e vari altri personaggi di peso. Quello che colpisce è il grande fascino che queste personalità proiettavano sulle persone. Lo stesso carisma che permetteva opere buone permetteva anche quelle cattive, molto cattive. Queste persone erano strumenti del buono, del bello e del vero e contemporaneamente della perversione del buono, del bello e del vero.
Molti dei casi descritti dall’autrice si collocano nel periodo di enorme confusione seguito al Vaticano II, una confusione che apparentemente questi leader religiosi carismatici colmavano ricoprendo i loro fedeli di pericolose “bombe emozionali”.
Credo sia onesto riconoscere che il grave disorientamento morale in cui viviamo è anche frutto della cosiddetta “rivoluzione sessuale”. Stranamente questa presunta liberazione dalle strettezze che anche la Chiesa cattolica esigeva in campo sessuale ha portato alla liberazione ultima: la libertà dalla libertà. La “liberazione sessuale” ha reso in realtà il sesso a volte noioso, ma, in unione con le nevrosi della contemporaneità (politically correct, woke, gender eccetera) lo ha reso anche pericoloso, quasi indigesto.
È vero che a volte, in passato, nella Chiesa ci sono state tendenze sessuofobiche. La sessualità è un elemento di enorme importanza nella persona umana e la repressione ottusa lo fa sfociare in manifestazioni non sane. La vera saggezza della Chiesa non è stata reprimere il sesso ma disciplinarlo, così che il sesso servisse all’uomo e alla donna e non ne divenisse il padrone. Ecco perché si consigliava ai confessori di essere fermi nei principi e misericordiosi nelle applicazioni. Purtroppo la confusione in materia sessuale ha investito in pieno la Chiesa, che sembra aver perso il timone e a volte si limita a seguire i diktat imposti da chi controlla la narrativa dominante.
Esiste un problema con il sesso nella Chiesa? Certamente esiste, nutrito anche da direttive in tema di morale che sembrano confondere i fedeli piuttosto che orientarli. Eppure non dimentichiamo che uno dei libri centrali nella Bibbia è il Cantico dei cantici, nel quale l’amore carnale umano è assunto a paradigma di quello spirituale. Il vero erotismo è cattolico, proprio perché il velare è anche ri-velare, che mi piace voler pensare voglia significare “svelare velando due volte”. La Chiesa non può essere contro la sessualità, ma oggi paga i frutti di una perversione interna ed esterna.