Caso Viganò / Punti fermi, silenzi, complicità
di Fabio Battiston
A distanza di alcuni giorni dalla deflagrazione del caso Viganò (ma sarebbe meglio dire dell’atto forse conclusivo di una dura battaglia in corso da anni) mi sento in dovere di esprimere alcune considerazioni che – lo anticipo subito – saranno particolarmente dure rispetto al modo con cui gran parte del cattolicesimo “non allineato” sta affrontando questa vicenda.
Inizio dal merito della questione. I lettori abituali di Duc in altum ben conoscono la mia opinione su questo caso. La ribadisco per definitiva chiarezza: vicinanza, sostegno e solidarietà a monsignor Viganò sono da parte mia totali, senza se e senza ma. Questa posizione, è utile precisarlo, non è solo correlata all’ultima fattispecie ma si estende a molto di ciò che il prelato varesino ha detto e compiuto in questi anni. Mi riferisco agli atti, dichiarazioni, documenti e battaglie per denunciare apertamente la deriva – secolare, modernista, neopagana e relativista – che non solo l’attuale Ministero petrino ma gran parte della dottrina e pastorale postconciliare hanno contribuito a realizzare in questi decenni. Una deriva che i due pontificati precedenti a quello bergogliano hanno purtroppo solo in parte potuto ostacolare. Dico questo per chiarire come lo schierarmi con Viganò non nasca tanto dall’indignazione per l’accusa di scisma contro di lui formulata dal Dicastero per la dottrina delle fede. Direi anzi che, da un punto di vista legalistico e formale, essa è giunta addirittura in grave ritardo rispetto a quanto fosse lecito aspettarsi. È da diverso tempo infatti che il Monsignore – sempre con grande trasparenza, coraggio e chiarezza – ha messo il proprio nome e cognome a fianco di ogni sua denuncia e di ogni suo esplicito atto ufficiale. Si tratta, è bene sottolinearlo, di comportamenti e posizioni che egli ha sempre ed esclusivamente adottate contro coloro che dall’interno della Chiesa temporale – non come umani peccatori ma come consapevoli traditori – stanno operando da tempo per cancellare l’idea stessa di Dio come creatore e artefice unico della storia umana. Un’azione strettamente concordata e pianificata con i poteri secolari – etici, finanziari, tecnologici e socio-politici – che stanno cercando di attuare una governance globalizzata del pianeta.
Si potrebbe a lungo discettare sui motivi che hanno spinto proprio ora la Santa Sede a ufficializzare una simile posizione ma, per quanto mi riguarda, è questione di lana caprina. Direi anzi che l’esplosione del bubbone va salutata con soddisfazione poiché consente non solo ai protagonisti diretti ma anche a tutti noi di avere testa e cuore realmente liberi per affrontare senza più reticenze o retropensieri l’intera questione. Da questo punto di vista è interessante analizzare – da profani certo ma con quel minimo di buon senso che credo possa far parte del patrimonio di ognuno di noi – le principali accuse rivolte a monsignor Viganò. Esse sono così sintetizzabili (chiedo scusa agli esperti per la generalizzazione):
negazione della legittimità di papa Francesco, con conseguente rottura della comunione con lui;
rifiuto del Concilio Vaticano II.
Sul primo punto, anche su Duc in altum, è stato richiesto a monsignor Viganò di meglio precisare, sul piano io credo del Diritto canonico e del Magistero, la sua posizione di disconoscimento della legittimità di Jorge Mario Bergoglio come papa. Su questo aspetto si potrebbe certamente aprire un mega-confronto/dibattito tra gli addetti ai lavori tendente a stabilire in modo incontrovertibile i pro e i contra di un pronunciamento di tale gravità. Un confronto che avrebbe reso infuocato quel processo che, con ogni probabilità, non si celebrerà mai. Non ho alcuna possibilità pratica di dire la mia su questo argomento; lo impedisce la mia totale ignoranza su materie e regole che entrano in gioco in tale complessa contrapposizione. Nondimeno penso di essere in grado di poter affermare la mia totale sintonia con la posizione assunta da Viganò nei confronti del signor Jorge Mario Bergoglio. Posso farlo non perché confortato da un qualsiasi pronunciamento del passato o forte di precedenti ecclesiastici indiscutibili, ci mancherebbe altro. Mi sento, in assoluta coscienza, di stare a fianco dell’arcivescovo in virtù di quel “Dai loro frutti li riconoscerete” (Mt 7,16-20) con il quale Nostro Signore ha dato a ciascuno di noi la chiave interpretativa per leggere i tempi, relazionarci col nostro prossimo e cercare di capire chi/che cosa si cela dietro atti, parole e omissioni di ciascuno di noi. Riconoscere dai frutti non significa ergersi a giudici quanto piuttosto sforzarsi di vedere (e capire) che cosa c’è al di là di certi comportamenti e atteggiamenti umani. Saper distinguere, ad esempio, tra il dramma del peccato che ogni volta ci allontana da Dio (ma che può essere redento con la Grazia e il nostro impegno) e la fredda premeditazione del tradimento con la quale l’uomo diviene esecutore consapevole di un progetto di morte per l’intera umanità. Un progetto che non nasce tanto dalla debolezza umana ma dall’astuzia di una mente perversa e soprannaturale in grado di “reclutarlo” tra le sue fila. Ebbene, questi ultimi undici anni sono stati quotidianamente connotati da un papa (della cui legittimità non ho modo di giudicare) che ci ha elargito atti, documenti, parole, decisioni – a livelli diversi di ufficialità – che sono andati quasi totalmente nella medesima direzione: quella opposta a tutto ciò che mi è stato insegnato in tutta la mia vita di credente. Mi basta questo per stare a fianco dell’arcivescovo e informare il Dicastero per la dottrina della fede, in primis don Tucho da Algira Gigena, che “anche Fabio Battiston, peccatore, deve essere imputato della medesima accusa rivolta a Viganò”.
Il secondo capo di imputazione, so di affermare qualcosa che scandalizzerà molti, sconfina addirittura nel ridicolo. Ma che accidenti significa “rifiuto del Concilio Vaticano II”? Quale Concilio, anime sante? Quello formale, sancito dai documenti, o quello sostanziale (già predisposto da tempo) frutto avvelenato di una falsa ermeneutica della discontinuità, supportata da una comunicazione massmediale compiacente, che ha diffuso il “nuovo verbo” della chiesa in ogni angolo del mondo? Oppure si tenta di rubricare a reato di lesa maestà la critica, anche feroce e senza appello, alle risultanze di due Costituzioni non dogmatiche quali sono la Gaudium et spes (pastorale) e la Sacrosanctum Concilium (liturgica)?
La vera accusa, semmai, dovrebbe essere formulata contro tutti coloro che, dentro e fuori la Chiesa cattolica, in questi sessantacinque anni hanno fatto di tutto (purtroppo riuscendoci) per strumentalizzare, stravolgere e modificare ai loro fini – progressisti, protestanti e sincretistici – lo spirito e la lettera delle Costituzioni conciliari. Sono coloro i quali ad esempio, non si sa bene da quali pagine della Sacrosanctum Concilium, hanno trovato il modo di fare a pezzi la liturgia cattolica e gli altari delle chiese portando, anno dopo anno sino ai giorni nostri, alle pagine malefiche della Traditionis custodes.
Quindi, anche nel caso dell’accusa numero due, informo il Tucho – distraendolo per un momento dalla redazione di qualche suo nuovo “umoristico” libello – che può estendere anche al sottoscritto l’accusa di cui sopra. Nel mio caso, tuttavia, non c’è nessuna condanna del Vaticano II così come esso è uscito dai documenti conciliari, bensì:
un rifiuto totale di tutti gli sconquassi proditoriamente provocati dalle ignobili interpretazioni cui è stato oggetto negli anni;
una critica aspra ad alcuni di coloro che hanno materialmente redatto molti dei documenti finali, scritti con lo specifico intento di consentire, nel tempo, le citate ignobili interpretazioni. Una serie di brutali distorsioni certamente non volute, né desiderate, da molti dei padri conciliari di allora.
Vorrei ora brevemente soffermarmi su una questione “collaterale” (ma neanche tanto, direi) connessa con l’affare Viganò. Sono ormai diversi giorni che la bomba è esplosa e non posso non sottolineare l’assordante silenzio di molti autorevoli esponenti del nostro mondo che, all’inizio di questo mio contributo, ho definito dei “cattolici non allineati”. A parte la nobile eccezione di Duc in altum e il coraggio manifestato una volta di più da Aldo Maria Valli, un silenzio per me inatteso sta circondando monsignor Viganò privandolo di un prezioso sostegno del quale, oggi come non mai, avrebbe bisogno. Pur non frequentando il mondo social mi sto infatti rendendo conto (analizzando il web ed altri canali informativi) di come la quasi totalità di coloro che da anni condividono le nostre battaglie sia oggi incredibilmente assente.
Dove sono i nostri abituali interlocutori con i quali da sempre condividiamo la speranza di una rinascita della Chiesa dalle macerie provocate dalla nuova chiesa universale e tra le quali Bergoglio e soci stanno allegramente banchettando? Dove siete, esponenti dell’informazione cattolica “alternativa”? E voi, direttori di canali tematici e di importanti case editrici, perché siete in così religioso silenzio? Il nostro mondo accademico – così vivo nelle sue diverse e autorevoli figure nel campo della filosofia e della teologia – possibile che non abbia nulla da dire su questa vicenda e, soprattutto, a questa figura di prelato che sta combattendo una battaglia che è la nostra battaglia?
Qualche isolata voce di sostegno si è manifestata, certo. Una piccola isola nell’oceano. Qualcun altro si è limitato, senza commenti specifici, a una fredda e notarile comunicazione dei fatti. Per il resto, come si dice a Roma, zero carbonella!
Ma è mai possibile che non ci si renda conto di come tali atteggiamenti, a livello di comunicazione, informazione e media, vengano poi sempre e unicamente interpretati allo stesso modo? Cioè: “Viganò è ormai isolato anche dal mondo che invece dovrebbe sostenerlo!” Questa è infatti la narrazione che ormai sta passando grazie all’ignavia, alla prudenza e alla pavidità di tanti. Gli stessi per i quali il nostro arcivescovo ha portato avanti con coraggio le sue battaglie e le sue prese di posizione. D’accordo, vi sono alcune questioni per le quali il prelato varesino ha ricevuto diverse e talvolta motivate critiche dal mondo del cattolicesimo conservatore. Ma può bastare questo per assecondare col nostro atteggiamento coloro che ogni giorno ci insultano e attaccano al grido di “indietristi reazionari”? Questo è invece il momento (e quando altrimenti?) nel quale ogni dissenso dovrebbe essere messo da parte. Non dobbiamo dimenticare che ciò che oggi si sta scatenando su Viganò molto presto potrà abbattersi su ciascuno di noi. La soppressione definitiva e senza appello di ogni liturgia vetus si sta avvicinando ogni giorno di più e, con essa, l’obbligo da parte nostra di fare una scelta definitiva. Dire sì a quella mostruosità significherà la definitiva normalizzazione; se invece sapremo gridare il nostro no arriverà la scure, come si conviene a ogni buona organizzazione totalitaria. E allora sì che capiremo quanto possano essere fondamentali unità, solidarietà e sostegno. Pensiamoci.
Come non comprendere che voltare le spalle a Viganò equivale, volenti o nolenti, a dire un sì grosso come una casa a questa orrenda chiesa cattolica temporale e alla cricca che la governa? E infatti l’informazione corrotta sta trasformando il silenzio dei non allineati in un trionfo per Jorge Mario e i suoi scagnozzi (a questo schifo debbo però dire con onestà che non si è finora associata, in perfetto e nobilissimo isolamento, La Verità). Stiamo infatti assistendo a un’immonda opera di falsificazione della quale molti cattolici tradizionali si stanno rendendo inconsapevolmente complici! L’uno sconfessa l’Arcivescovo a causa del suo non riconoscimento papale, l’altro con le sue accuse al Concilio Vaticano II che va invece difeso a oltranza (infallibilità senza se e senza ma), quell’altro ancora non vede di buon occhio i sostegni a questa o quella congregazione di suore. Insomma ognuno, trincerandosi dietro ai propri “No, perché…”, offre il suo personale proiettile a questa pseudo-chiesa cattolica per sparare su Viganò. Ma attenzione, carissimi tutti, perché il passaggio da tradi-zionali a tradi-tori involontari può essere molto più rapido di quanto non si pensi.
Ma anche sul fronte clericale sembra ripetersi la medesima assenza. Sto infatti disperatamente cercando qualche solidarietà e… non la trovo. Mi sia consentito in questo caso fare dei nomi, non per mettere all’indice nessuno, per carità, ma per fare un appello a queste figure che, tra l’altro, stanno patendo o hanno già “assaggiato” i metodi dell’odiosa Securitate vaticana. È più di un appello, è un grido di aiuto per non lasciarci soli. Müller, Brandmüller, Sarah, Strickland, Schneider, Rodé e i tanti altri che vivono la sofferenza di questi tempi bui per la chiesa, fate sentire la vostra voce e la vostra importantissima testimonianza! Abbiamo un grande bisogno della vostra guida, del vostro coraggio e forza per contrastare la tempesta che si addensa su di noi. Se anche i “non allineati” dovessero abbandonare monsignor Viganò al proprio destino non si farà certo il bene di un popolo che, oggi come non mai, rischia la sua diaspora.